Diaz, è stato un massacro

la requisitoria al processo che si tiene nell’aula bunker del tribunale di genova

G8, il pm: «Diaz, è stato un massacro»

Cardona Albini: «Ha accomunato le 93 vittime, di varie nazionalità, che prima neppure si conoscevano»

 

GENOVA – «È stato un massacro». Così il pm Francesco Cardona
Albini ha definito l’irruzione della polizia nella scuola Diaz durante
il G8 del 2001 a Genova, all’inizio della sua requisitoria nel processo
che si tiene nell’aula bunker del tribunale e che vede imputati 29
poliziotti, tra cui dirigenti e alti vertici. «Ed è stato questo
massacro e non certo il reato associativo contestato dalla polizia, ad
accomunare le 93 vittime di questo processo, di varie nazionalità, che
prima neppure si conoscevano» ha sottolineato. Il pm ha parlato poi
dello sfondamento dei cancelli delle scuole da parte dei poliziotti,
ripreso da telecamere poste sul tetto della scuola adiacente Pascoli da
parte di cineoperatori che si trovavano al centro stampa. Il magistrato
ha raccontato che il primo poliziotto a sfondare la porta è stato un
agente del settimo Nucleo sperimentale di Roma, riconoscibile dalla
divisa blu e dalla foggia del casco. Il pm prosegue nella sua
requisitoria raccontando i pestaggi subiti dai ‘no global’ dentro
l’edificio.

 

Un arrestato dopo la perquisizione della polizia nella scuola Diaz (Reuters)
Un arrestato dopo la perquisizione della polizia nella scuola Diaz (Reuters)

RISCHIO STOP – La prima parte della requisitoria, del pm Enrico
Zucca, è stata fatta giovedì. Nonostante il processo rischi lo stop, se
venisse approvato dalla Camera l’emendamento al decreto sicurezza,
l’intervento è iniziato senza alcuna eccezione da parte dei difensori.
Secondo fonti giudiziarie, inoltre, la contestazione ad alcuni imputati
del reato di porto d’armi da guerra (le bottiglie molotov) consente la
prosecuzione del processo perché prevede pene maggiori, salvo
stralciare la posizione degli stessi. Un reato, quello di porto di armi
da guerra, che riguarda solo il vicequestore Pietro Troiani e l’autista
Michele Burgio che secondo l’accusa portarono le due molotov dentro la
scuola come «falsa prova» a carico dei 93 no global arrestati. Il 10
luglio i pm formuleranno le richieste di condanna. Secondo
l’eurodeputato Vittorio Agnoletto, portavoce del Genoa Social Forum ai
tempi del G8, «è fondamentale che il processo sulle violenze alla Diaz
si concluda e non venga sospeso a causa della salva premier. Al tempo
il governo Berlusconi fu complice delle violenze e oggi cerca di
bloccare il processo».

«CHIEDIAMO RIGORE» – Nella requisitoria il pm Zucca ha citato il
giudice inglese Lord Denning, raccontando che bloccò una causa civile
contro dei poliziotti «perché se fosse stato vero quello che dicevano
le parti lese, condannate per un attentato a Birmingham, avrebbe voluto
dire che i poliziotti si sarebbero resi responsabili di falsa
testimonianza, di minacce e violenza e che le condanne erano
sbagliate». Undici anni dopo però riconobbe l’errore. «Noi riteniamo di
aver usato prudenza nelle indagini, ma ora chiediamo alla giustizia
rigore. Invochiamo ordine e legge per il rispetto delle persone e dei
diritti – ha detto Zucca -. Il G8 nel suo complesso è stato messo fuori
da questo processo perché ci siamo dovuti concentrare sui fatti». Il pm
ha quindi citato il prefetto Ansoino Andreassi, responsabile del G8 a
Genova fino all’arrivo del prefetto Arnaldo La Barbera, il quale nella
sua deposizione spiegò che all’origine della perquisizione nella scuola
Diaz vi fu la ricerca da parte delle forze dell’ordine del riscatto del
loro operato e della loro immagine offuscata dai disordini e dalla
morte di Carlo Giuliani. Andreassi inoltre rivelò che l’azione fu
decisa dai vertici presenti a Genova. Il pm ha poi contestato che ci
sia stata una sassaiola da parte degli occupanti la scuola Diaz contro
una pattuglia della polizia. Sassaiola che è stato il motivo addotto
dai vertici della polizia per decidere l’irruzione nella scuola che
sfociò nella «macelleria messicana» e nell’arresto di 93 manifestanti.

GIORNALISTA PICCHIATO – Il pm ha ricostruito poi cosa avvenne
fuori della scuola prima dell’irruzione: giovani picchiati a
manganellate perché tentarono di fuggire all’arrivo della polizia. Tra
questi il giornalista inglese Mark Cowell che solo un poliziotto riuscì
a salvare. «Mi sembrava – ha riferito Cowell, presente in aula – di
essere un pallone a cui ognuno voleva dare un calcio». Il giornalista
riconobbe anche dei carabinieri presenti davanti alla scuola prima
dell’arrivo della polizia. Cowell riportò la rottura della mascella e
di tutti i denti. «La sera del 21 luglio in via Cesare Battisti e nelle
vie limitrofe alla scuola – ha aggiunto il pm – non vigeva neppure il
codice penale». Tra i 29 imputati figurano alti vertici della polizia
quali Francesco Gratteri e Giovanni Luperi, all’epoca rispettivamente
direttore dello Sco e vice direttore dell’Ucigos, e Gilberto
Caldarozzi, vice direttore Sco, Spartaco Mortola, capo della Digos di
Genova, Vincenzo Canterini, comandante del VII Nucleo sperimentale del
I Reparto Mobile di Roma. Tra il pubblico era presente Heidi Giuliani,
madre del ragazzo morto in piazza Alimonda.


04 luglio 2008

Corriere della Dera 

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