9 maggio 1978

Peppino Impastato
La verità uccisa due volte

Trent’anni fa l’omicidio del giovane di Cinisi commissionato dal boss Badalamenti
di Enrico Bellaviapeppino_impastato

Era un destino segnato quello di Peppino Impastato. Era nato a Cinisi in una famiglia di mafia. Il marito di sua zia, Cesare Manzella, era un boss di prima grandezza nel firmamento delle coppole. Suo padre, Luigi, aveva un amico che era il numero uno di Cosa nostra, Tano Badalamenti. Ma Peppino “il ribelle”, militante di una sinistra che si componeva e si divideva, alimentando una galassia di sigle, partiti e movimenti, cambiò la sua sorte. E Tano Badalamenti diventò il mandante del suo assassinio.

La fine di Peppino, morto a 30 anni, il 9 maggio del 1978, 5 giorni prima della sua elezione a consigliere comunale di Cinisi nelle liste di Democrazia proletaria, impresse una decisa sterzata al corso della vita di chi gli sopravvisse. Di sua madre, Felicia Bartolotta e di suo fratello Giovanni, come di sua cognata Felicetta. Diventarono i custodi della sua memoria e insieme con Salvo Vitale e Umberto Santino, il fondatore del centro di documentazione antimafia, gli implacabili cacciatori di una verità evidente che in pochi intendevano riconoscere. Gli accusatori dei «Notissimi ignoti». Badalamenti, in primo luogo, il cui nome era stato indicato già dal palco nel primo comizio, tenuto due giorni dopo la scoperta del cadavere.

Ci sono voluti 23 anni perché Peppino Impastato diventasse con bollo di giustizia un morto di mafia. E quell´omicidio un delitto contro la parola. L´assassinio di un giornalista postumo. Perché Peppino fu iscritto all´albo professionale, quando finalmente Badalamenti, nel 1997, fu incriminato. Parlava Peppino. Parlava tanto in una Cinisi muta, sorda e cieca.

Parlava dai palchi improvvisati sui quali rappresentava il suo impegno. Si faceva ascoltare dai microfoni di Radio Aut. Grazie a Salvo Vitale e Guido Orlando è possibile riascoltare la sua voce nelle otto trasmissioni riprodotte nel dvd “Onda Pazza” appena uscito per Nuovi Equilibri con prefazione di Vauro.

Peppino mostrava cosa stavano facendo del suo paese, con l´aeroporto in ampliamento, l´America dei cugini d´oltreoceano sempre più vicina, la droga a fiumi e la speculazione dei signori del cemento alle porte. Faceva nomi e cognomi. Di mafiosi e di politici. Che andavano a braccetto e si facevano fotografare insieme.

Tano Badalamenti, l´11 aprile 2002, fu condannato all´ergastolo per quel delitto ma il 30 aprile 2004, a 80 anni, morì nel centro medico penitenziario Devens Fmc, ad Ayer (Massachusetts): scontava 45 anni per un colossale traffico di droga sulla rotta aerea Usa-Sicilia. Il 5 marzo 2001, Vito Palazzolo, braccio destro di Badalamenti, anche lui amico degli Impastato, aveva rimediato trent´anni.

Felicia Bartolotta lo incrociò nel primo giorno del primo processo. Lo guardò dritto negli occhi e lo costrinse ad abbassare lo sguardo. Gli sibilò con rabbia: «Vergognati».
Il 18 novembre del 1994 il collaboratore di giustizia Salvatore Palazzolo aveva messo a verbale: «Secondo quanto ho appreso dal vice rappresentante della nostra famiglia, Vito Palazzolo, l´omicidio è stato voluto da Gaetano Badalamenti ed eseguito da Francesco Di Trapani e Nino Badalamenti (entrambi morti, ndr)». Tano Badalamenti decise il delitto, onorando a suo modo un patto con Luigi Impastato, il padre di Peppino. Ordinò di liquidare il ragazzo solo quando Luigi, di ritorno da un viaggio in Usa, morì in un misterioso incidente stradale, sul quale, manco a dirlo, non si indagò. Era andato negli Usa a perorare l´intercessione di qualche mammasantissima per avere salva la vita del figlio.

Dopo due archiviazioni (nel 1984 e nel 1992), nell´aprile del 1995, l´indagine era stata riaperta. La famiglia, parte civile con l´avvocato Vincenzo Gervasi. Palazzolo fu il primo a essere condannato. Felicia Bartolotta aveva 85 anni. «Ora – disse – tutti sanno qual è la verità. Ora aspetto la condanna di Badalamenti e poi posso anche morire». Morì il 10 dicembre 2004 a 88 anni. Ripeteva: «Anche gli insetti se lo sono mangiati mio figlio. Che ci vado a fare al cimitero? Lì non c´è. Solo un sacchetto, questo mi hanno lasciato». Qualche anno prima l´avevano ricoverata in coma. Scoprirono che aveva due ematomi alla testa.

Spiegò: «Mi mettevo davanti alla foto di Peppino e mi davo pugni in testa fino a stonarmi».

Peppino lo fecero a pezzi sui binari della ferrovia di Cinisi nella notte tra l´8 e il 9 maggio del 1978. Lo misero sulle rotaie quando era già stordito, adagiarono il corpo su una carica di tritolo e fecero brillare l´esplosivo. Poi, per 23 anni, provarono a seppellirne il ricordo sotto una montagna di falsi e calunnie per una ricostruzione di comodo che lo voleva alternativamente suicida o saltato per aria maneggiando l´esplosivo. Trenta chili di resti su 300 metri.

La notizia della sua morte giunse nel giorno del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro. Nel cono d´ombra di una tragedia nazionale la fine di Peppino era una nota a margine in un´Italia squassata dal terrorismo. Non per chi quel ragazzo esile ma dotato di un´energia contagiosa aveva conosciuto. Erano stati lì gli amici di Peppino. Erano alla ferrovia a tentare di avvicinarsi alla scena del delitto. I carabinieri, coordinava il maggiore, futuro generale, Antonio Subranni, tenevano a distanza solo loro. Poi andarono a perquisirgli le case. Nell´appartamento della zia, Fara Bartolotta, dove Peppino viveva, trovarono anche un frammento di diario. Era del novembre del 1977. C´era l´amarezza di un attivista che non conosceva il limite tra privato e politico. Bastò quella lettera per la tesi del suicidio.
«Era tutto pianificato», raccontò all´Antimafia l´allora commissario della Digos, Alfonso Vella, arrivato a Cinisi quando i carabinieri stavano già smobilitando.

C´era da stabilire l´ora in cui Impastato era ancora vivo su quei binari. Sarebbe stato interessante sentire la casellante di turno fino alle 22 dell´8 maggio del 1978. Si chiamava Provvidenza Vitale. Nessuno la cercò. E c´era la «lettera d´addio» trovata da Carmelo Canale, aggregato a Cinisi in quei giorni in una stazione che aveva una unità in sovrannumero. Il necroforo comunale però si ricordava di un brigadiere che gli disse di cercare una chiave tra i cespugli. Liborio, così veniva chiamato, di chiavi ne trovò tre ma non andavano bene. Il brigadiere gli disse di cercare ancora, poi quella chiave la trovò lui. Apriva Radio Aut. Era proprio quella che Impastato teneva sempre nella tasca dei pantaloni. Non era né annerita, né piegata dall´esplosione. Scherzi di un ordigno che risparmia anche gli occhiali della vittima e ne dilania il cranio.

L´esplosivo era esplosivo da cava. Non fu esaminato. E non furono rilevate impronte sulla macchina di Impastato. Contro ogni evidenza era suicidio o attentato. Tutto, fuorché mafia. Tutto contro gli indizi che invece gli amici di Peppino, con gli avvocati Turi Lombardo e Michelangelo Di Napoli, avevano raccolto. Trovarono, ad esempio, una pietra rossa insanguinata nel casotto di fianco ai binari della ferrovia. Fu lì che gli assassini colpirono Peppino.

«Era sangue mestruale», tagliarono corto i carabinieri. Era sangue zero negativo, gruppo raro, lo stesso di quello di Peppino accertò Ideale Del Carpio. E sangue dello stesso gruppo trovarono i periti Caruso e Procaccianti su una pietra di quel rudere. Ma la casa non c´è neppure nello scarno fascicolo fotografico rimasto agli atti.

Il compendio di quel che accadde sta in un libro di Umberto Santino che non a caso si intitola “L´assassinio e il depistaggio”.

Felicia Bartolotta raccontò la sua storia in un libro di Umberto Santino e Anna Puglisi, dal titolo “La mafia in casa mia”.

La sua diventò una sorta di museo. E quando con il film “I Cento passi” di Marco Tullio Giordana la storia di Peppino diventò conosciuta al grande pubblico, le visite si moltiplicarono. «State attenti, occhi aperti, il futuro siete voi», ripeteva a tutti Felicia. 9 maggio 2008

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25 Aprile 2016 – Io non dimentico

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La presenza di Stefania su questo palco nasce dal riconoscimento di una verità terribile: che il fascismo uccide ancora.
Dieci anni senza Renato, ma anche 13 anni senza Dax ucciso dai fascisti a Milano, 3 anni senza Clement ucciso a Parigi e Pavlos ucciso ad Atene , 8 anni senza Nicola Tommasoli a Verona, 9 anni senza Carlos ucciso a Madrid, quasi 40 anni senza Walter Rossi, Roberto Scialabba, Fausto e Iaio, Valerio Verbano.
71 anni in cui abbiamo visto rinascere il fascismo nel nostro paese, tessere strategie della tensione compiere stragi, penetrare negli organi istituzionali, godere di coperture, utilizzare le tensioni sociali per trovare un terreno di crescita, diffondere tra le persone, il senso di paura, l’odio verso chi è diverso, il razzismo. I gruppi fascisti oggi in italia e in Europa stanno conquistando le strade , i territori, ma anche l’anima delle persone.
E’ stato consentito equiparare la Resistenza alla difesa della repubblica di Salo. E’ come quando hanno detto che la morte di Renato era avvenuta in una rissa tra balordi. Lo scontro tra fascismo e antifascismo non è uno scontro tra bande. E la lotta tra i valori della vita e della libertà contro i valori dell’odio e della morte.13082779_10207823628141798_961576387941036188_n
Gli antifascisti e i partigiani di ieri lottavano per un mondo migliore, per  conquistare diritti negati con violenza carcere e torture.  Gli antifascisti e i partigiani di oggi lottano ancora per un mondo migliore, dove non ci sia sfruttamento sul lavoro, dove non ci sia nessun razzismo, dove non ci siano abusi e violenze.
E’ un onore per noi essere qui insieme ai nostri partigiani.
E’ un onore essere qui per noi  figli di donne e di uomini che incessantemente, coraggiosamente, quotidianamente  hanno praticato l’antifascismo, sui posti di lavoro, nelle scuole, aiutando, anche a rischio della propria vita le vittime del razzismo di allora. Gli antifascisti di oggi, hanno  ancora  il dovere di  difendere chi scappa dalle guerre, chi è sfruttato ancora come schiavo, chi lotta per ottenere i diritti essenziali, la casa e il lavoro, i beni comuni,  con quello spirito di solidarietà internazionale  che ha animato l’antifascismo di ieri.
Ma forse è sbagliato parlare di antifascismo di ieri e di oggi. L’antifascismo è uno. Parte dalle nostre madri e dai nostri padri e attraverso la memoria collettiva, il racconto a più voci della nostra storia e delle nostre lotte, giunge fino ad oggi ai nostri figli, a quegli studenti medi che incontriamo nelle scuole per raccontare la storia della Resistenza, la storia di Renato e delle altre giovani vittime del fascismo in questi anni. Parte da quei ragazzi di 16 anni che settantun’anni fa scelsero di schierarsi contro il nazifascismo, anche a costo della loro vita e prosegue nel futuro con i ragazzi che ancora scendono in piazza il 25 Aprile.
Noi abbiamo una grande responsabilità di fornte a questi ragazzi. Dieci anni fa, sessant’anni dopo la liberazione proprio due ragazzi di 17 e 18 anni, con le croci celtiche tatuate sul braccio,  alimentati alla scuola dell’odio e dell’intolleranza , hanno ucciso Renato con 8 coltellate chiamandolo zecca comunista.
E’ attraverso questi ragazzi di 16 anni quelli che 71 anni fa scelsero di schierarsi contro l’oppressione del nazifascismo, scelsero da che parte stare, a costo anche della loro vita, e i ragazzi che incontriamo oggi e che sono qui in questa piazza (speriamo!!)che l’antifascismo si proietta nel futuro del nostro paese.13055425_10207823629101822_3732717265419522819_n
Come madri infine vogliamo dire che insieme a noi su questo palco c’è anche Carla Verbano una madre resistente che fino al suo ultimo respiro ha chiesto giustizia per Valerio ammazzato dai fascisti nell’80, un delitto rimasto impunito.
Vi ringraziamo ancora per averci voluto qui insieme a voi.Continueremo a resistere insieme perchè nessuna debba più morire per mano fascista.
Madri per Roma Città Aperta

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Insieme al popolo curdo il 25 Aprile

Per le resistenze di ieri e di oggi, celebriamo il 25 aprile!
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Quest’anno celebreremo insieme ai compagni e alle compagne italiane il 25 aprile, festa della Liberazione dal nazi-fascismo e della resistenza.
Proprio come i partigiani e le partigiane di allora, oggi i curdi si difendono dagli attacchi fascisti di Daesh in Siria e Iraq, dalla distruzione delle loro città in Turchia, dove con la scusa della lotta al terrorismo lo stato turco negli ultimi mesi ha massacrato in modo atroce centinaia di civili e raso al suolo intere città. Ma i curdi si difendono anche dalla repressione del dissenso, meno visibile ma altrettanto, dura in Iran, dove si procede a colpi di condanne a morte contro curdi e oppositori.
In questi mesi state create unità di difesa popolari nelle città curde e non più solo nelle montagne. Queste unità hanno molto in comune con i gruppi di azione partigiana che operavano in molte città italiane verso la fine della seconda guerra mondiale. Il popolo le sostiene queste unità e si sente protetto da loro, anche se purtroppo sta pagando un caro prezzo per via della pesante repressione del governo turco.
Il nemico di ieri in Italia e in Europa si chiamava fascismo e nazismo; ma anche quella parte di popolazione che ha sostenuto questi governi totalitari e ne ha condiviso obiettivi e atrocità. Anche oggi da noi, in Medio Oriente, e specialmente in Turchia, l’esercito non è l’unico nemico del popolo curdo: si è di fronte a una società – quella turca – sottoposta a continue spinte verso l’intolleranza contro le minoranze, per affermare che in Turchia c’è “un solo stato, un solo popolo (quello turco), una sola lingua, una solo bandiera”.
Il progetto dei criminali del Daesh è simile: nessuna tolleranza verso chi non è come loro, disprezzo della diversità e pratica del genocidio. Quindi è ancora fascismo e nazismo.
Oggi come ieri è necessaria l’autodifesa. Serve una grande mobilitazione antifascista e a sostegno degli altri popoli nei confronti dei popoli oppressi. Occorre una partecipazione popolare che vada oltre gli interessi cinici degli stati e che sappia agire concretamente ogni giorno per liberare spazi e sottrarli al fascismo, in Italia come in Kurdistan. Siamo tutti parte della stessa lotta e siamo dalla parte giusta. Siamo quindi con tutti i popolo resistenti che amano la libertà e lottano contro fascismo di ogni suo genere.

Viva la resistenza!

Viva il 25 aprile!

Viva l’antifascismo e viva il Kurdistan!

Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia -UIKI onlus

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Provocazione fascista a Brescia

ENNESIMA PROVOCAZIONE FASCISTA AL CENTRO SOCIALE 28 MAGGIO

Denunciamo l’ennesima provocazione dei soliti noti fascisti che hanno scritto frasi ingiuriose sui muri del Centro Sociale. Ci piange il cuore dover profanare la memoria della Resistenza riferendovi ciò che hanno scritto a caratteri cubitali: “PARTIGIANO SENZA ONORE, ONORE AI CADUTI DELLA R.S.I.” firmato con due croci celtiche e poi “VIA DALLA MIA CITTÀ” firmato con la doppia S nazista.
In questi giorni di avvicinamento al 25 aprile, nel 71° anniversario della Liberazione della nostra Repubblica dal cancro nazi-fascista, è ancora più duro comunicarvi questo fatto indegno.
Solo pochi giorni fa abbiamo espresso la nostra piena e accorata solidarietà a due sindacalisti della Fiom, vittime di una squallida aggressione fascista davanti ai cancelli dell’Iveco. Lo continuiamo a ripetere: la sconcertante situazione che si è venuta a creare è il paradigma ormai conclamato da tempo dell’avanzata delle destre fasciste, populiste, qualunquiste, razziste che ammorbano la città di Brescia e la sua provincia.
Il Centro Sociale è da tempo sotto attacco: il 10 febbraio di quest’anno, dunque solo due mesi fa, in maniera provocatoria i fasci locali hanno affisso sulla nostra porta due volantini di indizione di due loro vergognose iniziative sulle foibe che si sono tenute una a Brescia il 10 febbraio 2016, organizzata dal gruppo di fascisti di Brescia Identitaria con fiaccolata in onore dei martiri del comunismo e una l’11 febbraio nel salone del pianoforte del comune di Rovato, evento voluto e finanziato dall’Amministrazione comunale rovatese.
Per rispondere alla provocazione e per ristabilire la verità storica abbiamo risposto organizzando una serata, molto ben riuscita, con le due storiche Alessandra Kersevan e Claudia Cernigoi, in quell’occasione i fascisti hanno lanciato un bengala nello spazio antistante l’entrata del Centro Sociale. L’ennesimo messaggio minaccioso nei nostri confronti.
Solo il 12 marzo è stata respinta un’aggressione fascista premeditata al circolo di Radio Onda d’urto a Brescia, dove una ventina di fascisti hanno tentato di aggredire le compagne e i compagni che lì si trovavano a passare la serata. Una ragazza è stata ferita e ha avuto bisogno di ambulanza e cure mediche.
Senza contare le minacciose scritte nazifasciste che hanno imbrattato Villa Carcina il 20 febbraio 2016. Queste scritte sono state la risposta alla raccolta di firme “per la messa fuori legge di tutte le organizzazioni neofasciste e neonaziste” promossa a livello regionale dal Comitato antifascista lombardo e avviata a livello locale proprio quel mattino dal Circolo di Rifondazione comunista e dal Coordinamento antifascista e antirazzista della Valtrompia. Le firme chiedono“l’immediato scioglimento di tutte le organizzazioni neofasciste e neonaziste, da Forza nuova a Casa Pound e consimili” in quanto “la volontà da parte di dette formazioni di ricostituire nel presente il partito fascista, contravvenendo alla legge, è un dato inconfutabile”. Tanto più considerando il fatto che da otto mesi i compagni/e si mobilitano in difesa dei richiedenti asilo di San Colombano, vittime anch’essi della perdurante reazione xenofoba e del razzismo istituzionale.
Insieme a Rifondazione Comunista e ai cittadini per la Costituzione di San Vigilio abbiamo prodotto un dossier di denuncia dal titolo “BRESCIA IN FONDO A DESTRA” Politiche dell’odio nei periodi di crisi. Per l’attuazione della XII disposizione finale della Costituzione. Questo documento consegnato al Prefetto di Brescia, al Questore e ai sindaci di Brescia, Concesio e Lumezzane, contiene una denuncia argomentata e documentata delle nefaste azioni di questi gruppuscoli dal 2005 al 2013, e chiede l’immediata chiusura “senza se e senza ma” di tutti i luoghi di aggregazione di queste organizzazioni nazifasciste. Dobbiamo continuamente aggiornarlo perché le loro nefaste azioni si fanno sempre più provocatorie, e le istituzioni sono sempre più latitanti e non reagiscono all’avanzata di queste forze oscurantiste, autoritarie, violente e xenofobe.
Il Centro Sociale 28 maggio nasce come presidio Antifascista e Comunista in terra fascio-leghista, e da quando esiste è sotto attacco, le minacce sono continue e sono la riprova dell’importanza della sua presenza sul territorio.
Rimarchiamo con forza l’esigenza di non rendere vano il sacrificio dei partigiani martiri della Resistenza, attraverso il rispetto e l’attuazione del Dettato Costituzionale che viene costantemente tradito dai governi reazionari che si sono succeduti negli ultimi anni.
Concludiamo con una frase straordinariamente profetica di Antonio Gramsci tratta da “L’Ordine Nuovo” 26 aprile 1921

Il fascismo si è presentato come l’anti-partito, ha aperto le porte a tutti i candidati, ha dato modo a una moltitudine incomposta di coprire con una vernice di idealità politiche vaghe e nebulose lo straripare selvaggio delle passioni, degli odi, dei desideri. Il fascismo è divenuto così un fatto di costume, si è identificato con la psicologia antisociale di alcuni strati del popolo italiano.

23 aprile 2016 le Compagne e i Compagni del Centro Sociale 28 maggiofascistiEfogne

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Achtung Banditen 2016 – Il cuore antifascista batte nelle vene della metropoli

Più di seimila persone hanno contribuito al successo dell’Achtung Banditen 2016, un vero e proprio evento ormai inserito nell’immaginario antifascista metropolitano. Avremo modo in seguito di tirare le somme politiche ed economiche del festival che, per chi se lo fosse dimenticato, garantisce a tanti compagni, del nostro collettivo e non solo, la difesa nei processi politici che segnano la nostra militanza quotidiana. La lotta ha un costo che chi non fa politica (o la fa nei canali istituzionali finanziati pubblicamente), difficilmente può intuire. Oggi però vogliamo ringraziare tutti quelli che hanno costruito il successo della due giorni, organizzata, come l’anno scorso, insieme ai compagni di Sapienza Clandestina e del Progetto Degage, che hanno dato come sempre un contributo decisivo alla riuscita dell’iniziativa. Cominciando dagli artisti, che hanno suonato tutti a prezzo politico, cosa ormai rara nel panorama musicale anche legato al movimento. Ringraziamo la Palestra Popolare San Lorenzo, la nostra palestra, che da vent’anni resiste contro fascismi e repressione. La riunione ufficiale di pugilato è stata possibile grazie alla partecipazione delle palestre popolari romane, dalla Indipendente del Cinodromo alla Palestra Popolare del Quadraro, alla Revolution Boxe dei nostri fratelli Lorenzo Catalano ed Eleonora Nero, nonchè Valerio Monti – coach del campione italiano e sfidante al titolo EU Superwelter Emanuele Della Rosa. Ci sembra doveroso ringraziare anche la Federazione pugilistica italiana, che non si è fatta alcun problema ad autorizzare la riunione all’interno di un festival antifascista, dimostrando una volta di più la natura popolare e proletaria della boxe. 13043210_1064403646950110_9109754305543696819_n
Alla giornata di sport popolare ha partecipato anche l’Atletico San Lorenzo, prima squadra popolare del quartiere. Ringraziamo le Madri per Roma città aperta per aver partecipato ai dibattiti, per aver allestito il proprio banchetto, per il solo fatto di esistere e di resistere senza cedimenti alla pacificazione a-fascista galoppante nelle istituzioni e nella società. Un contributo importante ai dibattiti della prima giornata è stato dato dal Collettivo antifascista Paris Banlieue, nostri compagni di viaggio da tempo, con cui abbiamo provato a ragionare di periferie meticce, di precariato migrante, di organizzazione politica nelle banlieue, insieme anche ai compagni di Francoforte in prima linea nella lotta antifascista contro Pegida e le diverse facce del neonazismo tedesco. Una menzione speciale va fatta per i compagni del Sally Brown, per tutto ciò che rappresenta il pub nella storia della Roma antifascista, e in particolare per aver gestito la cucina del festival. Ringraziamo anche tutti i compagni che nelle due giornate hanno contribuito coi banchetti, da Acad – l’associazione contro gli abusi in divisa, alla casa editrice Red Star press, agli All Reds rugby Roma. La presenza ad un evento come questo è sempre una scelta politica: non ci si guadagna, non ci si promuove, si da il proprio contributo militante e la propria solidarietà antifascista, e questi compagni lo hanno dimostrato una volta di più. E infine, ringraziamo tutti quei compagni che si sono fatti il culo senza chiedere niente in cambio. L’università La Sapienza è uno straordinario luogo simbolico e scenografico, ma organizzare un evento politico-musicale di tale portata in uno spazio non adatto a questo, ri-plasmando da zero tutto l’ambiente circostante, è operazione titanica prodotta solo dal sudore dei compagni. Dall’elettricità alle cucine, dalla costruzione dei palchi all’amplificazione, dai bar alla gestione dell’ingresso, dai ring ai campi di basket e calcetto, tutto è stato in qualche modo costruito, montato e smontato per l’occasione. Sarebbe troppo lungo, davvero – senza retorica – proseguire nei ringraziamenti. L’anno politico continua, l’Achtung Banditen Fest da appuntamento al 2017, con i compagni uccisi o in carcere nel cuore.

Bisogna piangere i sogni per capire – che l’ultima giustizia borghese si è spenta.

da http://www.militant-blog.org/

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25 Aprile a Roma. Ieri partigiani, oggi antifascisti

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Lunedì prossimo, 25 aprile 2016, cade il 71esimo anniversario della festa di Liberazione dalle truppe nazi-fasciste. Come ogni anno, praticamente in tutte le zone d’Italia, sono molte le iniziative, ufficiali e non, in programma per ricordare questo importante avvenimento.
Ecco alcuni eventi in programma, per l’intera giornata del 25, nella capitale.
Si inizia la sera di domenica, 24 aprile, quando, presso L.O.A. Acrobax, è in programma, dalle ore 19, un “Cabaret Antifascista”. L’iniziativa rientra nella campagna “ Io Non Dimentico” in ricordo di Renato Biagetti a 10 anni dalla morte. Tramite questo spettacolo si cercherà di affrontare in chiave goliardica la tematica del vecchio e nuovo fascismo: gli artisti sul palco, tenteranno, con l’aiuto del pubblico di resistere a varie violenze grazie, semplicemente, alla libera espressione e alla risata.
Alle ore 10:00 di lunedì 25 aprile, con concentramento al Colosseo, partirà il tradizionale corteo dell’ANPI ( Associazione Nazionale Partigiani Italiani) e di tutte quelle sigle che, in un modo o nell’altro, hanno dato il loro contributo durante la guerra contro le truppe nazi-fasciste. Assieme ai partigiani sfileranno anche tutte quelle realtà che, oggigiorno, portano avanti una qualche forma di resistenza: dai comitati di lotta per la casa, alle varie realtà sociali capitoline per arrivare al popolo curdo e a quello palestinese che, da un po’ di tempo, cercano di ritagliarsi un loro spazio in determinate zone dell’area mediorientale.
La manifestazione si dirigerà, come sempre, presso Porta San Paolo: uno dei luoghi simbolo della resistenza romana dove, nei giorni vicini all’8 settembre 1943, gli antifascisti romani opposero una feroce resistenza per impedire l’entrata degli eserciti di Hitler nella capitale italiana. Dopo la tappa a Porta San Paolo ci si muoverà verso il ” Ponte di Ferro” sulla via Ostiense per rendere omaggio alle dieci donne fucilate, nell’aprile 1944, come rappresaglia dopo l’assalto al locale forno Tesei. La mattina terminerà, infine, presso il centro culturale pro-curdo dell’Ararat, uno dei numerosi luoghi “alternativi” della capitale a rischio sgombero, dove si terrà un pranzo sociale.
Al parco degli Acquedotti invece, grazie alla volontà del vicino centro sociale Spartaco, vi sarà un’intera giornata di festa in occasione della ricorrenza della Liberazione. Dalle ore 10:00 alle 19:30, in uno dei più belli e grandi spazi verdi di Roma, si avrà la possibilità di divertirsi e informarsi su ciò che fu veramente la lotta partigiana grazie a dibattiti, stand informativi, attività sportive, dj set e musica dal vivo.
Anche a Casalbertone, altra zona simbolo della Resistenza romana, sono in programma numerosi eventi per festeggiare questo 25 aprile. Nella piazza di Santa Maria Consolatrice, infatti, la locale sede dell’ANPI ha deciso di commemorare i partigiani di ieri con un occhio attento anche alle varie resistenze di oggi, ad esempio quelle che si combattono tuttora a Idomeni, in Palestina e nella zona di Kobane. Dalle 9 di mattina cominceranno numerose iniziative ludiche per i bambini. Dopo il pranzo sociale, invece, prenderanno il via differenti selezioni musicali, tra cui quella di Ice One, che dureranno fino al tardo pomeriggio quando partirà la cosiddetta “Parata della Memoria” che toccherà i luoghi più significativi della resistenza a Casalbertone. La sera, dopo la cena sociale in piazza ci sarà la proiezione del documentario “ Lampedusa, 3 ottobre 2013: i giorni della tragedia”.
Ad aprire il programma delle commemorazioni a Casalbertone sarà un spettacolo che si terrà oggi, venerdì 22 aprile 2016, presso lo spazio autogestito “Strike”. L’evento, intitolato “Partizan Let’s Go” è realizzato dalla compagnia “Margine Operativo” e comincerà alle ore 22:00.
Al Parco dell’Aniene, vicino al Brancaleone, si svolgerà l’evento “ Travolti dal reggae sull’erba e tra i fiori di fine aprile”. A partire dalle 12 si alterneranno al sound system, che per l’occasione verrà montato nel grande prato a due passi da Piazza Sempione, varie realtà reggae capitoline che fino a tarda sera vi faranno festeggiare questo 25 aprile al suono di molte reggae vibes.
Al quartiere Pigneto, invece, la giornata della Liberazione verrà celebrata con una serie di iniziative culturali, organizzate grazie anche all’aiuto del vicino centro sociale Ex Snia. Dalle ore 12, nella piazza Persiani Nuccitelli con ingresso da via Mariano da Sarno, verranno presentati numerosi libri sulla resistenza partigiana e si svolgeranno anche degli spettacoli teatrali sul medesimo tema. Inoltre ci sarà una passeggiata storica della Liberazione, intitolata “ Pigneto ’44- Ribelli” a cui prenderanno parte anche alcuni ex partigiani. La sera, infine spazio alla musica, coi concerti del gruppo “ Lo Zoo di Berlino” e di “ Sandro Joyeux”.
In chiusura, presso il centro sociale Villaggio Globale, dalle ore 18, ci sarà il concerto di due storiche band militanti italiane: la Banda Bassotti e i 99 Posse; questi ultimi, in tale occasione, presenteranno il loro nuovo disco “ Il Tempo, Le Parole, Il Suono” . Prima di loro sul palco saliranno, per far ballare il pubblico presente, numerosi gruppi tra cui i Maleducazione Alcoolica e i Baracca Sound. L’ingresso costa 6 euro e, oltre alla musica, saranno proiettati vari video, proiezioni e mostre sul tema dell’antifascismo.

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Ci sono varie forme di resistenza

“Ci sono varie forme di resistenza, c’è una resistenza armata – male armata, che cerca di contrapporsi all’occupazione israeliana, all’assedio, e c’è un altro tipo di resistenza, la resistenza dei pescatori così come quella dei contadini, una resistenza civile, non armata, che chiede soltanto diritti umani e libertà.“

“Durante i giorni del massacro “Piombo fuso” ho avuto una visione chiara, netta, di cosa significa resistenza, i palestinesi me ne hanno insegnato il significato. In quei terrificanti giorni la resistenza era rappresentata soprattutto dai medici e dai paramedici sulle ambulanze“.

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03/05/2009

“Dietro il milite delle Brigate nere più onesto, più in buonafede, più idealista, c’erano i rastrellamenti, le operazioni di sterminio, le camere di tortura, le deportazioni e l’Olocausto;
dietro il partigiano più ignaro, più ladro, più spietato, c’era la lotta per una società pacifica e democratica, ragionevolmente giusta, se non proprio giusta in senso assoluto, ché di queste non ce ne sono.” (Italo Calvino)

Curioso a Gaza,
festeggiare il primo maggio marciando dal centro città verso un parlamento ridotto in macerie dai bombardamenti, dentro la foresta mobile di bandiere rosse dei partiti politici di sinistra palestinesi,
festeggiare i lavoratori su di una terra dove il tasso di disoccupazione, a causa dell’assedio israeliano, raggiunge il 70% circa.
Un primo maggio vissuto con forti connotazioni da 25 aprile.

Vedere per credere:
Qui il lavoro non è infatti inteso solo come sopravvivenza,
ma vera e propria forma di Resistenza.
Andare a coltivare i loro campi vicino al confine, per i contadini palestinesi a est di Khan Younis (ultimo ferito dai cecchini israeliani giusto ieri) significa rivendicare la legittima terra, l’identità, Il diritto all’autodeterminazione. In poche parole Resistenza, un 25 aprile che per il popolo palestinese si consuma ogni dannato giorno.
Il 25 aprile l’abbiamo onorato così a Gaza,
a dispetto di chi in Italia vorrebbe depennare questa data dal calendario,
o peggio, se penso al governo attualmente in carica, farne una festa di tutti (il 25 aprile non è la festa di tutti, ma solo di quegli italiani che si riconoscono fedelmente nei valori della Resistenza e nel sacrificio dei partigiani caduti per la nostra libertà. Non certo la festa di quelli che fino all’altro ieri si facevano vanto di esser fascisti e sputavano sulle tombe dei nostri nonni resistenti morti, e che oggi non vedono l’ora di smantellare la Costituzione).
pescatori1

Oltre la Restistenza armata malearmata,
ci sono altra varie forme di Resistenza in Palestina,
quelle dei contadini che vengono uccisi per un mazzo di prezzemolo,
dei pescatori continuamente attaccati dalla marina israeliana a poche miglia dalla costa,
dei paramedici colpiti dall’artiglieria sulle loro ambulanze,
dei giornalisti martiri nello svolgimento del loro dovere.
Forme di Resistenza civile e non violenta che abbracciamo e sosteniamo noi internazionali qui a Gaza,
io con un occhio in Italia e a quelle tombe di partigiani morti.
Lapidi che mi hanno insegnato a non inginocchiarmi dinnanzi alla tirannia,
fascista o sionista che sia.

Restiamo Umani
ViK
Oliva

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19 aprile 2011 – Vittorio Arrigoni viene ucciso a Gaza

“Chi è stato a ucciderlo lo sappiamo con certezza, ma il perché non lo sappiamo e forse non lo sapremo mai”. Lo dice con grande dignità Egidia Beretta, che poi, quasi a voler scacciare sentimenti bassi, ricorda il mantra del figlio: “Restiamo umani”

Il ricordo di Vittorio Arrigoni, attivista e pacifista, rapito e ucciso a Gaza cinque anni fa di Stefano Corradino

Sono trascorsi cinque anni dal 15 aprile 2011, il giorno in cui il giovane Vittorio Arrigoni, giornalista, attivista e pacifista è stato ucciso a Gaza in seguito al rapimento avvenuto il giorno prima per mano di un gruppo terrorista legato all’area jihadista salafita. Cinque anni che tuttavia non sono stati sufficienti a spiegare fino in fondo le ragioni del sequestro e dell’assassinio. Lo ribadisce a Rainews la madre di Vittorio, Egidia Beretta, che abbiamo incontrato nella sua abitazione a Bulciago, in provincia di Lecco e che conserva intatti tutti i ricordi del figlio Vik, come lo chiamavano gli amici. Lì ci sono ancora i libri, i dischi, tutto quello che amava e una parte dei tanti riconoscimenti che ha ricevuto. “Chi è stato ad ucciderlo lo sappiamo con certezza – ci dice la madre – perché due degli assassini sono stati a loro volta uccisi in uno scontro con la polizia di Hamas che li stava cercando. Gli altri, i fiancheggiatori e coloro che hanno contribuito al rapimento di Vittorio sono stati processati e condannati. Ma il perché non lo sappiamo e forse non lo sapremo mai. Le motivazioni che ci sono state date ci sono apparse sempre molto futili…” Non era la prima volta che Vittorio Arrigoni subiva delle minacce ed era già stato picchiato brutalmente dall’esercito israeliano. Ma questo non lo ha mai spinto a fare un passo indietro. “Era talmente convinto di battersi nel giusto in questa difficile causa del popolo palestinese – sottolinea a Rainews la madre Egidia che non ha mai arretrato un momento. Vittorio era una persona molto coerente e coraggiosa. Una volta scelto da che parte stare non ha mai abbandonato questa strada. “Restiamo umani” era la sua frase ricorrente, il suo mantra. Lo ripeteva continuamente. “Era sopratutto un invito che rivolgeva a sé stesso” ci spiega la madre. Era la sua parola profetica. Vittorio non credeva nei confini e nelle barriere ma ribadiva che tutti apparteniamo alla stessa famiglia umana”. In queste ultimi giorni la madre di Vittorio ha rivolto un messaggio a distanza alla madre di Giulio Regeni, per testimoniarle la sua vicinanza. “Ho apprezzato molto la sua determinazione nel voler arrivare a conoscere la verità fino in fondo e quella nei confronti delle istituzioni italiane alle quali ha chiesto più volte di prendere una posizione chiara. Ci accomuna il dolore di aver persone un figlio in quel modo. Vittorio non ha subìto le torture di Giulio ma penso che entrambi i ragazzi la loro mamma l’abbiano chiamata più volte in quei giorni tragici…” Per il 16 aprile il Centro per gli scambi culturali di Gaza ha organizzato un’intera giornata per Vik con i tanti ragazzi, i pescatori, i contadini e tutte le persone che Vittorio ha aiutato e difeso e che ha molto amato. E il cui amore è stato ricambiato. E il 24 aprile parenti e amici lo ricorderanno per il quarto anno a Bulciago, il suo paese natale. Fiorella Mannoia sarà “una voce per Vik” e leggerà alcuni dei suoi testi. Vittorio Arrigoni non è e non sarà dimenticato. –
Bulciago (Lecco) 15 aprile 2016

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Verso il 25 aprile – Diritto di Resistenza

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16 marzo – Dax resiste

Marzo 2003 – Marzo 2016: Chi lotta non muore mai
Dedichiamo questo tredicesimo anniversario a Renato Biagetti, ucciso Il 27 agosto del 2006 a Focene. Erano passati poco più di tre anni dall’omicidio fascista di Dax e dagli scontri all’ospedale San Paolo, l’O.r.so. non era ancora stato sgomberato. La notizia che la mano assassina dei fascisti aveva colpito ancora, ci arriva come uno schiaffo. Un altro ragazzo ucciso, un’altra famiglia in lutto, altri fratelli e sorelle travolti dal dolore. Partecipiamo collettivamente ai funerali e alle iniziative, portando la nostra solidarietà umana e politica. In quei giorni abbiamo allacciato dei legami fraterni e, oggi come ieri, il ricordo di Dax si unisce a quello di Renato. Dieci anni fa abbiamo usato queste parole:
“Dax era un militante antifascista e, insieme ad altri compagni, è stato riconosciuto come tale e quindi colpito. Al contrario Renato non era un attivista politico, solo si è trovato “nel luogo sbagliato”, al posto suo ci poteva essere chiunque dei partecipanti a quella festa. Gli assassini di Renato hanno colpito in un ipotetico mucchio, identificato come “diverso” o “zecca”, quindi nemico. (…) Il 16 marzo 2003 il nostro dramma sembrava essere un episodio isolato, un ritorno improvviso agli “anni di piombo”. L’assassinio di Renato, invece, appare più come il prodotto dell’escalation di violenza squadrista che la destra nazifascista ha saputo alimentare attraverso incendi, accoltellamenti e aggressioni contro compagni, migranti, centri sociali e sedi politiche, (…). Ci stringiamo attorno alla famiglia, agli amici e ai compagni di Renato, il nostro impegno e la nostra determinazione a mobilitarsi e a rispondere perché nessuno si trovi più costretto a piangere un amico, un fratello, un compagno, strappato alla vita.”
Purtroppo dopo Renato ci sono state altre morti, come quella di Nicola Tommasoli o Abba, uccisi dal fascismo e dal razzismo. Tra gli episodi d’intimidazione o aggressione più recenti ricordiamo il pestaggio di Emilio a Cremona poco più di un anno fa e i gravissimi fatti di Napoli. Allarmante è stata la notizia che il 22 febbraio un gruppo di hammerskin di Lealtà Azione ha scorrazzato e minacciato gli studenti all’interno dell’Università Statale di Milano. Qui, come in tutta Europa, si assiste a una crescita degli spazi di agibilità della destra radicale, che penetra sia nei territori che nelle istituzioni, e a una difficoltà nel contenerne l’espansione da parte dei movimenti antifascisti.
In questo senso prendiamo atto che anche quest’anno, come da tre anni a questa parte, nei giorni della memoria di Dax, di Fausto e di Iaio, Milano si riempirà di feccia fascista. Il 16 marzo 2016 è stato annunciato un incontro pubblico tra la Lega di Salvini e il Front National di Le Pen, con la presenza della nipote di Marine, Marion Marechal Le Pen. L’anno scorso, sempre in quei giorni, c’era Roberto Fiore al palazzo della Regione, mentre l’anno prima abbiamo avuto un’iniziativa di Casa Pound con Alba Dorata a Milano, Lealtà e Azione e Forza Nuova a Monza. Una provocazione reiterata che non può lasciarci indifferenti e dovrebbe trovare risposte appropriate.
Come Associazione Dax prendiamo atto delle circostanze, provando quantomeno ad aprire una riflessione. Continuiamo nella costruzione delle iniziative in programma, nate grazie a un percorso allargato che prevedono serate benefit, dibattiti e il corteo del 16 che attraverserà le strade del Ticinese toccando vari punti della memoria, dal maglio per Roberto Franceschi alle lapidi partigiane disseminate nella zona, per arrivare in via Gola. Durante la manifestazione verrà lasciato spazio a interventi su temi attuali: lotta per la casa, lavoratori della logistica, questione curda, repressione e carcere, morti di Stato e antirazzismo. Saranno presenti compagni di Renato, la mamma, Stefania Zuccari, l’Associazione Fausto e Iaio, e Saverio Ferrari.
Durante le iniziative avremo l’opportunità di confrontarci con antifascisti dall’Inghilterra e dalla Grecia che interverranno per raccontare la situazione che si vive in questi paesi, il livello di presenza delle organizzazioni nazifasciste, l’organizzazione del movimento antifascista e la repressione da parte dello Stato.
Le serate benefit saranno una per Marina, compagna che sta scontando una condanna per devastazione saccheggio riferita ai fatti del G8 di Genova, un’altra per la campagna 130mila. Dal 2011 ad oggi sono stati rimborsati oltre 20.000 euro, prelevati direttamente dallo stipendio del compagno condannato, con il pignoramento del quinto. Soldi destinati al ministero dell’interno che dovrà riscuotere altre 40.000 euro, seguiranno quelli destinati all’avvocatura dello Stato e ai singoli agenti feriti.
Grazie alla solidarietà attiva arrivata da tutta Italia e non solo, questo compagno si è visto puntualmente rimborsato. Ringraziamo tutti quelli che si sono mobilitati a sostegno della campagna 130mila e che, oggi come ieri, non hanno dimenticato e non ci hanno lasciati soli.
Ringraziamo anche coloro che hanno partecipato alla costruzione delle iniziative di quest’anno, portando il loro contributo e alimentando il lavoro di memoria.
Rilanciamo la volontà di partecipare collettivamente al decimo anniversario di Renato Biagetti, organizzando uno o più pullman per raggiungere Roma nelle giornate del ricordo.
Con Dax e Renato nel cuore
Associazione Dax 16 marzo 2003

da http://www.daxresiste.org/

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