Rosa Luxemburg donna e rivoluzionaria

Mi sento a casa mia in tutto il mondo,
ovunque ci siano nubi e uccelli e lacrime
umane (Rosa Luxemburg)

[…] Le rivoluzioni non vengono “fatte”, e grandi movimenti popolari non vengono inscenati con ricette tecniche tratte pronte dalle istanze di partito. Piccoli circoli di congiurati possono “preparare” per un determinato giorno e ora un putsch, possono dare al momento buono alle loro due dozzine di aderenti il segnale della “zuffa”. Movimenti di massa attivi in grandi momenti storici non possono essere guidati con questi stessi metodi primitivi. Lo sciopero di massa “meglio preparato” in certe circostanze può miserevolmente fallire proprio nel momento in cui una direzione di partito gli da “il segnale di via”, o afflosciarsi dopo un primo slancio. L’effettivo svolgimento di grandi manifestazioni popolari e azioni di massa in questa o in quella forma, è deciso da tutta una serie di fattori economici, politici e psicologici, dal livello di tensione del contrasto di classe, dal grado di educazione, dal punto di maturazione raggiunto dalla combattività delle masse, elementi tutti imponderabili e che nessun partito può artificialmente manipolare. Ecco la differenza tra le grandi crisi storiche e le piccole azioni di parata che un partito ben disciplinato può in tempi di pace pulitamente eseguire con un colpo di bacchetta delle “istanze”. Ogni ora storica esige forme adeguate di movimento popolare: essa stessa se ne crea delle nuove, improvvisa mezzi di lotta in precedenza sconosciuti, vaglia e arricchisce l’arsenale popolare, incurante di qualsivoglia prescrizione di partito (Rosa Luxemburg)

La scoperta che il lavoro domestico nel capitalismo è stato escluso per definizione dalle analisi economiche, e che questo era il meccanismo per cui era diventato una “colonia” e una fonte di sfruttamento non regolamentata, ci ha aperto gli occhi sull’analisi di altre simili colonie di sfruttamento non attraverso il salario, in particolare il lavoro dei piccoli contadini e delle donne nel terzo mondo […]. L’opera [di Rosa Luxemburg] ha aperto per l’analisi femminista del lavoro delle donne nel mondo una prospettiva che andava oltre illimitato orizzonte delle società industrializzate e il lavoro domestico in questi paesi(Maria Mies)

La sera del 15 Gennaio 1919 verso le nove Karl Liebknecht e Rosa Luxembourg, entrambi dirigenti del Partito Comunista Tedesco-Lega di Spartaco, vennero arrestati da un drappello di soldati facenti parte dei famigerati Freikorps, le squadre paramilitari controrivoluzionarie guidate dal Ministro tedesco della Difesa, il socialdemocratico di destra Gustav Noske. Rosa Luxembourg viene condotta fuori dall’albergo dal tenente Vogel e viene colpita con due colpi di calcio di fucile alla testa. Rosa viene trascinata su una macchina. Uno degli ufficiali la colpisce ancora con il calcio del fucile. Infine il tenente Vogel la uccide con un colpo di pistola al cervello.

« Die rote Rosa nun auch verschwand.
Wo sie liegt, ist unbekannt.
Weil sie den Armen die Wahrheit gesagt
Haben die Reichen sie aus der Welt gejagt »

« Ora è sparita anche la Rosa rossa.
Dov’è sepolta non si sa.
Siccome disse ai poveri la verità
I ricchi l’hanno spedita nell’aldilà »

(Bertolt Brecht, Epitaffio, 1919)

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Per non dimenticare. 5 Gennaio muore Giuseppe Fava, una vita contro, una vita per la libertà

Giuseppe Fava

Giuseppe Fava nasce a Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa, il 15 Settembre del 1925. Profondamente innamorato del paese natale, dove i genitori abitarono sino alla fine degli anni ’90, lo visitava spesso e lo ha celebrato nei suoi scritti. Negli anni ’40 si trasferì a Siracusa per frequentare il Ginnasio ed il Liceo. Fu tra i migliori alunni del Liceo Gargallo, che recentemente ha intitolato all’illustre allievo la Biblioteca dell’Istituto. Visse a Siracusa gli anni della guerra in Sicilia, dedicando a quel soggiorno splendide pagine.
Dopo gli studi liceali si trasferì a Catania e si laureò in Giurisprudenza. Alla carriera di avvocato preferì la professione di giornalista, che iniziò come cronista al giornale Sport Sud di Catania. Dal 1951 al 1954 fu capocronista al Giornale dell’isola, e successivamente al Corriere di Sicilia.
Alla fine degli anni ’50, col cambiamento di gestione di quel quotidiano, passò al giornale L’Isola – Ultimissime, prima di approdare, sempre come capocronista, al quotidiano catanese del pomeriggio Espresso sera, ove lavorò per oltre venti anni. In quel periodo, oltre l’impegno quotidiano al giornale, fu inviato speciale del settimanale milanese Tempo, e corrispondente del Tuttosport di Torino.
Oltre alle numerose inchieste giornalistiche, raccolte successivamente nei volumi Processo alla Sicilia (1970) e I Siciliani (1980), negli stessi anni maturò una straordinaria vocazione artistica, letteraria e pittorica.
Nel 1966 vinse il Premio Vallecorsi con Cronaca di un Uomo, e nel 1970 il Premio IDI con La Violenza, da cui Florestano Vancini trasse il film di successo Violenza Quinto Potere (1974). Gli anni successivi videro la pubblicazione dei romanzi Gente di rispetto (Bompiani, 1975) da cui Luigi Zampa trasse il film omonimo, Prima che vi uccidano (Bompiani, 1977) e Passione di Michele (Cappelli, 1980) dal quale Werner Schroeter trasse il film Palermo oder Wolfsburg, vincitore dell’Orso d’oro al festival di Berlino del 1980, e delle opere teatrali de Il Proboviro (1972), Bello Bellissimo (1975), Foemina ridens (1980). Opere di grande maturità e complessità che hanno consacrato lo scrittore siciliano come acuto testimone del suo tempo e come profondo studioso ed esperto del fenomeno della mafia siciliana.
Nel decennio 1965-1975 realizzò a Catania e Roma quattro personali degli oli e delle grafiche realizzate in quegli anni.
Nel 1980 fu chiamato alla direzione del Giornale del Sud, idea editoriale maturata all’interno dell’ambiente imprenditoriale, politico e giornalistico della Catania di quegli anni. Fu subito un giornale irriverente, senza prudenze, né ossequi. I notabili furono chiamati a rispondere dei loro misfatti, il sacco edilizio, l’arrembaggio dei mafiosi, la rassegnazione degli onesti. La reazione al pericolo rappresentato da Fava e dal Giornale del Sud fu immediata e forte: la censura, le minacce, gli attentati ed infine il licenziamento. Pochi mesi dopo la rottura di Fava con l’editore il giornale cessava le pubblicazioni.
Nel 1982 Giuseppe Fava costituisce, insieme alla parte della redazione del Giornale del Sud che ne aveva condiviso le scelte di fondo, fonda la cooperativa editoriale Radar e registra una nuova testata I Siciliani. Con quel mensile, dall’elegante veste tipografica, Fava aveva scelto di raccontare la Sicilia come metafora di quei tempi: la devastazione dell’ambiente, la trappola nucleare di Comiso, la sfida della mafia. Temi che aveva già affrontato nella attività letteraria e che trattava ora col rigore del giornalista. Giornale di inchieste in tutti i campi della società: politica, attualità, sport, spettacolo, costume, arte, che vuole essere appunto il documento critico di una realtà meridionale che profondamente, nel bene e nel male, appartiene a tutti gli italiani. Un giornale che ogni mese sarà anche un libro da custodire. Libro della storia che noi viviamo. Scritto giorno per giorno.
I temi sviscerati quotidianamente nelle inchieste, strettamente contestualizzati nel decennio italiano che tentava disperatamente di lasciarsi alle spalle gli anni di piombo, maturarono la forte idea teatrale de Ultima Violenza, andata in scena al Teatro Stabile di Catania nel novembre-dicembre 1983. Dramma documento di quello che può succedere quando la società ferita e morente farà l’ultimo tentativo di salvezza; un processo a sette personaggi coinvolti forse in un solo assassinio, politici, finanzieri, terroristi e mafiosi, emblematici di tutta la violenza. Il palazzo di giustizia stretto in assedio; fuori l’imminenza della tragedia; può essere una terribile rivolta popolare, oppure il trionfo degli assassini. Una tragedia collettiva dalla quale emerge la vicenda di un uomo solo in cui si aggrovigliano tutte le componenti drammatiche, il dolore, la paura, l’ironia, la vendetta, la speranza, il sogno. Un personaggio che si eleva solitario e misterioso nel cuore della tragedia fino alla rivelazione finale. Arcangelo o diavolo? Domanda giusta, poiché non sappiamo chi sarà presto o tardi il padrone della società italiana e quindi della nostra vita.

Ancora una reazione al pericolo Fava, questa volte ancora più forte, cinque pallottole umide di pioggia la sera del 5 Gennaio del 1984, alle 21,30.
Non fa in tempo a voltarsi né a stupirsi. Probabilmente non si accorge neppure di morire. Sarà l’unico effimero conforto per la famiglia.
da http://www.fondazionefava.it/sito/biografia/

dedicato agli “Angeli di Borsellino”

http://nuke.alkemia.com/Home1/Lemafie/GiuseppeFavaunuomocontrounavitaperlaliber/tabid/861/Default.aspx

“La causa umana fondamentale della mafia è la miseria senza vie d’uscite, cioè la miseria che riunisce l’ignoranza, la malattia, la superstizione, la sporcizia, la violenza. Anche le cose futili della vita diventano essenziali. In un paese dove ogni individuo maggiorenne ha la possibilità di lavoro ben retribuito, non si troverà mai un uomo disposto ad uccidere per centomila lire o per un milione“.

G. Fava, La morte addosso, in Processo alla Sicilia, Catania, Ites, 1967, p. 192

I siciliani. Storia di un giornale antimafia


Il 5 gennaio del 1984 moriva a Catania, assassinato in un agguato mafioso, Giuseppe Fava. Quasi sessantenne, Fava era uno scrittore di fama nazionale oltre ad essere principalmente un giornalista e autore di teatro. Da un anno aveva fondato, insieme ad un gruppo di giovani giornalisti suoi soci nella cooperativa Radar, il mensile I Siciliani. Nell’editoriale del primo numero aveva elencato i temi di cui la rivista avrebbe cominciato ad occuparsi: la crescita spaventosa della mafia, il sogno fallito dell’industria, la corruzione politica, l’inquinamento delle coste e la campagna pacifista in risposta allo stanziamento di missili nucleari nelle Basi Nato della regione. I giornalisti, attraverso lo strumento dell’inchiesta, riuscivano così ad approfondire temi e questioni che l’informazione siciliana fino a quel momento non aveva preso in considerazione. Il tutto condito da una cronaca di stampo letterario, il continuo racconto delle storie di vita, un grande laboratorio di scrittura e nuovi linguaggi.
Così quel mensile di approfondimento diventava il manifesto della libertà di stampa in Sicilia: un giornale “senza padroni e né padrini” che si era rivelato un vero e proprio terremoto nel mondo della stagnante informazione regionale siciliana, oltre a diventare una spina nel fianco dei politici collusi e dei mafiosi.
Nel primo numero era presente l’inchiesta probabilmente più importante di tutta la storia de I Siciliani: “I quattro cavalieri dell’apocalisse mafiosa”, un servizio dedicato ai quattro maggiori imprenditori catanesi, Rendo, Graci, Costanzo e Finocchiaro. Di loro aveva parlato il generale dalla Chiesa prima di essere ucciso dalla mafia, rispondendo all’intervista di Giorgio Bocca: “I quattro maggiori imprenditori catanesi oggi lavorano a Palermo – aveva detto dalla Chiesa – lei crede che potrebbero farlo se dietro non ci fosse una nuova mappa del potere mafioso?”.
C’era una nuova mappa del potere mafioso, e I Siciliani, che avevano seguito le cronache di quegli anni, lo avevano capito e ne cominciavano a delineare i contorni. Non fu un caso così scoprire che uno degli imputati dell’omicidio dalla Chiesa era stato proprio Nitto Santapaola, boss in ascesa della mafia catanese, fino all’anno precedente ritenuto un semplice imprenditore rampante, amico delle istituzioni e del mondo degli affari, nonché protettore dei cavalieri del lavoro.
Negli anni de I Siciliani, nella Sicilia scossa dall’“effetto dalla Chiesa”, si scopre così da quel giornale che la mafia a Catania è ben radicata, che il territorio etneo sta diventando di primissimo piano nello scacchiere della criminalità organizzata, rivelandosi centro nevralgico degli equilibri economici di Cosa nostra. Tutto ciò sebbene i catanesi non lo avessero ancora sospettato, tranquillizzati dalle istituzioni e dalla grigia informazione di palazzo che cercavano di minimizzare gli accadimenti in una città investita da una ondata di violenza senza precedenti che aveva fatto meritare il titolo di “città nera” d’Italia.
Catania farà i conti con la mafia proprio il 5 gennaio del 1984, davanti all’omicidio di un intellettuale, di un uomo che era riuscito a parlare davvero alla gente e a proporre strumenti razionali per la lotta alla mafia. Il segnale era chiaro, l’ennesimo giornalista ucciso in Sicilia. Al ricatto mafioso I Siciliani non cederanno, continuando nel proprio lavoro, denunciando con forza le collusioni tra mafia, magistratura e imprenditoria. Essi riusciranno ad essere, per qualche anno, i protagonisti del movimento antimafia siciliano, coagulando intorno a loro la società civile, dopo aver sensibilizzato una nazione intera. Continueranno ad essere così il punto di riferimento, insieme al quotidiano L’ora di Palermo, dell’informazione antimafia, seppur soffrendo parecchi problemi finanziari dovuti al fatto di essere un giornale libero e senza padroni. Questa sarà la causa che ne comporterà chiusure transitorie e purtroppo quella definitiva nel 1996.
Questo lavoro vuole ripercorrere la storia di quegli anni, cercando di ricostruire, attraverso gli avvenimenti di mafia e di antimafia che la Sicilia ha attraversato dagli anni Ottanta fino a metà anni Novanta, un senso di quella vicenda. Attraverso lo specchio del giornale I Siciliani, e il suo stile a metà tra cronaca e letteratura, si racconteranno alcuni profili dei siciliani stessi, quelli potenti e impuniti, i corrotti e i collusi, quelli semplici, gli onesti, i poveri e i disperati. Si approfondirà la figura di Giuseppe Fava, padre della testata, maestro di un giovane gruppo di giornalisti negli anni Ottanta. Conosceremo le storie di giudici che hanno perso la loro vita per lottare contro la mafia, insieme a quelli messi sotto inchiesta per collusione e associazione mafiosa. Parleremo dei politici siciliani, quelli onesti e quelli amici di Cosa nostra e di fatto “terzo livello” della stessa. Poi ancora racconteremo le storie dei giornalisti con la schiena dritta, che con le loro inchieste hanno sancito la loro condanna a morte da parte della mafia, e dei giornalisti di palazzo, creatori di consenso e complici degli equilibri dell’assurdo monopolio dell’informazione siciliana. E ancora le storie dei cavalieri del lavoro, di avvocati, di poliziotti, e di semplici cittadini. I siciliani insomma, nel bene e nel male.

http://isicilianidigiuseppefava.blogspot.it/

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Per non dimenticare. 5 maggio nasce Peppino Impastato, una vita contro la mafia

GIUSEPPE IMPASTATO

Nasce a Cinisi il 5 gennaio 1948 da Felicia Bartolotta e Luigi Impastato. La famiglia Impastato è bene inserita negli ambienti mafiosi locali: si noti che una sorella di Luigi ha sposato il capomafia Cesare Manzella, considerato uno dei boss che individuarono nei traffici di droga il nuovo terreno di accumulazione di denaro. Frequenta il Liceo Classico di Partinico ed appartiene a quegli anni il suo avvicinamento alla politica, particolarmente al PSIUP, formazione politica nata dopo l’ingresso del PSI nei governi di centro-sinistra. Assieme ad altri giovani fonda un giornale, “L’Idea socialista” che, dopo alcuni numeri, sarà sequestrato: di particolare interesse un servizio di Peppino sulla “Marcia della protesta e della pace” organizzata da Danilo Dolci nel marzo del 1967: il rapporto con Danilo, sia pure episodico, lascia un notevole segno nella formazione politica di Peppino. In una breve nota biografica Peppino scrive:

Arrivai alla politica nel lontano novembre del ’65, su basi puramente emozionali: a partire cioè da una mia esigenza di reagire ad una condizione familiare ormai divenuta insostenibile. Mio padre, capo del piccolo clan e membro di un clan più vasto, con connotati ideologici tipici di una civiltà tardo-contadina e preindustriale, aveva concentrato tutti i suoi sforzi, sin dalla mia nascita, nel tentativo di impormi le sue scelte e il suo codice comportamentale. E’ riuscito soltanto a tagliarmi ogni canale di comunicazione affettiva e compromettere definitivamente ogni possibilità di espansione lineare della mia soggettività. Approdai al PSIUP con la rabbia e la disperazione di chi, al tempo stesso, vuole rompere tutto e cerca protezione. Creammo un forte nucleo giovanile, fondammo un giornale e un movimento d’opinione, finimmo in tribunale e su tutti i giornali. Lasciai il PSIUP due anni dopo, quando d’autorità fu sciolta la Federazione Giovanile. Erano i tempi della rivoluzione culturale e del “Che”. Il ’68 mi prese quasi alla sprovvista. Partecipai disordinatamente alle lotte studentesche e alle prime occupazioni. Poi l’adesione, ancora na volta su un piano più emozionale che politico, alle tesi di uno dei tanti gruppi marxisti-leninisti, la Lega. Le lotte di Punta Raisi e lo straordinario movimento di massa che si è riusciti a costruirvi attorno. E’ stato anche un periodo, delle dispute sul partito e sulla concezione e costruzione del partito: un momento di straordinario e affascinante processo di approfondimento teorico. Alla fine di quell’anno l’adesione ad uno dei due tronconi, quello maggioritario, del PCD’I ml.- il bisogno di un minimo di struttura organizzativa alle spalle (bisogno di protezione ), è stato molto forte. Passavo, con continuità ininterrotta da fasi di cupa disperazione a momenti di autentica esaltazione e capacità creativa: la costruzione di un vastissimo movimento d’opinione a livello giovanile, il proliferare delle sedi di partito nella zona, le prime esperienze di lotta di quartiere, stavano lì a dimostrarlo. Ma io mi allontanavo sempre più dalla realtà, diventava sempre più difficile stabilire un rapporto lineare col mondo esterno, mi racchiudevo sempre più in me stesso. Mi caratterizzava sempre più una grande paura di tutto e di tutti e al tempo stesso una voglia quasi incontrollabile di aprirmi e costruire. Da un mese all’altro, da una settimana all’altra, diventava sempre più difficile riconoscermi. Per giorni e giorni non parlavo con nessuno, poi ritornavo a gioire, a riproporre: vivevo in uno stato di incontrollabile schizofrenia. E mi beccai i primi ammonimenti e la prima sospensione dal partito. Fui anche trasferito in un. altro posto a svolgere attività, ma non riuscii a resistere per più di una settimana: mi fu anche proposto di trasferirmi a Palermo, al Cantiere Navale: un pò di vicinanza con la Classe mi avrebbe giovato. Avevano ragione, ma rifiutai.


Mi trascinai in seguito, per qualche mese, in preda all’alcool, sino alla primavera del
’72 ( assassinio di Feltrinelli e campagna per le elezioni politiche anticipate ). Aderii, con l’entusiasmo che mi ha sempre caratterizzato, alla proposta del gruppo del “Manifesto”: sentivo il bisogno di garanzie istituzionali: mi beccai soltanto la cocente delusione della sconfitta elettorale. Furono mesi di delusione e disimpegno: mi trovavo, di fatto, fuori dalla politica. Autunno ’72. Inizia la sua attività il Circolo Ottobre a Palermo, vi aderisco e do il mio contributo.Mi avvicino a “Lotta Continua” e al suo processo di revisione critica delle precedenti posizioni spontaneistiche, particolarmente in rapporto ai consigli: una problematico che mi aveva particolarmente affascinato nelle tesi del “Manifesto” Conosco Mauro Rostagno : è un episodio centrale nella mia vita degli ultimi anni. Aderisco a “Lotta Continua” nell’estate del ’73, partecipo a quasi tutte le riunioni di scuola-quadri dell’organizzazione, stringo sempre più o rapporti con Rostagno: rappresenta per me un compagno che mi dà garanzie e sicurezza: comincio ad aprirmi alle sue posizioni libertarie, mi avvicino alla problematica renudista. Si riparte con l’iniziativa politica a Cinisi, si apre una sede e si dà luogo a quella meravigliosa, anche se molto parziale, esperienza di organizzazione degli edili. L’inverno è freddo, la mia disperazione è tiepida. Parto militare: è quel periodo, peraltro molto breve, il termometro del mio stato emozionale: vivo 110 giorni di continuo stato di angoscia e in preda alla più incredibile mania di persecuzione
Nel 1975 organizza il Circolo “Musica e Cultura”, un’associazione che promuove attività culturali e musicali e che diventa il principale punto di riferimento por i giovani di Cinisi. All’interno del Circolo trovano particolare spazio ìl “Collettivo Femminista” e il “Collettivo Antinucleare” Il tentativo di superare la crisi complessiva dei gruppi che si ispiravano alle idee della sinistra “rivoluzionaria” , verificatasi intorno al 1977 porta Giuseppe Impastato e il suo gruppo alla realizzazione di Radio Aut, un’emittente autofinanziata che indirizza i suoi sforzi e la sua scelta nel campo della controinformazione e soprattutto in quello della satira nei confronti della mafia e degli esponenti della politica locale. Nel 1978 partecipa con una lista che ha il simbolo di Democrazia Proletaria, alle elezioni comunali a Cinisi. Viene assassinato il 9 maggio 1978, qualche giorno prima delle elezioni e qualche giorno dopo l’esposizione di una documentata mostra fotografica sulla devastazione del territorio operata da speculatori e gruppi mafiosi: il suo corpo è dilaniato da una carica di tritolo posta sui binari della linea ferrata Palermo-Trapani. Le indagini sono, in un primo tempo orientate sull’ipotesi di un attentato terroristico consumato dallo stesso Impastato, o, in subordine, di un suicidio “eclatante”.
Nel gennaio 1988 il Tribunale di Palermo invia una comunicazione giudiziaria a Badalamenti. Nel maggio del 1992 il Tribunale di Palermo decide l’archiviazione del “caso Impastato”, ribadendo la matrice mafiosa del delitto ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizzando la possibile responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei “corleonesi”. Nel maggio del 1994 il Centro Impastato presenta un’istanza per la riapertura dell’inchiesta, accompagnata da una petizione popolare, chiedendo che venga interrogato sul delitto Impastato il nuovo collaboratore della giustizia Salvatore Palazzolo, affiliato alla mafia di Cinisi. Nel marzo del 1996 la madre, il fratello e il Centro Impastato presentano un esposto in cui chiedono di indagare su episodi non chiariti, riguardanti in particolare il comportamento dei carabinieri subito dopo il delitto. Nel giugno del 1996, in seguito alle dichiarazioni di Salvatore Palazzolo, che indica in Badalamenti il mandante dell’omicidio assieme al suo vice Vito Palazzolo, l’inchiesta viene formalmente riaperta. Nel novembre del 1997 viene emesso un ordine di cattura per Badalamenti, incriminato come mandante del delitto. Il 10 marzo 1999 si svolge l’udienza preliminare del processo contro Vito Palazzolo, mentre la posizione di Badalamenti viene stralciata. I familiari, il Centro Impastato, Rifondazione comunista, il Comune di Cinisi e l’Ordine dei giornalisti chiedono di costituirsi parte civile e la loro richiesta viene accolta. Il 23 novembre 1999 Gaetano Badalamenti rinuncia alla udienza preliminare e chiede il giudizio immediato. Nell’udienza del 26 gennaio 2000 la difesa di Vito Palazzolo chiede che si proceda con il rito abbreviato, mentre il processo contro Gaetano Badalamenti si svolgerà con il rito normale e in video-conferenza. Il 4 maggio, nel procedimento contro Palazzolo, e il 21 settembre, nel processo contro Badalamenti, vengono respinte le richieste di costituzione di parte civile del Centro Impastato, di Rifondazione comunista e dell’Ordine dei giornalisti.
Nel 1998 presso la Commissione parlamentare antimafia si è costituito un Comitato sul caso Impastato e il 6 Dicembre 2000 è stata approvata una relazione sulle responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini.
Il 5 marzo 2001 la Corte d’assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole e lo ha condannato a 30 anni di reclusione. L’11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti è stato condannato all’ergastolo. Badalamenti e Palazzolo sono successivamente deceduti.
Il 7 dicembre 2004 è morta Felicia Bartolotta, madre di Peppino.



da http://www.peppinoimpastato.com/biografia.htm

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“Ultima fermata. una storia per Renato” di Zerocalcare ed Erre Push

Proseguono le presentazioni del fumetto “Ultima fermata, Una storia per Renato”di Zerocalcare ed Erre Push.

25 e 26 novembre Berlino
12 novembre Bergamo e Lugano
11 o 18 novembre colle val dell’Elsa
31 ottobre Lucca
13/14/15 ottobre iesi senigallia fano
14 ottobre banchetto e presentazione LOGOS Roma
7 ottobre università Bologna
4 settembre Valdichiana
3 settembre Renoize Roma
22 agosto Brescia
20 agosto Giulianova
9 agosto Lecce
23 luglio Venaus
F15 o 16 luglio bilancione fiumicino
9 luglio Napoli
7/8/9luglio Sassari/Cagliari/Carbonia/
3 luglio ifest Roma
24 giugno festival crack Forte prenestino Roma

Valdichiana 4 settembre 2016

In marcia in nome dell’antifascismo

Partigiani, cittadini, esponenti del mondo politico e di moltissime associazioni hanno sfilato per le strade della cittadina in un corteo pacifico contrassegnato dallo slogan “Valdichiana antifascista da ieri ad pggi per domani”. Poi il comizio in piazza Matteotti, davanti alla sede del municipio per ribadire che la Valdichiana è terra di pace e di solidarietà.

“La manifestazione è nata contro il congresso di CasaPound ma è diventata un appuntamento per dare voce ai tanti che si adoperano per fortificare i valori dell”antifascismo e della partecipazione alla democrazia – ha spiegato Silvia Folchi, presidente dell”Anpi provinciale di Siena -Quegli stessi valori già presenti nella Costituzione che ha bisogno di essere applicata. Ringraziamo le tante associazioni che hanno aderito, i delegati di tutti i comitati Anpi giuntia anche dalle province di Perugia, Firenze e Arezzo”. Alla manifestazione hanno preso parte i rappresentanti di moltissimi Comuni senesi, esponenti del Partito democratico come i deputati Susanna Cenni e Luigi Dallai e i consiglieri regionali Simone Bezzini e Stefano Scaramelli, esponenti del Partito Comunista e del Partito Socialista. Fra le associazioni e i sindacati erano presenti Arci, Arci Gay, Libera, Cgil, Legambiente, Europa senza muri. Durante la manifestazione è stato presentato il libro ”Ultima fermata – una storia per Renato” di Zerocalcare e ErrePush, dedicato a Renato Biagetti ucciso a Roma dai neofascisti nel 2006. Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente della Regione Enrico Rossi: “Non possiamo permettere che l’odio, il razzismo, la xenofobia, l’istigazione alla violenza, tutte idee che stanno alla base di un’ideologia come quella di Casa Pound, possano diffondersi ed avere spazio in una repubblica nata proprio dalla sconfitta di quelle ideei e che quelle idee, nella sua costituzione e nelle sue leggi, mette espressamente al bando – ha scritto Rossi in una nota – Per questo credo che dovremmo fare come la Germania, che vieta le manifestazioni degli estremisti islamofobi e sta decidendo di mettere fuori legge il partito neo nazista”. “Casa Pound – ha scritto ancora Rossi – usa la questione sociale in maniera opportunistica per affermare i suoi valori veri, che sono quelli della xenofobia, dell’antisemitismo, del culto della razza e del nazionalismo esasperato. Un finto solidarismo che prolifera di ambiguità. Per contrastarlo sul terreno politico dobbiamo riappropriarci saldamente dei temi sociali, per non lasciare zone di sofferenza aperte alla penetrazione della propaganda neofascista. Ma credo che dovremmo farlo anche sul terreno della legalità e della costituzione: ci sono leggi dello stato, come la legge Scelba e la legge Mancino, che si occupano espressamente dei reati di fascismo e apologia di fascismo e che vietano la ricostituzione di un partito fascista. Siamo sicuri che questi gruppi stanno agendo entro i limiti della legge? Credo che qualcuno dovrebbe andare a controllare”.

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30 settembre 1976 Walter Rossi – 30 settembre 1974 – La strage del Circeo

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Le inchieste giornalistiche fatte tra i giovani a ridosso di giornate della memoria relative agli eventi delittuosi che maggiormente hanno segnato la storia della repubblica, puntualmente testimoniano gli effetti devastanti di una assoluta mancanza di cura della memoria storica del nostro paese, ma soprattutto dimostrano il successo delle politiche di disinformazione, di rimozione, di revisione attuate negli anni dalla gran parte delle forze politiche e e dalle stesse Istituzioni.

Sappiamo che una gran parte dei giovani non è a conoscenza delle cause, degli autori e delle conseguenze politiche e storiche delle stragi che hanno contrassegnato la storia del nostro paese , che ha visto come unici protagonisti le forze eversive di destra, i gruppi di fascisti di ogni periodo dal dopoguerra ad oggi.

Questo dimostra come la ricerca, la difesa e la trasmissione della verità non vadano mai messe da parte se si vuole garantire alle nuove generazioni quella coscienza necessaria a continuare a chiedere la verità sulla nostra storia

In occasione dell’anniversario dell’assassinio di Walter Rossi per mano dei fascisti con la copertura degli organi di Polizia, vogliamo ribadire che il miglior modo per ricordare i compagni uccisi, non puo essere la sola sfilata commemorativa,che sicuramente scalda i cuori. Il vero modo di celebrare il sacrificio di chi non c’è più ma continuare il racconto della storia degli anni e degli eventi passati insieme al racconto degli eventi attuali per dare una lettura più ampia e più attuale della nostra storia politica e scoiale alle generazioni future.

Il 30 settembre di due anni prima dell’omicidio di Walter Rossi, un altro terribile omicidio per mano di giovani aderenti in vario modo a gruppi fascisti romani. La morte e le lesioni gravissime dopo ore di tortura di Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, in una villa del Circeo. Due anni prima nel 1973, un altro stupro con un evidente indirizzo politico di destra, quello subito da Franca Rame.

“Uno stupratore è sempre un fascista, perché lo stupro è un atto di prevaricazione, di sovradeterminazione, è l’esercizio di potere di chi pensa di disporre dell’altrui vita”. Ancora oggi questa stessa mentalità sottende alle attuali violenze quasi tutte sviluppate nell’ambiente familiare e all’attuale dilagare dei femminicidi. Lo stupro quale atto profondamente fascista (un atto egoista, di soddisfazione del proprio volere, un atto che parte dal non considerare le donne come persone ma solo come oggetti – un atto sessista che per radici culturali è simile al razzismo), a volte rivendicato in anni più recenti come atto politico da parte di partiti neofascisti e nazisti.

Ci sembra di continuare l’azione antifascista eresistente di Walter accostare e ricordare la sua morte con il racconto della resistenza al femminicidio portato avanti con grande determinazione da molte donne e associazioni, sempre più spesso fronteggiando lì atteggiamento di negazione e copertura delle istituzioni, e degli organi polizieschi.

“….Non c’è dibattito sul femminicidio e non ci può essere con chi lo nega, ci sono valori come essere contro il razzismo, contro la pedofilia, essere contro il nazismo e il fascismo, essere contro il femminicidio che in questa nazione sono fondamentali. Non c’è nessuna pluralità di opinione che possa giustificare il sacrificio di tali valori……..(Tania Passa)

Dedicato alla memoria di Walter Rossi, il giovane antifascista romano assassinato dai fascisti con la copertura della polizia, il 30 Settembre di 39 anni fa.
Dedicato a Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, torturate, uccisa l’una e ferita gravemente l’altra, al Circeo il 30 settembre 1975 da tre giovani romani appartenenti alla destra fascista.
Dedicato a Franca Rame, stuprata il 9 marzo 1973 da un gruppo di neofascisti su indicazione di rappresentanti dell’Arma dei carabinieri come testimoniato in processo

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Io non dimentico Renato Biagetti – Renoize 2016

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Renato Biagetti

ionondimentico

Renoize 2016, il festival multidisciplinare in ricordo di Renato Biagetti
By The Parallel Vision on 23 agosto 2016

Sono già passati 10 anni dall’omicidio di Renato Biagetti, il giovane ingegnere di 26 anni che nella notte tra il 26 e il 27 agosto del 2006 a Focene venne ucciso a coltellate da due neofascisti di zona, fuori dallo stabilimento “Buena Onda“.
Da allora, gli amici di Renato organizzato Renoize, il mini festival a lui dedicato che quest’anno si terrà il 27 agosto e dall’1 al 3 settembre. Tantissimi gli artisti che parteciperanno a questa nuova edizione dell’evento commemorativo romano, assieme a tante attività sportive, video, giochi e molto altro.

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– 27 agosto, Focene
Dalle ore 16 sport popolare, antifascista e antirazzista
– Beach Rugby organizzato dagli ALL Reds Rugby Roma
– Beach Soccer antirazzista
– Proiezione della video intervista collettiva a cura di AttriceContro e Daniele Napolitano
– Musica&Sfuocata

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– 1 settembre, Acrobax (Via della Vasca Navale 6, Roma)
Cena etnica a cura di Maki Sapori dal Mondo – Gruppo di cucina autogestito dai richiedenti asilo e dai rifugiati dell’associazione Laboratorio 53
Prima, durante e dopo: concertone dalle ore 18 (possibili piccoli aggiustamenti e aggiornamenti):
SPAM!
KAOS FOR CAUSE
PREMIERE LIGNE
LOS3SALTOS
ADRIANO BONO
BESTIERARE
SIGNOR K.
ASSALTIFRONTALI
99 POSSE

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– 2 settembre, Piazza Damiano Sauli, Roma
Dalle ore 17.00 cultura dal basso con:
Parata antifascista tra le strade di garbatella con il Frente Murguero, Giocolieri, Clown, Circensi, Migranti e Residenti, Street Band.
“Riflettiti“: uno spettacolo di teatro forum a cura dello sportello antiviolenza per donne “Una stanza tutta per sé” e Parteciparte Teatro Dell’Oppresso.
“Giochi senza Frontiere?“: arte di strada e migrazioni a cura della Rete PerformAttiva.
Ape/Rap: aperitivo popolare & musica rap con Emiliano Ill Nano Rapnoize e tant* altr* (in aggiornamento) a sostegno del Canile Autogestito della Muratella e della campagna #iomeneoccupo
Monologo a cura di Slavina
Cabaret antifascista a cura del Laboratorio Metropolitano di Cultura Indipendente
Orchestra, musica e fanfare di piazza con le street band (in aggiornamento)
Fire show con Le Lapille nel loro “L’ora del The”

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– 3 settembre, Parco Schuster, Roma
Dalle ore 18 interventi, fumetti, banchetti e musica con:
Monologo di Attrice Contro – “L’estate finisce sempre così”
EST EST EST
SEAL’D IN VAIN
RANCORE
VEEBLEFETZER
BARACCA SOUND
RADICI NEL CEMENTO
ZION TRAIN LIVE

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Presentazione fumetto “Prossima Fermata – Una Storia per Renato” a cura di Zerocalcare ed Erre Push.

da https://theparallelvision.com/2016/08/23/renoize-2016-il-festival-multidisciplinare-in-ricordo-di-renato-biagetti/<a

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27 agosto 2006 – 27 agosto 2016 Ciao Renà

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In Val Susa ad altissima felicità

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20 luglio – Ancora a Genova per non dimentiCarlo

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Presentazioni e recensioni di “Prossima fermata. Una storia per Renato” di Zerocalcare ed Erre Push

Presentazioni

24 giugno Roma Forte Prenestino. @Crack Festival. Uscita e presentazione del fumetto.
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29 giugno /3 luglio Roma Parco Nomentano iFest Indipendent festival

7 luglio @ cullettivu s’idea libera Sassari

8 luglio @ sa domu Cagliari,

9 luglio @ Carbonia ex miniera serbariu

8 luglio @ festival soccavo Napoli

15 luglio- Milano Baggio Parco delle cave. Festival delle resistenze.

22/23 luglio Val Susa Venaus. Festival Alta Felicità

19 agosto Giulianova

22 agosto Brescia

27 agosto Roma Focene

3 settembre Roma Parco Schuster( basilica di San Paolo)

Recensioni
La politica non c’entra niente
illustrazione

Il 24 giugno 2016, all’interno di Crack! – festival di arte disegnata e stampata, alle ore 21 verrà presentato per la prima volta il fumetto autoprodotto dalla campagna#ionondimentico scritto e disegnato da ERRE PUSH e Zerocalcare e dedicato a Renato Biagetti.
Sono infatti passati 10 anni da quando, nel 2006 a Focene, estrema periferia di Roma, Renato viene ucciso da due giovani neofascisti. Solo perché riconosciuto come diverso: “una zecca” estranea a quel quartiere.
Anni in cui la parola “equidistanza” inizia a essere usata per indicare “opposti estremismi”. Anni in cui emergono con chiarezza alleanze e contiguità tra partiti xenofobi e di destra “istituzionale” al potere, e i gruppuscoli neofascisti lasciati liberi di agire nelle strade. Si diffonde una cultura dell’odio e della violenza contro gli ultimi e i “diversi”, che passa spesso per intimidazioni e aggressioni, non di rado a colpi di coltello. Lame come quelle che hanno ucciso Renato.
Come si legge nella prefazione, firmata da Zeropregi, “ormai il quotidiano è peggio di qualsiasi brutta storia che possa uscire dalla nostra fantasia”. La guerra agli ultimi e ai poveri è all’ordine del giorno, resa possibile grazie a un senso comune intriso di razzismo.
Prossima fermata. Una storia per Renato, di Zerocalcare e ERRE PUSH è un viaggio a fumetti, che va a ritroso nel tempo, lungo questi dieci anni. Per parlare di Renato, di chi non ha mai smesso di raccontare la sua storia e di incrociarne tante altre, perché chi non dimentica continua a lottare.da http://comics.blog.rai.it/2016/06/23/prossima-fermata-una-storia-per-renato-biagetti/

Punti di distribuzione
Questa la lista dei punti distribuzione in cui è possibile trovare il fumetto di ZeroCalcare ed Errepush “Prossima Fermata. Una storia per Renato”, una produzione pensata per i 10 anni dalla morte per mano fascista di Renato Biagetti.
Per info, presentazioni o diventare un nuovo punto di distribuzione
si può scrivere a presentazionionondimentico@gmail.com

Il prezzo di vendita consigliato è di 8 euro.
Libreria indipendente “Piuma di mare” – Via Ostiense, 124 (Rm)
Libreria Alegre – Pigneto, Circonvallazione casilina 72/74 (Rm)
Topaja town – Garbatella, Piazza Albini 13 (Rm)
Libreria indipendente “Colonna 130” – Spazio Grizzly, Via Della Colonna, 130 (Fano, Marche)
Libreria “Anvultura” – Senigallia
Spazio comune autogestito TNT (Jesi)
Book Shop Sherwood Festival (Padova)
Caffe zanardi (Milano, dal 15 Luglio)

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