Le maternità negate 11 Febbraio 2009

}

Abitare
il mondo,sentirsi a casa

 

Le maternità negate

 

11 febbraio 2009ore 16.30 – 20.00

 

Sala Renato Biagetti,

Città dell’altra economia

Largo Dino Frisullo-Roma

 


Gli stranieri residenti in Italia sono oggi circa 4
milioni, dei quali la metà donne

Più di recente l’offerta di lavoro prettamente al
femminile maturata in Italia, in particolar modo per coprire alcune carenze del
welfare sociale, ha attirato donne sole alla ricerca di una svolta economica
celere che le riportasse più agiatamente alla vita nei loro Paesi d’origine. La
progressiva femminilizzazione dei flussi migratori risulta essere stimata in
Italia, intorno al 31 dicembre 1999, del 46,3% di donne sul totale della
popolazione immigrata, mentre negli anni sessanta sfiorava appena il 30%.

Questi dati segnano, all’interno del fenomeno
migratorio, una chiara dinamica di genere. L’esperienza migratoria per le donne
è stata, e continua ad essere, molto più difficile di quanto lo sia per gli
uomini. Uno dei fattori più importanti è proprio  

la maternità: quella a distanza, che implica il
distacco affettivo con i figli lasciati nel paese d’origine.

Centinaia di donne in questi anni hanno attraversato
il mondo alla ricerca di un luogo che le accogliesse per cercare la possibilità
di una vita migliore. Per se stesse ma soprattutto per i figli.

Una rinuncia alla propria piena maternità, una
condanna a vivere in silenzio la difficile separazione dai figli e al non
vedere e poter contribuire alla loro crescita. Metterli al mondo ed essere
costrette a lasciarli proprio per permettere loro di vivere.
 Ma con quale
futuro, senza una madre, un genitore che li guidi?

Orfani sociali, termine coniato in Moldavia per
indicare i minori con madre emigrata. (“Badanti, ricchezza ma disagio sociale”
Avvenire 23.11.07). La faccia più triste dell’esodo dalla Romania sono le
vittime collaterali: i sessantamila bambini rimasti in patria senza genitori.
(“Fuga dalla Romania”.
La Repubblica 11.11.07) Aumento di casi di bullismo tra
adolescenti, aumento di microcriminalità e di baby gang, abbandoni scolastici,
sono i segnali del grave disagio sociale provocato dall’assenza dei genitori e
dalla disponibilità di denaro facile.

 

I diritti
negati

 

 “Prima le
donne e i bambini! ”,sembrerebbe il riconoscimento di una priorità e invece
così non è. Donne e bambini che garantiscono la continuità della specie, la
solidità e stabilità delle società sono nella realtà odierna l’elemento debole
del mondo.

L’infanzia del terzo millennio, ovunque sia e viva,
in America Latina, come in Africa, in Asia come nell’Est Europa, deve invece essere
al centro di una preoccupazione umanitaria internazionale proprio a partire
dalla Convenzione sui diritti del Fanciullo di New York del 20 dicembre ’89.

L’art. 9  di
questa Convenzione recita che “gli Stati
parti vigilano affinché il fanciullo non sia separato dai suoi genitor
i”.L ’art.
10:“ Un fanciullo i cui genitori
risiedono in Stati diversi ha diritto a intrattenere rapporti personali e
contatti diretti regolari con entrambi i suoi genitor
i”.

Prima ancora la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, adottata dall’Assemblea
Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948,all’art. 25 afferma che “ La
maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i
bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa
protezione sociale.”

L’art.29 della nostra Costituzione riconosce i
diritti della famiglia come società naturale, l’art.31 la protezione della
maternità e dell’infanzia, l’art.32 la tutela della salute come fondamentale
diritto dell’individuo, diritti validi per tutti senza distinzione di sesso,
razza,lingua, religione (art.3).

Tutti questi dettami sono calpestati,per arrivare
alle più recenti aberrazioni dell’obbligo di denuncia da parte dei medici che
dovrebbero segnalare alla polizia gli stranieri privi di permesso di soggiorno
o all’inasprimento delle norme per il ricongiungimento con i familiari.

In un Paese dove la retorica della maternità dilaga
queste norme si traducono in una beffa amarissima

 

Maternità
condivisa

 

Come
risarcire i diritti negati?

La risposta sta nel cercare la condivisione di tante
sofferenze da parte di altre madri, che riesca a rompere il silenzio che
circonda la condizione di tante donne che ci vivono accanto e faccia emergere
chiaramente un universo femminile finora solo intravisto, spesso ignorato per
opportunismo. “Io in quanto donna non ho patria. In quanto donna, la mia patria
è il mondo intero(Virginia Woolf)
Sottolineiamo con determinazione i principi di uguaglianza di ogni donne,
italiana e migrante, e che i diritti delle une devono diventare i diritti delle
altre.

 I diritti
negati vanno affermati attivando strategie di un nuovo welfare transnazionale
che immetta risorse e servizi socio/educativi nei paesi a cui si sottrae cura;  facilitando i  ricongiungimenti familiari, assicurando i
diritti fondamentali dell’Uomo.

Ancora:possibilità per le madri che lasciano i
bambini nei loro paesi di contattare facilmente i loro figli con incentivi sui
trasporti da e verso il paese di origine, con un ampio progetto di solidarietà
tra donne che impegni l’Italia e  i paesi
di origine.

Vogliamo valorizzare il significato di madre, inteso
in una sua accezione più ampia di fertilità non solo fisica ma mentale. Perchè
proprio in tanti paesi del mondo , devastati dalle guerre e dalla
globalizzazione, il ruolo della maternità diventa “rivoluzionario”. Continuando
a generare figli, le donne garantiscono la continuità e l’esistenza  ai popoli del mondo.

 


Pubblicato in Le iniziative delle Madri per Roma Città Aperta | Commenti disabilitati su Le maternità negate 11 Febbraio 2009

Occupazione Casa Pound a Portuense

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Noi “Madri per Roma
Città Aperta”, comitato nato a seguito di un’aggressione mortale per mano di
ragazzi  che sulle loro braccia e nelle
loro menti portavano i segni di una mentalità violenta, intollerante e
fascista, abbiamo preso l’impegno di denunciare ogni atto, ogni dichiarazione,
ogni intento che  prefiguri l’apologia di
un regime che l’Italia ha pagato per più di venti anni con  violenze, torture, e morti.

Abbiamo  incontrato i rappresentanti delle istituzioni
esprimendo la forte preoccupazione che la risposta a questo diffondersi di
gruppi e associazioni, che al fascismo si ispirano,  sia 
insufficiente e tale da non garantire la difesa dei valori
costituzionali che le istituzioni democratiche  invece hanno l’impegno di garantire.

Riteniamo pertanto
estremamente pericoloso, per la vita democratica della città, lo spazio
concesso in questi ultimi anni 
all’associazione  Casa Pound  che in questi giorni ha occupato un immobile
comunale al Portuense, e per la quale, le amministrazioni centrali e locali
della città stanno prospettando una seconda sistemazione dopo quella  dell’Esquilino.

Casa Pound, insieme ad
altri esponenti, con produzione di testi e di musica fa diretto riferimento
all’ideologia fascista, proponendo un progetto politico “che proietti nel
futuro il  patrimonio ideale ed umano che il Fascismo italiano ha
costruito con immenso sacrificio
” (citazione dal loro programma).  

Casa Pound afferma  che la 
Costituzione italiana sia stata scritta a seguito di una guerra civile “nella
scia di carri armati stranieri”
e non sia il frutto di una lunga battaglia
contro una dittatura che torturò, perseguitò, uccise barbaramente, macchiandosi
di crimini razzisti, che fu alleata del regime nazista di Hitler, sterminatore
di milioni di persone, precipitando l’Italia in una terribile guerra.

Nel loro sito sono
ospitati siti di altri gruppi e associazioni, blog  e link che introducono a questa comunità
fascista con collegamenti a esponenti politici e figure di riferimento
negazioniste dei campi di sterminio, gruppi musicali neofascisti, programmi
deliranti  di odio, razzismo e
intolleranza.

L’antifascismo durante il regime, la resistenza
e, dopo la guerra, la nostra Costituzione hanno messo al bando definitivamente
dalla nostra società non solo il fascismo, ma anche ogni manifestazione che
allo stesso in qualche modo ci possa ricondurre o ispirarsi ed è compito delle
istituzioni tutelare questo diritto alla democrazia.

Invitiamo quindi tutte le associazioni, i
partiti, le organizzazioni sindacali, i cittadini democratici ad impedire il
tentativo dei neofascisti di legittimarsi nella nostra città e chiedere alle
istituzioni di non concedere spazi a chi si 
rifà al fascismo in qualsiasi forma.

 
Madri per
Roma Città Aperta

 
madrixromacittaperta.noblogs.org

madrixromacittaperta@libero.it

 

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Aderiscono:

 

ANPI Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – Nazionale, Roma e Lazio

ANED Associazione nazionale ex deportati

Pina Renzi, partigiana  medaglia d’argento
alla resistenza

Adriana Spera, membro segreteria romana e del CPN del PRC-Se

Remo Marcone, presidente Osservatorio sulla dispersione scolastica e per il diritto
allo studio del Municipio XI

Comitato Piazza
Carlo Giuliani

Franca Bassani, Consigliere P.R.C. Comune di Agugliano

Associazione
"pernondimenticare.com"

Marilu’ Cavaliere – Luton (UK)

Silvana Massa – Imperia

RAM Rete Antifascista Metropolitana Roma

Ass. Nuova Bauhaus

Alberto Bencivenga

 

Pubblicato in Comunicati | Commenti disabilitati su Occupazione Casa Pound a Portuense

Appello per la costruzione di una mobilitazione contro il pacchetto sicurezza del Governo

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E’ in corso al Senato la discussione del “Pacchetto
sicurezza”
(DdL 733), che provocherà una grande trasformazione del quadro
normativo italiano, già fortemente repressivo e discrezionale nel suo impianto.
Le norme contenute nel Pacchetto, infatti, prevedono una politica
esplicitamente fondata su misure segregazioniste e razziste
per le persone
migranti, con o senza permesso di soggiorno, le prime ad essere additate come
figure pericolose e causa di “allarme sociale”, e su nuove ed ancora più
drastiche misure repressive contro chiunque produca conflitto e non rientri
dentro le strette maglie del controllo.

Questo è solo l’ultimo passo di un disegno politico
che, attraverso una serie di leggi, ha portato ad un crescente restringimento
delle libertà di tutte e tutti
, tramite la criminalizzazione del
dissenso e degli stili di vita
.

Dietro la loro sicurezza si nasconde la volontà di non
affrontare la precarietà di vita che coinvolge tutte e tutti noi: il
razzismo e la paura vengono usati per farci rassegnare a queste condizioni e
farci restare chiuse e chiusi in casa e nei nostri luoghi di lavoro
. Usare
il razzismo e la paura come strumento di pacificazione sociale ha portato alla proposta
di legalizzare le ronde dirette a reprimere i comportamenti giudicati “non
conformi”
ed alla reintroduzione del reato di oltraggio a pubblico
ufficiale
.

L’obbligo di dimostrare l’idoneità alloggiativa per
ottenere l’iscrizione anagrafica colpisce migranti, senzatetto, occupanti di
casa e chiunque non possa permettersi un’abitazione “idonea”. Le norme
anti-graffito
e l’inasprimento delle norme per il reato di
danneggiamento
, colpiscono tutti i cittadini e le cittadine che non si adeguano
alla retorica del “decoro urbano”.

Ma le norme del pacchetto sicurezza colpiscono in primo
luogo le persone migranti.
Se il Pacchetto sarà approvato chi è senza permesso di soggiorno corre il rischio di essere denunciato
dal medico se va al Pronto Soccorso, non potrà riconoscere figli e figlie,
sposarsi e inviare soldi a casa
. Il Ddl introduce inoltre: la detenzione nei CIE (ex CPT) per 18 mesi;
una tassa sempre più alta per la
richiesta e il rinnovo del permesso di soggiorno;
controlli ancora più stretti
per acquisire la cittadinanza; il reato
di ingresso illegale nello stato.

 

Questo delirio securitario esplode mentre i governi
decidono di sostenere le aziende e le banche in difficoltà, invece di pensare a
nuove poltiche sociali di sostegno alla cittadinanza colpita dalla crisi.
Scaricando, tra l’altro, tutto il lavoro di cura sulle donne: in quest’ottica,
l’unica immigrazione che sembra piacere è quella delle “badanti”. Ai sindaci
ed ai prefetti sceriffo si attribuiscono nuovi poteri
, mentre il Ddl Carfagna
criminalizza e stigmatizza le persone prostituite, imponendo norme di
comportamento a tutte e tutti. La loro soluzione alla crisi è il governo
della paura. La risposta, in Italia come in Europa, da Milano a Castelvolturno,
da Atene a Malmöe…è stata un grido di rabbia e libertà
:

 

NON ACCETTIAMO LA SOCIETA’ DEL RAZZISMO, DELLO SFRUTTAMENTO
E DEL CONTROLLO!

 

Crediamo sia importante continuare a stare in piazza oggi
per rifiutare questo stati di cose e rivendicare libertà, diritti ed
autodeterminazione.

-Contro il Pacchetto sicurezza ed i modello di società che
propone

-Per l’abolizione immediata della legge Bossi-Fini, perché
perdere il lavoro a causa della crisi rappresenta per le persone migranti una
condanna alla clandestinità

-per la regolarizzazione di tutte e tutti

-Contro il legame tra permesso di soggiorno e contratto di
lavoro, dispositivo di controllo che imprigiona le persone migranti e rende
precaria la vita di tutte e tutti

-Contro la criminalizzazione di chi fugge da guerre e
persecuzioni

-Contro le classi separate per i bambini e le bambine
stranieri

-Contro la militarizzazione dei confini, delle città e delle
strade

-Contro l’ansia e la paura in cui vorrebbero farci vivere

-Per ripensare insieme un’idea di cittadinanza che
garantisca a tutti i diritti fondamentali e la libertà di scelta e di
movimento…

 

VENERDI’ 23 GENNAIO ASSEMBLEA
PUBBLICA ore 19:00 Ex cinema Volturno

SABATO 31 GENNAIO, CORTEO CITTADINO
A ROMA, ore 15:00 Porta Maggiore

 

Il percorso autorganizzato di costruzione delle mobilitazioni
ha visto la crescente partecipazione di numerose realtà: dai e dalle migranti
di Castelvolturno, agli studenti ed alle studentesse, alle scuole in
mobilitazione, ai movimenti di donne, femministe e lesbiche, ai centri sociali,
ai comitati di cittadini e cittadine, di lavoratori e lavoratrici, ad artiste
ed artisti, ai/alle rifugiat@ ed ai/alle richiedenti asilo.

Invitiamo tutte e tutti a partecipare, a moltiplicare le
iniziative anche nelle altre città ed a coordinarci per dare più voce alla nostra
rabbia.

NOI NON ABBIAMO PAURA!

 

Rete contro il pacchetto sicurezza                                    per info: pacchettosicurezza@anche.no

http://nopacchettosicurezza.noblogs.org

Pubblicato in Iniziative | Commenti disabilitati su Appello per la costruzione di una mobilitazione contro il pacchetto sicurezza del Governo

Al Prefetto Carlo Mosca che non volle prendere le impronte ai bambini rom

Gentile Prefetto
Mosca,

 

con grande
rammarico abbiamo appreso la notizia del suo allontanamento dall’incarico. In
verità la notizia non ci ha preso di sorpresa perché già da molte settimane se
ne leggeva sui giornali ma abbiamo voluto credere fino alla fine che lo
spessore istituzionale della persona, il suo alto profilo morale, la grande
umanità avesse il sopravvento su quello che non esitiamo a definire un atto
gravemente autoritario e antidemocratico.

Manteniamo il
ricordo di un incontro civile, dove l’aggettivo civile rimanda a incontro tra
cittadini sia pure molto lontani tra loro e, a volte, su posizioni contrapposte
che, però, trovano nel confronto la via per dare sostanza alla parola
democrazia.

Cresce in noi il
timore che stiamo vivendo tempi sempre più lontani da questi valori e
sicuramente il suo allontanamento non fa che confermare il nostro timore.

Noi continueremo a
lottare perché la nottata, come direbbe Eduardo, abbia termine e siamo sicure
che Lei farà altrettanto.

Con stima

 

Madri per Roma Città Aperta

Pubblicato in Lettere | Commenti disabilitati su Al Prefetto Carlo Mosca che non volle prendere le impronte ai bambini rom

Blocco Studentesco, Azione Studentesca: il fascismo nella scuola

Un camion carico
di spranghe e in piazza Navona è stato il caos
La rabbia di una prof: quelli
picchiavano e gli agenti zitti
di CURZIO MALTESE

AVEVA
l’aria di una mattina tranquilla nel centro di Roma. Nulla a che vedere con gli
anni Settanta. Negozi aperti, comitive di turisti, il mercatino di Campo dè
Fiori colmo di gente. Certo, c’era la manifestazione degli studenti a bloccare
il traffico. "Ma ormai siamo abituati, va avanti da due settimane" sospira un
vigile. Alle 11 si sentono le urla, in pochi minuti un’onda di ragazzini in fuga
da Piazza Navona invade le bancarelle di Campo dè Fiori. Sono piccoli,
quattordici anni al massimo, spaventati, paonazzi.

Davanti al Senato è
partita la prima carica degli studenti di destra. Sono arrivati con un camion
carico di spranghe e bastoni, misteriosamente ignorato dai cordoni di polizia.
Si sono messi alla testa del corteo, menando cinghiate e bastonate intorno.
Circondano un ragazzino di tredici o quattordici anni e lo riempiono di mazzate.
La polizia, a due passi, non si muove.

Sono una sessantina, hanno caschi
e passamontagna, lunghi e grossi bastoni, spesso manici di picconi, ricoperti di
adesivo nero e avvolti nei tricolori. Urlano "Duce, duce". "La scuola è
bonificata". Dicono di essere studenti del Blocco Studentesco, un piccolo
movimento di destra. Hanno fra i venti e i trent’anni, ma quello che ha l’aria
di essere il capo è uno sulla quarantina, con un berretto da baseball. Sono ben
organizzati, da gruppo paramilitare, attaccano a ondate. Un’altra carica
colpisce un gruppo di liceali del Virgilio, del liceo artistico De Chirico e
dell’università di Roma Tre. Un ragazzino di un istituto tecnico, Alessandro,
viene colpito alla testa, cade e gli tirano calci. "Basta, basta, andiamo dalla
polizia!" dicono le professoresse.

Seguo il drappello che si dirige
davanti al Senato e incontra il funzionario capo. "Non potete stare fermi mentre
picchiano i miei studenti!" protesta una signora coi capelli bianchi. Una
studentessa alza la voce: "E ditelo che li proteggete, che volete gli scontri!".
Il funzionario urla: "Impara l’educazione, bambina!". La professoressa incalza:
"Fate il vostro mestiere, fermate i violenti". Risposta del funzionario: "Ma
quelli che fanno violenza sono quelli di sinistra". C’è un’insurrezione del
drappello: "Di sinistra? Con le svastiche?". La professoressa coi capelli
bianchi esibisce un grande crocifisso che porta al collo: "Io sono cattolica.
Insegno da 32 anni e non ho mai visto un’azione di violenza da parte dei miei
studenti. C’è gente con le spranghe che picchia ragazzi indifesi. Che c’entra se
sono di destra o di sinistra? È un reato e voi dovete intervenire".

Il
funzionario nel frattempo ha adocchiato una telecamera e il taccuino: "Io non ho
mai detto: quelli sono di sinistra". Monica, studentessa di Roma Tre: "Ma
l’hanno appena sentito tutti! Chi crede d’essere, Berlusconi?". "Lo vede come
rispondono?" mi dice Laura, di Economia. "Vogliono fare passare l’equazione
studenti uguali facinorosi di sinistra". La professoressa si chiama Rosa Raciti,
insegna al liceo artistico De Chirico, è angosciata: "Mi sento responsabile. Non
volevo venire, poi gli studenti mi hanno chiesto di accompagnarli. Massì, ho
detto scherzando, che voi non sapete nemmeno dov’è il Senato. Mi sembravano una
buona cosa, finalmente parlano di problemi seri. Molti non erano mai stati in
una manifestazione, mi sembrava un battesimo civile. Altro che civile! Era stato
un corteo allegro, pacifico, finché non sono arrivati quelli con i caschi e i
bastoni. Sotto gli occhi della polizia. Una cosa da far vomitare. Dovete
scriverlo. Anche se, dico la verità, se non l’avessi visto, ma soltanto letto
sul giornale, non ci avrei mai creduto".

Alle undici e tre quarti
partono altre urla davanti al Senato. Sta uscendo Francesco Cossiga. "È
contento, eh?" gli urla in faccia un anziano professore. Lunedì scorso, il
presidente emerito aveva dato la linea, in un intervista al Quotidiano
Nazionale: "Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro
dell’Interno (…) Infiltrare il movimento con agenti pronti a tutto, e lasciare
che per una decina di giorni i manifestanti devastino le città. Dopo di che,
forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà
sovrastare quello delle auto della polizia. Le forze dell’ordine dovrebbero
massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti all’ospedale. Picchiare a
sangue, tutti, anche i docenti che li fomentano. Magari non gli anziani, ma le
maestre ragazzine sì".

È quasi mezzogiorno, una ventina di caschi neri
rimane isolata dagli altri, negli scontri. Per riunirsi ai camerati compie
un’azione singolare, esce dal lato di piazza Navona, attraversa bastoni alla
mano il cordone di polizia, indisturbato, e rientra in piazza da via Agonale.
Decido di seguirli ma vengo fermato da un poliziotto. "Lei dove va?". Realizzo
di essere sprovvisto di spranga, quindi sospetto. Mentre controlla il tesserino
da giornalista, osservo che sono appena passati in venti. La battuta del
poliziotto è memorabile: "Non li abbiamo notati".

Dal gruppo dei
funzionari parte un segnale. Un poliziotto fa a un altro: "Arrivano quei pezzi
di merda di comunisti!". L’altro risponde: "Allora si va in piazza a proteggere
i nostri?". "Sì, ma non subito". Passa il vice questore: "Poche chiacchiere, giù
le visiere!". Calano le visiere e aspettano. Cinque minuti. Cinque minuti in cui
in piazza accade il finimondo. Un gruppo di quattrocento di sinistra, misto di
studenti della Sapienza e gente dei centri sociali, irrompe in piazza Navona e
si dirige contro il manipolo di Blocco Studentesco, concentrato in fondo alla
piazza. Nel percorso prendono le sedie e i tavolini dei bar, che abbassano le
saracinesche, e li scagliano contro quelli di destra.

Soltanto a questo
punto, dopo cinque minuti di botte, e cinque minuti di scontri non sono pochi,
s’affaccia la polizia. Fa cordone intorno ai sessanta di Blocco Studentesco,
respinge l’assalto degli studenti di sinistra. Alla fine ferma una quindicina di
neofascisti, che stavano riprendendo a sprangare i ragazzi a tiro. Un gruppo di
studenti s’avvicina ai poliziotti per chiedere ragione dello strano
comportamento. Hanno le braccia alzate, non hanno né caschi né bottiglie. Il
primo studente, Stefano, uno dell’Onda di scienze politiche, viene colpito con
una manganellata alla nuca (finirà in ospedale) e la pacifica protesta si
ritrae.

A mezzogiorno e mezzo sul campo di battaglia sono rimasti due
ragazzini con la testa fra le mani, sporche di sangue, sedie sfasciate, un
tavolino zoppo e un grande Pinocchio di legno senza più una gamba, preso dalla
vetrina di un negozio di giocattoli e usato come arma. Duccio, uno studente di
Fisica che ho conosciuto all’occupazione, s’aggira teso alla ricerca del
fratello più piccolo. "Mi sa che è finita, oggi è finita. E se non oggi, domani.
Hai voglia a organizzare proteste pacifiche, a farti venire idee, le lezioni in
piazza, le fiaccolate, i sit in da figli dei fiori. Hai voglia a rifiutare le
strumentalizzazioni politiche, a voler ragionare sulle cose concrete. Da stasera
ai telegiornali si parlerà soltanto degli incidenti, giorno dopo giorno passerà
l’idea che comunque gli studenti vogliono il casino. È il metodo Cossiga. Ci
stanno fottendo".
(30 ottobre 2008)

Pubblicato in Rassegna stampa | Commenti disabilitati su Blocco Studentesco, Azione Studentesca: il fascismo nella scuola

Solidarietà al centro sociale Horus sgomberato dalla polizia

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Al Sindaco di Roma

Al Prefetto

Al Presidente della Provincia di Roma

Abbiamo appreso
dell’intervento di sgombero effettuato stamattina presso il Centro sociale
Horus, un centro che raccoglie attualmente le presenze più giovani tra gli
occupanti i centri sociali romani. Riteniamo quindi L’attacco ad Horus è quindi
ancora più odioso, perché colpisce giovanissimi che stanno costruendo il loro
progetto di vita e offrono a tutta la città il loro progetto urbano e i loro
spazi liberati.

Avevamo chiesto
al Sindaco di  considerare le occupazioni
di spazi  degradati e abbandonati come
proposte sociali, economiche e culturali, e di instaurare con i cittadini un
dialogo aperto e rispettoso delle differenze, per non creare un clima violento
e repressivo.

Il presupposto
dell’illegalità applicato per motivare lo sgombero e ripetuto dal Sindaco
Alemanno , dovrebbe essere applicato a ben altre situazioni romane, come
abusivismo edilizio, illegalità nelle trattative di trasformazione del territorio
romano, che hanno riempito sicuramente le tasche di proprietari, di
costruttori, di realizzatori di centri commerciali inutili e di faccendieri,
pubblici e privati, che su questo hanno costruito vere e proprie  fortune personali .

La nostra città è
stata trasformata in un vero e proprio trionfo dell’illegalità.

Lo Stato e le
Amministrazioni locali devono essere loro stessi modelli di legalità per i
cittadini.

Occupare un immobile abbandonato, fonte di degrado e di
disagio non è illegalità ma è una proposta democratica di utilizzo della città.

Lo sgombero di
Horus è il vostro piano di cancellare la straordinaria esperienza dei centri
sociali, spazi sottratti alla speculazione e alla rendita, luoghi di produzione
culturale, luoghi di socialità fuori dalle logiche del mercato, luoghi del
conflitto, luoghi di libertà. Spazi liberati che hanno ridisegnato il
territorio dal basso, promosso occupazioni abitative, reti antisfratto,
sportelli contro la precarietà, palestre popolari, laboratori di sperimentazione
culturale e tanto altro ancora, ma certamente non sono mai stati luoghi di
violenza e discriminazioni.

I centri sociali
sono realtà che, ormai da decine di anni, producono attività di diverso
interesse sociale e politico in ogni angolo del pianeta. Veri e propri
laboratori di democrazia, luoghi di sperimentazione di un’altra città, dentro
la città, sono popolati da studenti, precari, migranti, operai.  Hanno costruito uno spazio che va oltre i
muri dell’edificio occupato, un protagonismo sociale che si diffonde in città e
diventa di interesse pubblico.

Forse proprio per
questo la presenza dei Centri Sociali in ogni territorio è ancora considerata
dalle istituzioni un’anomalia da reprimere e normalizzare e non quello che sono
in realtà per chi li vive quotidianamente: spazi di libertà e democrazia,
luoghi di produzione politica, sociale e culturale.

Noi madri, che a
partire dall’aggressione e dalla cultura dell’odio abbiamo scelto e praticato
la via del dialogo e del rispetto delle diversità e ne abbiamo fatto il nostro
impegno politico, vogliamo  che l’Horus
continui a vivere, là dove i ragazzi lo hanno creato, come tutti i centri
sociali romani, perché rappresentano, insieme alle altre realtà di base
cittadine un vero e proprio progetto urbano di democrazia e di antifascismo.

Esprimiamo tutta
la nostra preoccupazione che gli sgomberi dei centri sociali, auspicati dal
sindaco Alemanno, interrompano un’esperienza che da anni sta costruendo e
conservando la democrazia  nella nostra
città.

Roma 21 Ottobre 2008

 

 
Madri per Roma Città Aperta

madrixromacittaperta@libero.it

Pubblicato in Lettere | Commenti disabilitati su Solidarietà al centro sociale Horus sgomberato dalla polizia

Intimidazione alla squadra di rugby All Reds

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«Stiamo arrivando». Il video degli estremisti

ROMA – Un video di quattro minuti e mezzo, un messaggio che alle «madri per
Roma città aperta» appare «inquietante», una serie di immagini intervallate da
frasi che si conclude con il minaccioso «stiamo arrivando» (nella foto, la
schermata). Su YouTube c’ è un filmato, girato il 30 maggio, durante la partita
della squadra di rugby «All reds» (dei centri sociali) ad Ariccia. Si vede un
gruppo di teste rasate, bomber neri, jeans attillati e anfibi, che si presentano
sul campo dei Castelli per il match dei «compagni». La partita viene sospesa,
per il rischio di incidenti, gli estremisti di destra – nel video – scrivono
frasi offensive chiamando la squadra «All rabbits», cioè conigli, parlando dei
«briganti partigiani», del «’ 68 che è finito», del «rugby portato in Italia
nel ventennio». Le madri dei ragazzi di sinistra, sono rimaste sconvolte: «Era
un avvertimento, per quello che poi hanno fatto. Il video lo hanno messo
giovedì 29, prima dell’ aggressione di Ostiense, e dicevano che stavano
arrivando. E lì i nostri ragazzi si vedono benissimo». Ma c’ è di più: «Il
nickname di chi ha "postato" il video, è quello di un noto attivista
di estrema destra». La polizia sta verificando e sul caso è stato presentato un
esposto.

Menicucci Ernesto
(2 settembre 2008) – Corriere della Sera

Pubblicato in Rassegna stampa | Commenti disabilitati su Intimidazione alla squadra di rugby All Reds

Un’ aggressione fascista annunciata su YouTube

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L’ aggressione skinhead a Ostiense ‘Il raid annunciato in un video su
Internet’


VIOLA GIANNOLI

LAURA MARI

 

«Un’ aggressione fascista annunciata su YouTube». è la
denuncia del comitato "Madri per Roma città aperta", ricevuto ieri
mattina dal sindaco Alemanno. Per Stefania Zuccari, madre di Renato Biagetti, il 26enne ucciso due anni fa a Focene da
estremisti di destra, ci sarebbe infatti un chiaro collegamento tra l’ agguato
subito venerdì notte in via Ostiense da tre ragazzi di sinistra aggrediti «da
dieci teste rasate» e il video scoperto su internet. Un filmato intimidatorio
che porta la firma degli "anti-antifascisti militanti". Nel video,
che riprende una partita di rugby della squadra "All reds" del centro
sociale Acrobax, si vedono venti naziskin (con teste rasate, bomber e anfibi)
fare ingresso nello stadio della squadra di Ariccia. Un filmato di cinque
minuti accompagnato da didascalie di scherno, minacce e insulti verso gli All
reds definiti "rabbits", conigli. Un video pubblicato il 29 agosto,
proprio alla vigilia del raid all’ Ostiense. «Preparatevi. Stiamo arrivando» si
legge nei titoli che scorrono nel filmato. Minacce chiare che, secondo i
militanti di Acrobax, sono collegate all’ agguato. «Un gesto infame» commentano
i giovani del centro sociale. Una pericolosa sfida che dai campi di rugby
sembra essersi spostata per le strade della città. «Non seppellirò un altro figlio»
ha detto Stefania Zuccari dopo l’ incontro con il sindaco Alemanno. Proprio il
fratello di Renato Biagetti, infatti,
milita nella squadra degli All reds. «Dalla morte di Renato abbiamo contato 130
aggressioni di matrice politica – ha precisato la Zuccari – episodi di violenza
che non devono più accadere». E il sindaco Gianni Alemanno ha sollecitato gli
inquirenti «a fare piena luce sugli ultimi episodi di violenza» assicurando che
«il Comune si impegnerà affinché nessun giovane resti ferito o ucciso per il
falso alibi della lotta tra opposti schieramenti politici». A presentare un
ordine del giorno per chiedere al sindaco e al prefetto Mosca di «fare la
propria parte per trovare colpevoli e mandanti» è stato invece il consigliere
comunale del Pd Paolo Masini. Richiesta accolta dal vicecapogruppo del Pdl Luca
Gramazio. Una condanna «netta e inequivocabile» dell’ episodio è poi arrivata
da numerosi esponenti del centrosinistra, da Giovanni Carapella a Massimiliano
Smeriglio. E solidarietà bipartisan è stata espressa anche nei confronti dell’
esponente romano di An Piergiorgio Benvenuti, contro cui sui muri della sede
del partito di via Aldini, zona Marconi, sono comparse le scritte «Fascio
attento ancora fischia il vento», firmate con falce, martello e simbolo dell’
anarchia.

 

La Repubblica
02-09-08

 

 

 

 

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La mamma di Renato Biagetti incontra il sindaco

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«Non voglio
seppellire un altro figlio»

La mamma di Renato Biagetti incontra

il sindaco. Alemanno: «Fare piena luce»

E
PERÒ CHE FAI
se nella notte un gruppo di teste rasate tira fuori il
coltello e aggredisce tuo figlio? È successo a Stefania due anni fa: e suo
figlio, Renato Biagetti, accoltellato da due ragazzi (magari senza testa rasata
ma di destra) all’uscita di una festa
reggae, adesso non c’è più. Ammazzato a
coltellate: «per futili motivi», recita per ora la sentenza di primo grado. È
successo a Teresa, l’altra notte: solo che suo figlio lo hanno preso alla
coscia. «Tere’ coraggio, non l’hanno colpito per ammazzarlo, non come il mio»,
ha cercato di consolarla Stefania.

E però basta:
«Mai più – scandisce la madre di Renato -, lo abbiamo detto ad Alemanno, noi la
nostra parte di madri l’abbiamo fatta, ora fa la tua parte di sindaco, questi
li devi fermare».

Un ultimatum,
quasi. Rivolto da madri di ragazzi che militano a sinistra al sindaco eletto
con i voti anche dell’estrema destra. Non è solo il fatto che lui è il sindaco.
«È

che quella è la
parte sua», ripete Stefania: «Noi abbiamo sfilato nei cortei per dimostrare che
non si risponde con la violenza, ora vogliamo garanzie che la violenza a destra
venga fermata».

Sotto ci sono le
altre ad aspettare, con lo striscione in mano e fogli che chiedono: «Mai più
lame» e «sindaco Alemanno dove era l’esercito quando hanno accoltellato

Fabio?». «Noi»,
sono diventate ormai un soggetto collettivo. «Madri per Roma città aperta», si
sono chiamate così. Donne di cinquant’anni e poco più, che hanno vissuto gli
anni ‘70 e ora la sera si ritrovano a stare in ansia se i loro figli tardano a
rientrare: «Ma che ti pare che se c’hai un figlio con il piercing devi stare
con il fiato sospeso?». Dopo l’uccisione di Renato si sono guardate negli
occhi, proprio come le due donne disegnate faccia a faccia sui loro manifesti,
e hanno deciso di volgere la paura in protesta, in rivendicazione di sicurezza.
Non quella che se la prende con i rom: «Mandano l’esercito contro i rom e poi non
fermano quelli che vanno in giro

con il
coltello».

L’altra sera
erano tutte al parco Schuster per ricordare Renato. «Ho passato la sera con
Teresa, la madre di Fabio e mio figlio, la notte in cui Renato è stato ucciso,
doveva andare con lui alla festa reggae», racconta Fabiola, 58 anni: «Poteva
succedere a mio figlio». È quel pensiero che le tiene unite in questa forma di
militanza che fa i conti con l’età («Mettiamoci sedute all’ombra, che è
arrivato il

momento di
rivendicare pure la nostra età») e con la notte passata in bianco, appena la
prima di loro ha scoperto il video in cui le teste rasate dicono ai loro figli
che frequentano l’Acrobax e giocano nella squadra degli All Reds: «Stiamo
arrivando». «Ma ti rendi conto? Lo hanno messo su you tube poche ore prima che
Fabio fosse aggredito».

Anche di quello
hanno parlato al sindaco, che porta ancora nascosto sotto la camicia la croce
celtica in ricordo degli anni ‘70. E quelle madri – spiega lui – lo hanno
colpito con la loro «aspirazione alla tolleranza e alla pacificazione e non
all’odio o alla ritorsione», dice Alemanno, rispondendo alla loro richiesta di
«stroncare qualsiasi spirale di violenza politica». Sosterrà le iniziative che
vorranno prendere

per interrompere
«le violenze nella nostra città», recita la sua risposta.

E si impegnerà
perché sulla lunga serie di episodi da loro denunciati  «sia fatta luce».

In piazza, ad
attendere gli esisti dell’incontro ci sono anche l’assessore Massimiliano
Smeriglio e il consigliere provinciale Gianluca Peciola, di Sinistra
Arcobaleno, insieme a Paolo Masini, consigliere comunale del Pd. Sul video e
sull’aggressione

di venerdì notte
hanno preparato un’interrogazione che sarà presentata anche in parlamento da
Paola Concia del Pd.

«Dobbiamo isolare
i gruppi neofascisti», dice Smeriglio: «E invece c’è un esponente dell’estrema
destra come Castellino, di Casa d’Italia Prati, che entra nel Pdl». E c’è –

Ricorda Masini –
un consigliere come Storace che considera «normale» la parola «zecca». E se
«confortano» le parole di Alemanno, come mai – aggiunge Peciola – «non dice
nulla la ministra dei giovani Giorgia Meloni?».

 

Mariagrazia
Gerina

L’Unità 2
settembre 2008

Pubblicato in Rassegna stampa | Commenti disabilitati su La mamma di Renato Biagetti incontra il sindaco

In campo scendono le mamme

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La battaglia
Manifestazione al Campidoglio. Alemanno: è urgente fare chiarezza

Ragazzi di sinistra accoltellati.

In campo scendono le mamme

Roma, la signora
Biagetti: non sotterrerò un altro figlio. Si sono costituite in un comitato due
anni fa e hanno aperto un blog. La protesta di ieri voluta dopo l’ ultima
aggressione

ROMA – Eccole, le mamme. Patrizia ha i capelli ricci, rossi, e poca voglia
di parlare. Fabiola due figli, uno di 28 e uno di 31 anni, «e quando escono la
sera li chiamo sempre per sapere dove stanno e cosa fanno». Stefania e Teresa,
invece, si tengono a braccetto. Portano entrambe gli occhiali scuri, sono
provate nel fisico e nell’ animo, intorno al collo stringono una sciarpa
arancione, tra le mani uno striscione: «Comitato madri per Roma città aperta».
Ieri mattina erano, insieme alle altre, sulla piazza del Campidoglio, per
lanciare il loro appello al sindaco Gianni Alemanno: «Mai più lame». E per
difendere il diritto dei loro ragazzi alla politica: di più, alla militanza. E
chi dice che a Roma è tornato un clima da anni ‘ 70 immagini cosa sarebbe
successo se in quel periodo fossero scese in piazza le mamme. Stefania è la
mamma di Renato Biagetti, ingegnere di 26 anni, ucciso con otto coltellate due
anni fa, vicino alla spiaggia di Focene. Un delitto che il giudice, nel primo
grado di giudizio contro uno dei due aggressori (condannato a 15 anni per
omicidio volontario), ha derubricato come «lite fra balordi, per futili motivi»
ma che Stefania e le altre madri del comitato identificano come «un’
aggressione fascista». E Teresa, che le si stringe vicino, è la mamma di Fabio
detto «Fazio», il militante di sinistra accoltellato nella notte tra venerdì e
sabato scorsi davanti al centro sociale «Pirateria», a Ostiense. Sono stanche
di vedere i loro figli uccisi, colpiti o sotto minaccia, e che hanno deciso di
fare qualcosa di concreto: due anni fa si sono costituite in un comitato, hanno
aperto un blog e hanno cominciato a farsi sentire. La manifestazione di ieri
era stata organizzata dopo l’ ultimo episodio di violenza politica che si è
verificato a Roma: Fabio è stato colpito con un taglierino, alle 4 del mattino,
dopo la serata passata a commemorare l’ amico Renato morto due anni prima.
Erano sulla piazza del Campidoglio, ieri, come si potrebbe essere sulla Plaza
de Mayo a Buenos Aires. Ma se può essere normale che le madri difendano, per
tutta la vita, i propri figli, il fatto straordinario in questo caso è un
altro: le mamme non scendono in piazza per salvare i ragazzi dalla droga o per
rendere loro giustizia. «Ai nostri figli abbiamo insegnato certi valori, certe
convinzioni – dicono -. E siamo sempre davanti a loro, quando serve. In piazza,
nelle manifestazioni o nei concerti». Qui è in ballo, dunque, il «diritto a
spazi di agibilità democratica», in una parola, alla militanza: è questo lo
strappo delle madri di piazza del Campidoglio. Il comitato è nato su iniziativa
della mamma di Biagetti, è composto da tutte romane, ma è in contatto con altre
donne che combattono per i propri ragazzi: da Heidi Giuliani, che l’ altra sera
era a Ostiense, alla madre di Federico Aldrovandi, il giovane di Ferrara per la
cui morte sono ancora sotto inchiesta quattro poliziotti. Stefania e Teresa si
conoscono da prima delle rispettive tragiche esperienze. Renato e Fabio, i loro
figli, erano amici, frequentavano gli stessi posti. E «Fazio», qualche giorno
fa, è tornato apposta dal Chiapas per aiutare i suoi compagni ad organizzare il
concerto in ricordo dell’ amico. In Campidoglio, le «madri per Roma città
aperta» hanno incontrato Alemanno. E tra il sindaco e Stefania c’ è stato un
faccia a faccia carico di emozioni: «Non ti abbiamo votato, e conosciamo il tuo
passato, ma fai qualcosa per i nostri figli. Noi garantiamo per loro, tu
garantisci per quei gruppi politici che sono vicini alla tua maggioranza: lo
sai da dove vengono i coltelli», gli ha detto la mamma di Renato. E Alemanno le
ha risposto colpito: «Ti stimo molto, come madre e come donna. Appoggerò tutte
le iniziative, anche nelle scuole, che vorrete fare». Stefania ha aggiunto: «Un
altro figlio non lo sotterro più». Renato, infatti, ha un fratello, anche lui
molto conosciuto nei centri sociali: è uno degli allenatori della squadra di
rugby All Reds, oggetto delle «attenzioni» degli estremisti di destra. L’ altro
tecnico della squadra è il figlio di Mirella, un’ altra delle madri presenti in
Campidoglio. Loro, le mamme, non vogliono fermarsi: «Abbiamo insegnato – dice
Lalla – ai nostri ragazzi a non rispondere con gli stessi sistemi. Però sia
chiaro: non abbiamo paura e non sopportiamo più che accadono episodi come
quello dell’ altra sera». Dopo l’ aggressione di Fabio, Stefania Zuccari ha
telefonato subito all’ amica: «Ho pensato che era fortunata, perché suo figlio
è ancora vivo». * * * Il precedente Al Leoncavallo Il gruppo delle mamme del
Leoncavallo (nella foto ad un corteo) nasce all’ indomani dell’ assassinio di
Fausto Tinelli e Iaio Ianucci, nel 1978 Fausto e Iaio I due giovani
frequentatori del centro sociale milanese vennero uccisi nel marzo del 1978, a
18 anni. Il duplice omicidio venne rivendicato da numerose sigle fasciste, ma
la più credibile secondo gli inquirenti, fu la rivendicazione della dell’
Esercito nazionale rivoluzionario Nar – brigata combattente Franco Anselmi, un
neofascista romano morto dodici giorni prima dell’ omicidio di Fausto e Iaio,
mentre tentava di rapinare un’ armeria della capitale Le mamme Nel gruppo delle
mamme del Leoncavallo c’ erano ex partigiane, sindacaliste, ma nella
maggioranza dei casi si trattava di madri di giovani frequentatori dei centri
sociali. Tra gli impegni più rilevanti dell’ Associazione c’ è stato quello
contro l’ archiviazione dell’ inchiesta sull’ assassinio di Fausto Tinelli e
Iaio Iannucci, poi disposta nel 2000 L’ Onlus Dal 2003 il gruppo si è costituito
in associazione senza scopo di lucro, allargando le sue attività alla
promozione della cultura dei centri sociali

Menicucci Ernesto

Pagina 20
(2 settembre 2008) – Corriere della Sera

 

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