“Solo schegge di fascismo?”- Sala Renato Biagetti- Città dell’Altraeconomia 30 gennaio 2008

Solo schegge di fascismo?

Riflessioni a più voci sul
significato dell’antifascismo oggi a Roma

Il 30 gennaio alle ore 17
Presso la Sala della Città dell’Altraeconomia
,

Intitolata recentemente dal Sindaco Veltroni a Renato
Biagetti, giovane accoltellato mortalmente
a Focene all’uscita di un concerto organizzato dalla sinistra, si terrà un
incontro sul tema: “Solo schegge di fascismo?”

per dare voce a riflessioni sugli avvenimenti accaduti a
Roma negli ultimi anni.

L’assassinio di Renato, le aggressioni
ad omosessuali e a transgender , le
aggressioni contro studenti nelle scuole romane, le aggressioni in occasione di
concerti, le aggressioni a centri
sociali, a gruppi di immigrati da parte di gruppi neofascisti e di quanti a
quelle parole d’ordine e modalità di intervento si rifanno delineano il
diffondersi proprio fra i più giovani di comportamenti che rifiutano i valori
della democrazia, della tolleranza e della civile
convivenza e una preoccupante riduzione degli spazi democratici della vita
quotidiana della nostra città.

All’incontro del 30 gennaio 2008, che
raccoglie un appello lanciato alla Casa
della Memoria dall’ANPI e da alcune associazioni studentesche e sottoscritto
da numerose personalità del mondo della cultura e della politica,
parteciperanno:

Alessandro Portelli, delegato del Sindaco di
Roma alla memoria,

Rosario Bentivegna, medaglia d’oro della
resistenza,

Federica Pezzoli,
Responsabile trans, laicità e multiculturalità per Arcigay Roma

Haidi Giuliani, senatrice

Associazione verità per Aldro, sezione Roma

Le ribellule

Studenti auto-organizzati

studenti delle scuole superiori e
dell’università.


L’incontro è il primo appuntamento di un programma di interventi organizzato
dal comitato Madri per Roma città Aperta per contrastare la diffusa
indifferenza e sottovalutazione, anche
istituzionale, per quanto sta
accadendo nella città.
Il comitato si è costituito intorno a Stefania, madre di Renato Biagetti,
che, come altre madri nel mondo, vuole
che da un dolore immenso e
insopportabile scaturisca un impegno altrettanto forte di ritorno alla vita
perché questi episodi non possano più ripetersi.

Madri per Roma Città Aperta

Sala Renato Biagetti, Città
dell’Altraeconomia, Largo Dino Frisullo
Ex Mattatoio, Testaccio. Roma

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Lettera al Prefetto di Roma delle Madri per Roma Città Aperta

Ill.mo sig. Prefetto di Roma,

Siamo un gruppo di
donne del “Comitato Madri per Roma Città Aperta”, che si è formato intorno a
Stefania Zuccari, madre di Renato Biagetti, giovane di 26 anni accoltellato nel
2006 a Focene alla fine di un concerto di musica reggae. Pochi lo ricordano,
ma uno dei due giovani aggressori, appena diciannovenne, recava sulle braccia
tatuaggi con simboli (croce celtica e legionario romano) che rivelavano una
chiara appartenenza ad una sottocultura di violenza e di intolleranza.

L’assassinio di
Renato è stato il culmine tragico di una lunga serie di aggressioni
verificatesi nella nostra città e inutilmente denunciate dalla rete
antifascista romana. Dopo la morte di Renato, le aggressioni sono purtroppo
continuate, sia in occasione di concerti in parchi pubblici, che contro le
stesse istituzioni, studenti e cittadini impegnati in attività politiche, sedi
della comunità omosessuale romana, cittadini lavoratori stranieri e comunità
rom.

Noi riteniamo che
questo tipo di violenza nei confronti di tutte le diversità, in qualunque modo
siano e si manifestino, di carattere sessuale, etnico, culturale, politico,
religioso, deve considerarsi una forma nuova di fascismo e non un semplice
fenomeno delinquenziale, riconducibile a banali episodi di “bullismo”, di
“risse tra balordi”, e ancor più di semplici scontri fra esponenti di ” opposti
estremismi”.

Non dobbiamo
dimenticare che il fascismo fece suoi, già al suo nascere, gli stessi metodi:
aggressioni, intolleranza, razzismo e intimidazione.

Oggi noi, madri non
solo dei nostri figli, alcuni dei quali hanno perso la vita innocenti a causa
di questa violenza, siamo preoccupate per la colpevole superficialità che le
istituzioni prestano alla natura politica di questo fenomeno.

Su questo le
chiediamo un incontro, perché la natura del suo mandato la conduce ad
affrontare problemi di carattere sociale, come quelli dell’ordine e della
sicurezza pubblica, mediando tra le istituzioni governative e le realtà locali.

L’antifascismo
durante il regime, la resistenza e, dopo la guerra, la nostra Costituzione hanno
messo al bando definitivamente dalla nostra società non solo il fascismo ma
anche ogni manifestazione che allo stesso in qualche modo ci possa ricondurre o
ispirarsi.

Il nostro Comitato
si prefigge di individuare e denunciare ogni tentativo di riportare indietro la
nostra democrazia, nella convinzione che ogni atto di intolleranza nei
confronti del diverso riduce gli spazi di libertà di ognuno di noi e frena il
progresso democratico.

Questo raccontiamo
nelle scuole dove ci invitano a parlare, su questo organizziamo dibattiti con
uomini di cultura, delle istituzioni e dell’informazione.

Ci conceda un
incontro nel quale avremo modo di esporle il nostro impegno di denunciare e
contrastare ogni forma di violenza e apologia fascista, di intolleranza e di
razzismo presenti nella nostra città. L’incontro sarà utile per costruire, in
un clima di partecipazione, una convivenza fondata non sulla repressione ma
sulla salvaguardia dei valori costituzionali.

Il suo piano di
lavoro è un ripristino di civiltà, di cui la sicurezza fa parte, il nostro è la
difesa delle forme democratiche antifasciste, di cui la sicurezza fa parte.

 

Madri per Roma Città Aperta 

Giugno 2008 

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Diaz, è stato un massacro

la requisitoria al processo che si tiene nell’aula bunker del tribunale di genova

G8, il pm: «Diaz, è stato un massacro»

Cardona Albini: «Ha accomunato le 93 vittime, di varie nazionalità, che prima neppure si conoscevano»

 

GENOVA – «È stato un massacro». Così il pm Francesco Cardona
Albini ha definito l’irruzione della polizia nella scuola Diaz durante
il G8 del 2001 a Genova, all’inizio della sua requisitoria nel processo
che si tiene nell’aula bunker del tribunale e che vede imputati 29
poliziotti, tra cui dirigenti e alti vertici. «Ed è stato questo
massacro e non certo il reato associativo contestato dalla polizia, ad
accomunare le 93 vittime di questo processo, di varie nazionalità, che
prima neppure si conoscevano» ha sottolineato. Il pm ha parlato poi
dello sfondamento dei cancelli delle scuole da parte dei poliziotti,
ripreso da telecamere poste sul tetto della scuola adiacente Pascoli da
parte di cineoperatori che si trovavano al centro stampa. Il magistrato
ha raccontato che il primo poliziotto a sfondare la porta è stato un
agente del settimo Nucleo sperimentale di Roma, riconoscibile dalla
divisa blu e dalla foggia del casco. Il pm prosegue nella sua
requisitoria raccontando i pestaggi subiti dai ‘no global’ dentro
l’edificio.

 

Un arrestato dopo la perquisizione della polizia nella scuola Diaz (Reuters)
Un arrestato dopo la perquisizione della polizia nella scuola Diaz (Reuters)

RISCHIO STOP – La prima parte della requisitoria, del pm Enrico
Zucca, è stata fatta giovedì. Nonostante il processo rischi lo stop, se
venisse approvato dalla Camera l’emendamento al decreto sicurezza,
l’intervento è iniziato senza alcuna eccezione da parte dei difensori.
Secondo fonti giudiziarie, inoltre, la contestazione ad alcuni imputati
del reato di porto d’armi da guerra (le bottiglie molotov) consente la
prosecuzione del processo perché prevede pene maggiori, salvo
stralciare la posizione degli stessi. Un reato, quello di porto di armi
da guerra, che riguarda solo il vicequestore Pietro Troiani e l’autista
Michele Burgio che secondo l’accusa portarono le due molotov dentro la
scuola come «falsa prova» a carico dei 93 no global arrestati. Il 10
luglio i pm formuleranno le richieste di condanna. Secondo
l’eurodeputato Vittorio Agnoletto, portavoce del Genoa Social Forum ai
tempi del G8, «è fondamentale che il processo sulle violenze alla Diaz
si concluda e non venga sospeso a causa della salva premier. Al tempo
il governo Berlusconi fu complice delle violenze e oggi cerca di
bloccare il processo».

«CHIEDIAMO RIGORE» – Nella requisitoria il pm Zucca ha citato il
giudice inglese Lord Denning, raccontando che bloccò una causa civile
contro dei poliziotti «perché se fosse stato vero quello che dicevano
le parti lese, condannate per un attentato a Birmingham, avrebbe voluto
dire che i poliziotti si sarebbero resi responsabili di falsa
testimonianza, di minacce e violenza e che le condanne erano
sbagliate». Undici anni dopo però riconobbe l’errore. «Noi riteniamo di
aver usato prudenza nelle indagini, ma ora chiediamo alla giustizia
rigore. Invochiamo ordine e legge per il rispetto delle persone e dei
diritti – ha detto Zucca -. Il G8 nel suo complesso è stato messo fuori
da questo processo perché ci siamo dovuti concentrare sui fatti». Il pm
ha quindi citato il prefetto Ansoino Andreassi, responsabile del G8 a
Genova fino all’arrivo del prefetto Arnaldo La Barbera, il quale nella
sua deposizione spiegò che all’origine della perquisizione nella scuola
Diaz vi fu la ricerca da parte delle forze dell’ordine del riscatto del
loro operato e della loro immagine offuscata dai disordini e dalla
morte di Carlo Giuliani. Andreassi inoltre rivelò che l’azione fu
decisa dai vertici presenti a Genova. Il pm ha poi contestato che ci
sia stata una sassaiola da parte degli occupanti la scuola Diaz contro
una pattuglia della polizia. Sassaiola che è stato il motivo addotto
dai vertici della polizia per decidere l’irruzione nella scuola che
sfociò nella «macelleria messicana» e nell’arresto di 93 manifestanti.

GIORNALISTA PICCHIATO – Il pm ha ricostruito poi cosa avvenne
fuori della scuola prima dell’irruzione: giovani picchiati a
manganellate perché tentarono di fuggire all’arrivo della polizia. Tra
questi il giornalista inglese Mark Cowell che solo un poliziotto riuscì
a salvare. «Mi sembrava – ha riferito Cowell, presente in aula – di
essere un pallone a cui ognuno voleva dare un calcio». Il giornalista
riconobbe anche dei carabinieri presenti davanti alla scuola prima
dell’arrivo della polizia. Cowell riportò la rottura della mascella e
di tutti i denti. «La sera del 21 luglio in via Cesare Battisti e nelle
vie limitrofe alla scuola – ha aggiunto il pm – non vigeva neppure il
codice penale». Tra i 29 imputati figurano alti vertici della polizia
quali Francesco Gratteri e Giovanni Luperi, all’epoca rispettivamente
direttore dello Sco e vice direttore dell’Ucigos, e Gilberto
Caldarozzi, vice direttore Sco, Spartaco Mortola, capo della Digos di
Genova, Vincenzo Canterini, comandante del VII Nucleo sperimentale del
I Reparto Mobile di Roma. Tra il pubblico era presente Heidi Giuliani,
madre del ragazzo morto in piazza Alimonda.


04 luglio 2008

Corriere della Dera 

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Riccardo come Federico

Il caso La vittima aveva 34 anni, l’intervento perché aveva lanciato petardi

«Soffocato da 4 poliziotti»
Il giallo che scuote Trieste

L’accusa: sono saltati sulla schiena di un fermato

 

MILANO — Ammanettato, le mani dietro la schiena, i piedi legati
con filo di ferro. Nonostante fosse immobilizzato, «esercitavano sul
tronco, sia salendogli insieme o alternativamente sulla schiena, sia
premendo con le ginocchia, un’eccessiva pressione che ne riduceva
gravemente le capacità respiratorie». Poi, «nonostante fosse
ammanettato, continuavano a tenerlo in posizione prona per diversi
minuti».

È così che, secondo la procura di Trieste, quattro
poliziotti della Volante hanno provocato la morte di Riccardo Rasman,
34 anni, una pensione da invalido per atti di nonnismo subiti durante
il servizio militare, e un monolocale in affitto dove non ha mai
dormito. Un gigante buono, figlio di operai, e una sorella, Giuliana,
che un giorno gli promise che nessuno gli avrebbe più fatto del male.
Promessa disattesa il 27 ottobre 2006 quando gli agenti, allertati da
un vicino di casa, fanno irruzione in casa sua. Nasce una
colluttazione, mai negata dai poliziotti, ma giustificata «dall’intento
di difendersi dalla reazione inconsulta di Rasman e nella convinzione
di trovarsi nell’esercizio di un dovere».

Riccardo Rasman quando giocava a calcio
Riccardo Rasman quando giocava a calcio

Dopo quasi due anni di indagini e un’iniziale
istanza di archiviazione, ora il caso Rasman sembra avviarsi verso il
processo: qualche giorno fa il pm Pietro Montrone ha notificato ai
quattro indagati l’avviso di conclusione dell’inchiesta, preludendo a
una richiesta di rinvio a giudizio. Trieste come Ferrara. La fine di
Riccardo ricorda la tragedia di Federico Aldrovandi, lo studente morto
a 18 anni il 25 settembre 2005 dopo un intervento di polizia. Il
processo di primo grado che vede imputati quattro agenti è prossimo
alla sentenza. Casi apparentemente fotocopia. «Asfissia da posizione»
la causa di morte per entrambi; per ognuno, quattro i poliziotti
coinvolti di cui tre uomini e una donna; identico capo di imputazione:
«omicidio colposo». E un avvocato in comune, Fabio Anselmo.

Solo coincidenze? «Le
similitudini sono inquietanti — spiega il legale, chiamato, tramite gli
Aldrovandi, dalla famiglia di Riccardo —, ma aldilà degli aspetti
tecnici, colpisce che entrambe le vittime siano persone deboli, che non
avrebbero mai fatto male a nessuno. Con un’unica colpa: aver fatto un
po’ di rumore». All’alba del 25 settembre di tre anni fa Federico urla
e tira calci a vuoto quando una signora avverte il 113. Dopo
l’intervento di una volante, muore ammanettato con la faccia
sull’asfalto. Il 27 ottobre del 2006 Riccardo Rasman, una volta
aspirante meccanico, ridotto a invalido dopo sette mesi in Aeronautica,
tira petardi dal balcone perché è felice: ha trovato lavoro come
netturbino. Una dirimpettaia avverte la polizia e il copione si ripete.
Gli agenti sfondano la porta, Riccardo reagisce. Nessuno aspetta di
sapere se per caso ha qualche problema psichico. Quando si appura che è
in cura in un centro di salute mentale, è già troppo tardi: dopo botte,
manette e rantolii, Riccardo smette di respirare, forse terrorizzato
anche dalle uniformi, secondo la sorella. In cucina un biglietto,
scritto prima dell’irruzione: «Mi sono calmato, per favore non fatemi
del male».

Grazia Maria Mottola
04 luglio 2008

Corriere della Sera 

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Sventato attentato fascista al Loa Acrobax

Sventato attentato fascista al Loa Acrobax    

 C’è chi sgombera e chi mette le bombe!

Siamo
a ridosso di un’appuntamento importante per la città di Roma, la
manifestazione del 14 giugno indetta dai movimenti di lotta per la
casa, dagli spazi occupati e autogestiti, dalle comunità migranti,
dagli studenti e dalle studentesse, dai precari di questa città. Una
manifestazione che ha vissuto già in alcune zone della città la sua
preparazione, con iniziative, dibattiti, assemblee in piazza. Una
manifestazione che rivendica diritti per tutti, che si oppone alla
cementificazione selvaggia di questa città, che vuole rispondere con
forza all’enorme precarizzazione dettata dai sindaci manager di destra
o del PD. Siamo a ridosso di una giornata di ripresa di parola
dell’altra città, che prima di tutto dice con forza che nessuno
sgombero, di case occupate o centri sociali, sarà permesso.
Sarà
proprio per questo, che mentre Alemanno, il neosindaco, lancia anatemi
contro occupanti di casa, migranti e centri sociali annunciando
sgomberi e legalità, più sicurezza e meno diritti, i fascisti, quelli
di sempre, il braccio armato dei poteri forti, i mercenari dei potenti,
tentano di far rumore a suon di bombe.Image

E’
cosi che alle 2.30 del mattino del 13 giugno, un gruppetto di fascisti
ha tentato di piazzare un ordigno esplosivo ad alto potenziale davanti
l’entrata del LOA Acrobax. Arrivati nel parcheggio adiacente si sono
diretti verso il cancello dell’entrata tentando di posizionare
l’ordigno esplosivo mentre altre due macchine facevano da copertura.
Poco prima c’era stata una iniziativa di preparazione e informazione
sul corteo del 14 giugno e di sostegno a "city of god" un free press
curato da alcuni precari della città. Dal tetto del Loa Acrobax, sempre
presidiato da quando i fascisti hanno ucciso Renato Biagetti a Focene,
i compagni prontamente hanno reagito, cosi da far fuggire i fascisti
che hanno fatto esplodere l’ordigno a qualche centinaio di metri di
distanza. Il Loa Acrobax è uno spazio socio-abitativo e subito tutti i
compagni sono accorsi notando per lo più la presenza di alcune volanti
della polizia poco distanti.

Questo atto infame, che poteva
avere conseguenze tragiche, si inserisce dentro quel clima di svolta
autoritaria e securitaria che pervade il paese e che vede i fascisti
assumere il ruolo di sempre, quello di braccio armato al soldo dei
potenti. Il tentativo di far esplodere una bomba all’ingresso del Loa
Acrobax, per lo più subito dopo una iniziativa a cui erano presenti
centinaia di persone e di preparazione al corteo del 14 giugno, voleva
essere un messaggio a quella città che lotta, che difende il diritto
alla casa, al reddito, per i diritti sul lavoro, contro le morti da
sfruttamento.
Voleva essere un segnale a tutta quella città che
sabato 14 sarà in piazza e che urlerà con forza che ne gli sgomberi di
Alemanno, ne le bombe dei noefascisti potranno cambiare la nostra
voglia di lottare. Voleva essere un segnale contro chi in questi anni
ha costruito un senso comune di lotta al neofascismo a partire dalla
denuncia dell’equidistanza che vuole "rossi" e "neri" comparati sullo
stesso piano. Lo diciamo con forza ancora una volta, cosi come lo
gridammo quando Renato fu ucciso da due giovani fascisti a Focene che:
l’antifascismo non si processa, torturatori e liberatori non saranno
mai sullo stesso piano! E lo diciamo con ancora più forza oggi dopo il
tentativo di assalto all’università La Sapienza e dopo il vile
tentativo di strage di questa notte che solo la prontezza e la continua
viglianza del territorio da parte dei compagni ha evitato mettendo in
fuga i fascisti.

Per questo riteniamo ancora più
convintamente,invitando tutti e tutte, necessario partecipare alla
manifestazione del 14 giugno. Diciamo con forza che la direzione presa
da questo sindaco, ammantato di legalità, che parla di sgomebri non ci
spaventa. Con altrettanta forza diciamo che non ci spaventa meno che
mai chi tenta di mettere le bombe.

Denunciamo con forza il vile tentativo di attentato contro il Loa Acrobax.
Cosi
come già successo a Casal Bertone, quando i neofascisti di Fiamma
Tricolore furono respinti da un tentativo di assalto alle case
occupate, il 13 giugno al Loa Acrobax abbiamo rivisto la capacità cento
metrista dei seguaci del libro e moschetto e dello stragista perfetto.

Oggi come allora: i fascisti non passeranno!

Loa Acrobax

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E’ iniziata l’età della barbarie: 5000 pistole in città

Vigili, pistola per tutti

Ecco il nuovo Regolamento per gli agenti municipali
di Giovanna Vitale

Pistola per tutti, previa abilitazione e corso teorico-pratico di
tiro, salvo per chi eserciterà l´obiezione di coscienza. È quanto
prevede la bozza di Regolamento che, per la prima volta, dispone
l´uso delle armi per i vigili di Roma. Messa a punto dal capo di
gabinetto del sindaco, Sergio Santoro, insieme al vice Tommaso
Profeta, è stata già inviata per un parere informale all´ufficio
studi del Viminale nonché ai vertici della polizia
municipale.
Un testo discusso ieri pomeriggio dal comandante Giuliani
nell´ufficio del segretario generale Gagliani Caputo e anticipato
in mattinata da Alemanno ai sindacati: «Tra gli obiettivi c´è
quello di aumentare la capacità di autodifesa degli agenti».
Sedici articoli, per larga parte frutto di un sapiente "copia e
incolla" dal decreto ministeriale n.145/1987, che stabiliscono
l´assegnazione di una pistola semiautomatica o a rotazione dopo
aver verificato i requisiti psico-fisici disposti
annualmente.
I caschi bianchi «in possesso della qualità di agente di pubblica
sicurezza – si legge nel provvedimento – svolgono servizio esterno
di vigilanza muniti dell´arma in dotazione». E poiché «a Roma tutti
i vigili urbani hanno tale qualifica» spiega Alessandro Marchetti,
segretario aggiunto del Sulpm, «le pistole verranno date a ciascuno
dei 6mila dipendenti del Corpo, come già avviene in tutte le grandi
città, da Milano a Genova, Firenze e Napoli».
In ogni caso, a scanso di equivoci, la bozza elenca i servizi per i
quali l´arma è obbligatoria: notturni, di pronto intervento diurno
e notturno, vigilanza e protezione delle sedi istituzionali del
Comune, vigilanza delle armerie, scorta.
Mentre non l´avrà chi «svolge prevalentemente e continuativamente
servizio interno» come gli amministrativi. Un inciso che tuttavia
solleva non pochi dubbi fra i tecnici. Insieme a quello previsto
dall´art.6, comma 4, laddove si dice che chi ha la pistola in
dotazione può portarla dal proprio domicilio per raggiungere il
luogo di servizio, ma non viceversa. Fra le altre disposizioni:
indossare la pistola «in modo non visibile» qualora si effettuino
servizi in borghese e riconsegnarla quando si va in ferie.

La repubblica (18 giugno 2008)
 
 

Campidoglio: pistole e manganelli per i vigili
Alemanno: «Ma non saranno sceriffi»



ROMA
(18 giugno) – La giunta del Comune di Roma ha approvato all’unanimità
la delibera sull’armamento dei vigili urbani. Il regolamento, composto
da 18 articoli, prevede che gli uomini della polizia municipale
capitolina in possesso della qualità di agente di pubblica sicurezza
potranno essere dotati di pistola «a funzionamento semiautomatico,
ovvero a rotazione, calibro nove per diciassette», salvo che non
decidano di avvalersi della facoltà di obiezione di coscienza o non
abbiano i requisiti psico-fisici previsti dalla dalla legge per il
rilascio del porto d’armi. Gli agenti potranno usare anche spray anti
aggressione omologati e manganelli di gomma («mazzette distanziatrici
in gomma di 50/60 centimetri e di peso inferiore ai 500 grammi»). La
squadra d’onore del Comando generale avrà in dotazione una sciabola
«per esclusiva esigenza di difesa personale previa autorizzazione del
ministero dell’ Interno». La pistola sarà assegnata «in dotazione
individuale e in via continuativa», l’agente cioè non avrà l’obbligo di
riconsegnarla a fine servizio.

Alemanno: «Non saranno vigili-sceriffi».
«Non inseguiamo affatto velleità da vigili-sceriffi ma puntiamo a un
più efficace impiego dei vigili stessi come polizia di prossimità nella
lotta al degrado e alla criminalità di strada» ha detto il sindaco
Gianni Alemanno. «La delibera approvata oggi – ha aggiunto – è solo un
primo passo di un iter che si concluderà con il voto della commissione
consiliare competente e del Consiglio comunale. Il passaggio per noi
decisivo è il confronto con le organizzazioni sindacali rappresentative
della Polizia municipale del Comune di Roma. Sarà in quella sede che 
verificheremo il grado di consenso degli appartenenti al corpo su
questo cambiamento, nonché tutte le procedure tecniche necessarie a
rendere il più sicuro e professionale possibile il percorso per
garantire l’autodifesa dei nostri agenti».

Il messaggero (18/6/2008)

 

Un sindacato di polizia: «Così i vigili nel mirino della malavita»

ROMA (18 giugno) – La Confederazione Sindacale Autonoma di Polizia
(Consap) critica l’approvazione della delibera del Campidoglio
sull’armamento della polizia municipale e ai vigili urbani
provocatoriamente dice: «Benvenuti, agli amici della polizia
municipale, nel mirino della malavita».

Il primo sindacato autonomo della Capitale si augura che la
proposta sia adottata solo dopo averne valutato gli aspetti positivi e
quelli negativi. «Fra i contro – spiega la Consap – ci permettiamo, in
base alla nostra esperienza, di dire che un criminale, contro un vigile
armato, potrebbe alzare il tiro, esponendo i vigili romani allo stesso
rischio che corrono i poliziotti ogni giorno e che sono costati un
tributo altissimo in termini di vite umane a tutte le forze di polizia.
Inoltre invitiamo, come sindacato di polizia, gli appartenenti al corpo
della polizia municipale, a perorare insieme a noi il ripristino del
reato di oltraggio a pubblico ufficiale, per il quale da mesi noi della
Consap abbiamo avviato una raccolta di firme in tutta Italia,
chiedendone l’estensione a tutte le divise che a vari livelli
rappresentano le istituzioni. Solo in questo modo la divisa e chi la
indossa possono recuperare dignità operativa, e magari individuare quel
deterrente efficace che non può essere l’arma in dotazione».

 

Il messaggero (18/6/2008) 

 

 

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MANIFESTAZIONE DELLA ROMA ANTIRAZZISTA ED ANTIFASCISTA, DELLA SOLIDARIETA’ E DELLE DIFFERENZE, DELL’AUTOGESTIONE E DELLA CULTURA DIFFUSA, DELLE PERIFERIE E DELLE LOTTE SOCIALI

14 GIUGNO

NON C’E’ SICUREZZA
SENZA DIRITTI

 

MANIFESTAZIONE
DELLA ROMA ANTIRAZZISTA ED ANTIFASCISTA, DELLA SOLIDARIETA’ E DELLE DIFFERENZE,
DELL’AUTOGESTIONE E DELLA CULTURA DIFFUSA, DELLE PERIFERIE E DELLE LOTTE
SOCIALI

Caduto
l’IMPERATORE dello spettacolo e del mattone, NON CADE L’IMPERO.

 

Dopo
settimane di vergognose offensive politico-mediatiche che hanno
strumentalizzato il tema della sicurezza facendo degli immigrati ed in
particolare dei ROM un vero e proprio capro espiatorio delle drammatiche contraddizioni
urbane e sociali delle nostra città;

dopo le
roboanti promesse di cambiamento pronunciate in campagna elettorale dal nuovo
RE di ROMA; all’alba dell’insediamento del Sindaco Alemanno e del nuovo governo
delle Destre, la città si sveglia nel pieno di una svolta populista,
autoritaria e xenofoba; una deriva
reazionaria sostenuta da tutti i poteri forti
, con in testa
ovviamente LA CURIA e le immancabili LOBBY DEL MATTONE.

 

Le recenti
aggressioni a gay e trans al Prenestino, agli studenti presso l’Università la
Sapienza, pur nella loro diversità rappresentano un segno tangibile della svolta autoritaria annunciata in Campidoglio.
Come lo sono le dichiarazioni rilasciate sugli sgomberi degli immobili occupati
dai senza casa e dei centri sociali che rendono evidenti le reali priorità di
governo del nuovo esecutivo cittadino.

 

In
questo clima da assedio alla società, in nome dei profitti e del mercato, tutti
diventano nemici
,
i precari del terzo settore perchè guadagnano troppo, e vanno sostituiti con volontari
o stagisti a pochi euro al mese, coloro che lavorano nel pubblico impiego
perchè sono fannulloni e quindi vanno licenziati, tutti i precari e le precarie
perchè forse domani chiederanno qualcosa di più dalla vita che la mancetta da
lavoro per sopravvivere a casa di mamma e papà, oppure morire di lavoro o
strozzati dal mutuo o dall’affitto a libero mercato.

 

Pezzo dopo
pezzo, si sta montando un concetto di
sicurezza e legalità che, come una preghiera viene trasmesso tutti i giorni
dall’altare dei media
per sacrificarci e regalare nelle loro
mani il nostro presente negato ed il nostro futuro impossibile.

 

Nel nostro
vocabolario alle parole insicurezza e paura troviamo scritto precarietà a vita,
reddito incerto, ritmi di lavoro inaccettabili e morte sul lavoro ed una
qualità della vita che non migliora mai, ferita attraverso la demolizione dei
diritti e degli spazi di libertà.

 

La nostra
“insicurezza” è legata al carovita, alla mancanza di reddito, all’aumento spropositato degli affitti e dei prezzi delle
case
, ad un processo di precarizzazione del lavoro e della vita
che non consente ad una fascia sempre più ampia di cittadini di arrivare alla
fine del mese e di vivere dignitosamente. E’ il frutto di una corsa sfrenata
alla produttività ed al mercato che produce ritmi di lavoro da capogiro, che
nega diritti e sicurezza, che alimenta la “guerra interna” delle morti sul
lavoro. LA NOSTRA INSICUREZZA è legata alla condizione di ricattabilità permanente in cui stanno relegando i
migranti che vivono e lavorano nelle nostre città
e nel nostro
paese, a cui vengono negati accoglienza e diritti, perché ciò è utile ad
alimentare una folle competizione al ribasso nel mercato del lavoro, a scavare
solchi di solitudine ed incomunicabilità sociale.

 

In questi
anni Roma è STATA LA METROPOLI più produttiva d’Italia, tempio dello
sfruttamento e della precarietà, capitale dei Re di Roma e città delle
baraccopoli.

In questi
anni Roma è stata deturpata e saccheggiata dai pescecani della rendita
(Caltagirone, Toti, Ligresti, Parnasi, Pulcini, Vaticano) e da una giunta che
ha votato un Piano Regolatore INFAME.
Grazie a loro e a chi li ha favoriti, Roma è oggi una delle metropoli mondiali
con i prezzi più alti per l’affitto e per l’acquisto di una abitazione, con 270
mila case sfitte e una lista d’attesa per una casa popolare lunga 35 mila
famiglie.

 

L’ALTRA
ROMA…

 

L’ALTRA
ROMA DIFENDERA’

i centri sociali conquistati aprendo nuovi spazi di aggregazione e solidarietà,
socialità e mutualismo, autorganizzazione e controcultura in ogni quartiere.

 

L’ALTRA
ROMA CONQUISTERA’
un vero piano di Case Pubbliche per dare una abitazione degna a tutti e
tutte, italiani o migranti, per sottrarre le nostre vite agli interessi del
mercato e riconquistare la casa come bene comune.

 

L’ALTRA
ROMA DIFENDERA’
le
grandi risorse dei nostri territori, per la vivibilità ed i servizi nei nostri
quartieri in difesa dei beni comuni e della nostra salute.

 

L’ALTRA
ROMA CONQUISTERA’
un lavoro sicuro ed un reddito garantito per tutti e tutte, parità di
diritti e politiche di accoglienza per costruire una città plurale, delle
diversità e delle molteplicità, attraverso l’autogoverno.

 

L’ALTRA
ROMA DIFENDERA’

quelle forme di vita, espressive, artistiche che entrano in conflitto con le
regole del mercato dello spettacolo e del divertimento.

Questi sono
i tasselli di un mosaico, di una sfida più ampia in grado di affermare l’idea e
la realtà di un’Altra Città possibile da conquistare strada per strada, metro
dopo metro, libertà dopo libertà.

 

Per questo
invitiamo tutti e tutte a costruire attivamente, in una forma ampia e
reticolare, la manifestazione cittadina di sabato 14 Giugno che muoverà dal
complesso dell’ex Regina Elena, che dopo anni di abbandono e incuria da parte
dell’Università, è stato occupato da circa trecento nuclei familiari ora sotto
sgombero.

 

Scenderà
in piazza la Roma dei movimenti di lotta per la casa, degli centri sociali,
degli studenti in movimento, dei comitati di quartiere, dei precari e degli
antirazzisti

per alimentare conflitti, immaginari, nuove prospettive di trasformazione.

 

Scenderà in
piazza e si ricorderà di gridare a gran voce “Libertà per Emiliano”, studente e attivista agli arresti
domiciliari dopo essere stato aggredito dai neofascisti di Forza nuova presso
l’università la Sapienza lo scorso 27 maggio.

Roma non diventerà mai
chiusa, inospitale, razzista.

 

 

Case, Reddito, Diritti Per Tutti e
Tutte

 

Sabato 14 Giugno ore 15

Manifestazione da Regina Elena

 

Action, Blocco Precario
Metropolitano, Coordinamento cittadino Lotta per la casa, Comitato Obiettivo
Casa Acrobax, Angelo Mai, Auro e Marco, Brancaleone, Corto Circuito,
Decolliamo, Esc, Ex 51, Ex Snia, Factory, Forte Prenestino, Horus occupato,
Intifada, Kollatino, Lucha y Siesta, Onda Rossa 32, Rialto, Ricomincio dal Faro,
Sans Papiers, Spartaco, Spazio occupato Il comitato Primavalle, La Strada,
Strike, La Talpa, La Torre, Villaggio Globale, Vittorio occupato, Zona rischio

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Roma, raid neonazista al Pigneto

Un gruppo con il volto coperto da foulard con la svastica
ha distrutto le vetrine di due alimentari e di un call center

Roma, raid neonazista al Pigneto
Picchiato un extracomunitario

Alemanno: "Atto di gravità inaudita, puniremo i colpevoli"
Gli abitanti del quartiere in piazza contro razzismo e xenofobia

<B>Roma, raid neonazista al Pigneto<br>Picchiato un extracomunitario</B>

Il quartiere Pigneto

ROMA
– Una vera e propria spedizione punitiva al grido di "Sporchi
stranieri" e "Bastardi". Nel mirino gli extracomunitari del quartiere
Pigneto a Roma. Oggi pomeriggio un gruppo di venti ragazzi, guidati da
un uomo, con i volti coperti da foulard con la svastica, ha fatto
irruzione in un alcuni negozi di una delle zone più multietniche di
Roma. In via Ascoli Piceno i teppisti hanno danneggiato due vetrine e
un frigo bar di un negozio di alimentari e le vetrine di un call
center. In via Macerata sono stati assaltati un altro alimentari ed è
stata infranta la vetrata del portone di un’abitazione. Un
extracomunitario del Bangladesh è stato picchiato dalla banda. "E’
stato colpito da una bastonata e non ha avuto bisogno di andare a farsi
medicare in ospedale", hanno raccontato alcuni testimoni.

LA GALLERIA FOTOGRAFICA

La squadraccia è arrivata improvvisamente di corsa, tenendo in mano
assi di legno, e si è scagliata contro l’extracomunitario. Tanta la
paura nel quartiere, dove sono molti gli immigrati che gestiscono
attività commerciali. Tutti sono scappati e molti hanno chiuso le
saracinesche dei negozi.

Il primo ad essere assaltato è stato un negozio di alimentari in via
Macerata, gestito da quattro anni da un immigrato indiano al quale sono
state distrutte a bastonate le vetrine esterne. Successivamente, gli
assalitori si sono diretti nella parallela via Ascoli Piceno, dove sono
state mandate in frantumi le vetrine di una lavanderia-phone center e
di un altro alimentari, entrambi gestiti da cingalesi. L’alimentari è
stato il più colpito dal raid, con la distruzione di un frigo e della
merce presente sugli scaffali, soprattutto bottiglie di birra e vino.

Una cronista dell’Agi, testimone dell’episodio, ha tentato invano di
chiamare il 113, per molti minuti, ma nessuno ha risposto (Audio: il racconto della giornalista).
Dopo pochi minuti, la banda è scappata e molti abitanti del quartiere
si sono riversati nelle strade e si sono affacciati dalle finestre per
capire cosa fosse accaduto.

"Non capiamo perché sia avvenuto questo attacco – hanno detto i
bengalesi titolari della lavanderia di via Ascoli Piceno – Siamo da
anni qui, lavoriamo, paghiamo le tasse e mandiamo i soldi a casa. Cosa
abbiamo fatto?".

Il Pigneto è un quartiere popolare della Capitale dove si trovano il
centro sociale Snia Viscosa, uno dei più grandi e attivi della
capitale, il Bar Necci, famoso per essere stato il bar di Pier Paolo
Pasolini, e una storica sede dell’Associazione Nazionale Partigiani
Italiani. Dopo l’aggressione gli abitanti del quartiere sono scesi in
strada per manifestare il loro rifiuto di ogni forma di razzismo e
xenofobia.

Il quartiere, a metà anni ’90, ha conosciuto una rinascita che lo ha
portato a essere luogo di ritrovo di artisti e musicisti. E’ stato
proprio in virtù del suo passato di quartiere degradato che molti
immigrati, prevalentemente dal Bangladesh, hanno scelto di aprire al
Pigneto attività commerciali di vario tipo, bazar e bar in particolare,
sfruttando il basso costo dei locali.

Durissima la reazione delle autorità, a cominciare dal sindaco Gianni
Alemanno: "Il raid e l’aggressione al Pigneto nei confronti di
cittadini extracomunitari, ai quali va la mia solidarietà, è un atto di
una gravità inaudita che mi lascia sdegnato e che non passerà sotto
silenzio. Mi sono già attivato con le forze dell’ordine affinché i
colpevoli di questo gesto siano presi e puniti in maniera esemplare".

Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente della Regione Piero
Marazzo: "Roma è una città aperta e
multiculturale che non
ha nessuna intenzione di lasciare spazio a drammatici episodi di
razzismo e intolleranza e di rivivere anni bui e dolorosi di un passato
che vogliamo definitivamente vedere alle nostre spalle". E il
presidente della Provincia Nicola Zingaretti sottolinea che quello del
Pigneto è "un altro episodio di violenza e xenofobia che non è davvero
più possibile tollerare" e che "tutte le istituzioni dovrebbero
condannare duramente e con fermezza" perché "Roma ha bisogno di tornare
a respirare un’aria di pace, libertà e di vero rispetto nei confronti
del prossimo".

La Repubblica (24 maggio 2008)

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Giovane conduttore della radio aggredito e minacciato perchè gay

Roma, giovane conduttore
aggredito e minacciato perché gay

ROMA
– Christian Floris, 24 anni, conduttore di punta del portale DeeGay.it,
è stato aggredito la scorsa notte a Roma mentre rincasava. Due persone
gli hanno sbattuto la testa contro il muro minacciandolo perché si
occupa di tematiche legate al mondo dell’omosessualità e gli hanno
intimato di smetterla.

Il giovane, che è stato portato all’ospedale dove è stato giudicato
guaribile in sette giorni, ha sporto denuncia contro ignoti. E dopo il raid neonazista al Pigneto,
Floris ha parlato di "correlazioni" tra i due fatti. "Credo che sia la
stessa corrente di persone, che oltre ad aver aggredito me e di
infondere terrore nel mondo omosessuale, si sia ora concentrato sugli
extracomunitari – ha affermato – La mia convinzione – proprio guardando
le immagini televisive e ascoltando le dichiarazioni rilasciate sul
posto da testimoni, è che gli aggressori appartengano alla stessa
matrice".

DeeGay.it è un portale che co-produce una trasmissione con Radio Città
Futura, Eco tv e Nessuno tv.

La repubblica (24 maggio 2008)

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PER LORENA

Il 17 maggio si manifesta a Verona ricordando il recente assassinio di Nicola Tommasoli. La mia casella di posta elettronica e’ piena di messaggiche me lo ricordano.
Per Lorena Cultraro, quattordicenne uccisa, bruciata, gettata in un pozzo,non mi arriveranno comunicati e inviti. Non ci sara’ una manifestazione nazionale per Lorena promossa dai partiti della sinistra. Nessuno scrivera un appello dal titolo "Lorena siamo tutti noi". Nessuno si sentira’ fieramente antifascista e percio’ orripilato per la sorte di Lorena. E infatti che c’entra?
Ci sono troppi fattori diversi. I tre assassini sono minorenni, hanno alle spalle famiglie da tutelare, e poi esprimevano a loro modo dei bisogni, e. c’e’ da fare il conto con la loro "diversa" cultura, no?
Hanno pianificato l’omicidio, hanno pianificato l’occultamento del cadavere,ma erano evidentemente in preda a raptus: "abbiamo perso la testa", hanno dichiarato. E poi, maggior differenza di tutte, il cadavere di Niscemi e’
di sesso femminile. Quindi, come ben dicono le tacche sui calci delle pistole di John Wayne, sono cadaveri che "don’t count", le donne non si contano, valgono meno e tutti sappiamo che valgono meno, percio’ a che pro agitarsi tanto? Sara’ stata consenziente. Un po’ se l’e’ voluta. Non avrebbe dovuto… (e qui metteteci quel che vi pare: uscire da sola, innamorarsi, avere amici). E’ colpa sua. Percio’ i tre fascistelli assassini, che tali sono perche’ imbevuti di ideologia patriarcale, non riceveranno le manifestazioni di sdegno di nessun eminente politico e gli opinionisti sdottoreranno di psicologia e pulsioni, e qualche testa di rapa proporra’ ancora che le femmine escano di casa indossando un collare da cane (al polso) con messaggino d’aiuto incorporato, o che non dimentichino lo spray al peperoncino, o che si impegnino in corsi d’autodifesa i quali insegnano come si cacciano le dita negli occhi ad un altro essere umano, ma niente sul tuo valore e sulla stima che fai di te stessa. E meno che mai su cosa fare quando ami il tuo assassino.
La prossima Lorena ricevera’ tutti questi messaggi: che la morte della sua coetanea non conta nulla per nessuno, che quindi gli adulti sono ancora piu’ falsi e ipocriti di quanto pensava e non si puo’ assolutamente contare su di loro quando si e’ nei guai; che le donne sono vittime predestinate e se manifestano segni di indipendenza e intraprendenza devono essere severamente punite; che la sessualita’, per le donne, e’ morte. Poi la prossima Lorena verra’ assassinata, ed io leggero’ a commento eruditi articoli sugli effetti dei videogiochi sulla psiche giovanile. Le mani dei "piccoli" omicidi verranno impunemente armate di nuovo, e di nuovo, dall’indifferenza, dalla misoginia e dal machismo. Ma alla sinistra i "femminicidi" interessano, quando interessano, solo se si danno a Ciudad Juarez.

E alla destra solo se gli assassini sono romeni.

MARIA G. DI RIENZO

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