Voci dalla città aperta. Due giornate per raccontare un’altra Roma -26 e 26 settembre 2008

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25 e 26 settembre

Sala Renato Biagetti – Città dell’Altraeconomia

Largo Dino Frisullo

Ore 16,30-20,00

 A luglio avevamo pensato a due giornate per
raccontare l’altra Roma, quella che si muove nel territorio e cerca di far
pesare una visione critica e non convenzionale della società in cui viviamo.
Purtroppo siamo state di nuovo, violentemente, costrette a fare i conti con
agguati e ferimenti ancora più insopportabili perché seguiti all’iniziativa
bella e pacifica per ricordare Renato.

 Allora queste due giornate assumono – e non può
essere diversamente – un sapore diverso. Non basta denunciare un clima ormai
quotidiano di aggressioni, non basta dare il nome che meritano, fasciste, non
basta invocare provvedimenti che arrivano, se arrivano, sempre in ritardo. E’
necessario che queste due giornate, nella sala Renato Biagetti, diventino un
momento di riflessione e consapevolezza che una città che si poggia sull’
esclusione,sull’ emarginazione e l’ intolleranza è una città che ritorna al
passato. I giovani fascisti degli anni sessanta non
furono fermati: forze di polizia, magistrati e giornali correvano dietro alla
favola degli opposti estremismi.

 Noi Madri oggi con la nostra iniziativa abbiamo
un semplice obiettivo: fermare i violenti, rompendo il muro di indifferenza di
molti e  alzando la nostra voce contro l’ipocrisia di chi non vuole
vedere.

 Il Piano di sicurezza di Alemanno, i piani di sicurezza offerti dai
supersindaci non fanno altro che creare il senso di insicurezza dei cittadini,
rafforzando il sentimento dell’intolleranza per il diverso.  Alle città si
offrono muri, fatti di soldati, vigili armati, forze dell’ordine,
televigilanza, dietro i quali sentirsi sicuri e alimentare l’odio per il
diverso e la complicità nelle aggressioni. Noi pensiamo che le città debbano
aprirsi  costruendo la loro sicurezza sull’allargamento dei percorsi
democratici, del dialogo e del confronto

 Noi vogliamo che la nostra città ritorni ad essere aperta, vigilando e
denunciando ogni forma di aggressione e di intolleranza che riduce gli spazi
democratici, riportando la città e il paese indietro verso quell’unico periodo
della nostra storia dove vennero perse le forme democratiche e sorsero
razzismi, intolleranze , intimidazioni , omicidi di regime.

 Con questa iniziativa noi vogliamo dare voce al territorio con una
consapevolezza accresciuta della complessità della metropoli e della forza
creatrice e propositiva dei suoi problemi e dei sui “conflitti”, certe che solo
in questo incontrarsi sia il presupposto di  una vera politica della
sicurezza.

 Giovedì 25 settembre

 

autorecupero della
città :

i centri sociali
luoghi di sperimentazione

 

I centri sociali sono realtà che ormai da
decine di anni producono attività di diverso interesse sociale e politico in
ogni angolo del pianeta. Veri e propri laboratori di democrazia, luoghi di
sperimentazione di un’altra città, dentro la città, sono popolati da studenti,
precari, migranti, operai, e da tutti gli individui che hanno deciso di non
restare ingabbiati nella “legalità delle istituzioni” .

La prima caratteristica dei centri sociali è
proprio quella capacità di costruire uno spazio che va oltre i muri
dell’edificio occupato, un protagonismo sociale che si diffonde in città e
diventa di interesse pubblico. La seconda è il desiderio di autonomia come
valore fondativo dell’esperienza autorganizzata, capace di articolarsi in ogni
direzione: da quella produttiva a quella più specificamente politica. Anche
questa autonomia travalica lo spazio fisico e assume un valore vivo e
riproducibile.

La presenza dei Centri Sociali in ogni
territorio è ancora considerata dalle istituzioni un’anomalia da reprimere e
normalizzare e non quello che sono in realtà per chi li vive quotidianamente:
spazi di libertà e democrazia, luoghi di produzione politica, sociale e
culturale.

  Voci
di:

Germana  Villetti (Madri per Roma Città Aperta),  Roberto Morea (Transform), esponenti
delle occupazioni di Acrobax Project – L.O.A. del Precariato Metropolitano
Ex-Cinodromo,  L38
Squat/Laurentinokkupato
– 6° ponte Laurentino,  La Torre – Casal de’ Pazzi, 
Forte Prenestino
– Centocelle, Horus Occupato
– Monte Sacro, Esc – San Lorenzo,  Factory – Riva Ostiense –
Ponte di ferro,  Ex – Snia Viscosa
Pigneto,  La Strada – Garbatella,
Gruppo del rap romano “Gli apostoli di strada”,
L’una e le altre –
Spinaceto

Verranno
proiettati documentari prodotti da centri sociali

 

Venerdì 26 Settembre

le occupazioni
abitative :

sperimentazione di
un nuovo modo di abitare

La città vive una situazione di emergenza abitativa
che colpisce in maniera particolarmente grave i percettori di reddito
saltuario, intermittente, attività legate ad un’economia di sussistenza, ma il
territorio metropolitano conta un numero crescente di soggetti che pur avendo
potenzialmente diritto all’assegnazione di unità abitative a prezzi calmierati
sfuggono o non possono essere intercettati dalle graduatorie attuali. Questa
moltitudine di persone è costituita da studenti fuori sede, lavoratori precari
e interinali, famiglie monoparentali, lavoratori migranti, una popolazione
coinvolta da quei processi di trasformazione del mercato del lavoro
caratterizzati da discontinuità/flessibilità. La possibilità per queste
categorie di persone di trovare un’abitazione dignitosa e a prezzi accessibili
nel mercato degli affitti o di rientrare nelle graduatorie dell’edilizia
residenziale pubblica, proprio a causa delle caratteristiche del loro reddito,
sono nulle o remote.

Questa città è frutto del capitalismo
estremo della rendita immobiliare, è il risultato di politiche volte
all’esclusione ed emarginazione degli abitanti, è il luogo di pratiche di
autoritari controlli, ma anche di conflitti e resistenze.

Da tutto questo nascono le occupazioni a
scopo abitativo, che rappresentano , non solo la soluzione di un tetto sotto il
quale dormire, ma anche un vero e proprio progetto di rigenerazione edilizia e
di costruzione di nuove forme dell’abitare. Il recupero di un diffuso
patrimonio edilizio inutilizzato, architettonicamente degradato, collocato in
aree urbane spesso prive di servizi alla popolazione, dove le comunità  costruiscono il proprio spazio vitale e si
riconoscono. Possiamo dire che rappresentano laboratori di progettazione e
costruzione di un nuovo modo di abitare.

Proiezione
del documentario:


Non Tacere
(2007)  di Fabio Grimaldi “produzione Blue film”

Voci
di :

Don Roberto Sardelli (autore del libro degli anni ’70 su Borghetto Prenestino a confronto con i
movimenti per la casa
)

Silvia
Macchi
(Docente Università "la Sapienza" di Roma)

Donne
Comunità Rom
di via delle Cave di Pietralata e di: 

occupanti di
Casalbertone, via Lucio Sestio, via Volonté, via Casal de Merode

 

 

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Egregio sig. Ignazio La Russa Ministro della Difesa

Firenze, 08 settembre 2008

Spett.le redazione
Ufficio Stampa

Egregio sig. Ignazio La Russa Ministro della Difesa,
l’Associazione Nazionale Ex Deportati esprime il suo più totale sdegno
nei confronti delle sue oltraggiose dichiarazioni espresse durante le
celebrazioni del 65esimo anniversario della battaglia di Porta San
Paolo.
Le ricordiamo sig. Ministro, che i militari della RSI si sono macchiati
dei peggiori crimini contro la popolazione civile, quali stragi,
torture e deportazione verso i lager nazisti di migliaia di uomini,
donne e bambini che avevano come unica colpa quella di essere
antifascisti e/o ebrei. Lei parla di militari che in buona fede hanno
difeso la loro patria
.. quale patria??? Non certo la nostra, i militari che hanno aderito
alla Repubblica Sociale di Salò con questa loro scelta hanno deciso di
schierarsi dalla parte dell’occupatore nazista contro la popolazione
occupata e cioè contro gli italiani stessi, hanno deciso di condividere
con i nazisti l’antisemitismo e le teorie della razza superiore ariana
che in Europa hanno determinato lo sterminio di circa 13.000.000 di
esseri umani.
Le sue parole di ieri, ci hanno profondamente ferito in quanto Lei come
Ministro della Repubblica Italiana rappresenta tutti gli italiani e non
soltanto una parte politica e noi Le diciamo che la nostra Associazione
non si sente in alcun modo di condividere i suoi pensieri, espressi
inoltre nella data dell’8 settembre giorno in cui 65 anni fa centinaia
di migliaia di soldati italiani scelsero di non aderire alla RSI e per
questa scelta circa seicentomila di loro furono deportati nei lager
nazisti.
Egregio sig. Ministro non possiamo parlare di costruire una storia
condivisa se non si condanna una volta per tutte il fascismo quale male
assoluto per la storia del nostro Paese, purtroppo in seguito alle Sue
dichiarazioni, dobbiamo prendere atto che Lei non è ancora pronto
nell’affrontare questo delicato passaggio.

Cordiali saluti

Associazione Nazionale Ex Deportati Sez di Firenze

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Costruire un percorso contro la fascistizzazione della società

Comunicato dell’assemblea antifascista del 6 settembre 2008


L’assemblea cittadina di sabato 6 settembre che ha visto la partecipazione di circa un centinaio tra
individualità, centri sociali, squat e strutture di Roma e provincia, ha espresso la volontà di costruire un percorso che,
con la consapevolezza delle differenze, crei momenti di mobilitazione collettiva cittadina e nazionale.
Rispettivamente per il 30 settembre in memoria di Walter Rossi, e intorno alla
data del 28 ottobre inizio della dittatura fascista.
L’assemblea sottolinea la necessità di superare la dinamica di semplice reazione agli agguati squadristi, ma di aggredire anche le forme di fascistizzazione della società. Ci riferiamoad esempio ai militari per le strade, alle campagne mediatiche volte a costruire un clima di paura e di intolleranza, ai sindaci sceriffo di centro-destra e di centro-sinistra l’imposizione di uno stato di emergenza permanente.
L’assemblea esprime piena solidarietà agli antifascisti e alle antifascistedi Milano.
Invitiamo tutti e tutte a costruire insieme queste e altre mobilitazioni all’assemblea cittadina che si terrà venerdì 12 settembre  2008 alle ore 18al L.O.A. Acrobax ­ Via della Vasca navale, 6 (Ex Cinodromo ­ Ponte Marconi)

L’assemblea antifascista cittadina del 6 settembre 2008

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Due anni senza il sorriso di Renato

 

 Sono passati ormai due anni da quanto, il 27 agosto del 2006,
Renato, uscendo da una dance hall reggae sulla spiaggia di Focene, insieme alla sua fidanzata e al suo amico
Paolo, furono aggrediti da due giovani scesi dalla loro auto coltelli alla
mano. Gli urlarono di tornare a casa, che quello non era il loro territorio.
Colpirono Renato che, a 26 anni, morì poche ore dopo in ospedale. Nella
disperazione di quei giorni i familiari, gli amici e i compagni si trovano a
spiegare una scomoda verità: chi esce di casa armato di coltello per colpire
chiunque possa essere considerato diverso, altro, di colore, gay, di sinistra,
è un fascista. Che solo a Roma, nell
’anno precedente c’erano state più di 130 aggressioni di matrice
fascista. Oggi, che sono passati quasi 2 anni, si apre il processo per l
’imputato
minorenne. Il PM sostiene che Renato sia stato ucciso al termine di
“banale diverbio
degenerato per futili motivi
”, e così lo uccidono una seconda volta.

Il prossimo 27 agosto saranno 2 anni che una mano fascista ci ha portato via il
sorriso e gli occhi di Renato. Tante iniziative in questi 2 anni, frutto della
passione di tanti compagni e compagne hanno permesso di realizzare i suoi
sogni. Uno di questi è la sala prove e registrazione Renoize attraversata in questi
pochi mesi di vita già da tantissimi giovani gruppi musicali e fucina di
riflessioni sulle autoproduzioni. Grazie a questo progetto il prossimo 29
agosto ricorderemo Renato attraverso la musica, la sua grande passione, in un
concerto in cui si esibiranno Apostoli della strada, Bestie Rare, Rancore,
Ork’s Machine vs Muver, Filippo Gatti, Bobo Rondelli e i 24 Grana e in cui
attraverso i suoni, le immagini e le parole racconteremo ancora una volta la
verità su cosa accadde quella maledetta notte sul litorale di Focene, quando l’odio per il
diverso di due giovani di 17 e 19 anni strappò con 8 coltellate la vita di
Renato. Con Renato nel cuore, ma anche per Carlo, Dax, Federico e Nicola che
sono Ognuno di Noi Venerdì 29 agosto 08 dalle 18 alle 24 Parco della Basilica
di San Paolo Via Ostiense, Roma.

Con rabbia e con amore
i compagni e le compagne di Renato”

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Per dare un senso alla morte di Renato

Come madre di Renato
Biagetti sento la necessita’ di esprimermi riguardo all’omicidio ed alle accuse
con cui il PM cita in giudizio Amoroso Gioacchino. Io non sento l’esigenza di
una giustizia punitiva per il crimine che ha tolto la vita a mio figlio, solo
su una cosa non transigo: sulla VERITA’ che mi è dovuta e che è dovuta a
Renato, che non ha compiuto nessun reato. Di una giustizia menzognera non so
che farmene, non mi appartiene se la motivazione sara’ ancora ‘morte per rissa
avvenuta per futili motivi tra balordi’. Se questa deve essere la modalità per
avere giustizia, preferisco che vengano dichiarati entrambi innocenti e mandati
liberi! Solo attraverso una OGGETTIVA VERITÀ DEI FATTI si puo’ ottenere una
giustizia. Perche’ io conosco Renato e il suo modo di vivere come nessun altro.
Non accettero’ mai una lettura di questo evento tragico come un semplice e
banale diverbio degenerato per futili motivi ! Per tante ragioni: perche’
Renato non era un rissoso e nella sua vita non ha mai fatto a botte, non ha mai
cercato lo scontro fisico con nessuno, ha sempre anteposto al suo il bene del
prossimo. Era un ragazzo che ha dedicato la sua giovane vita allo studio,
ottenendo sempre ottimi risultati e non riportando mai note
disciplinari……..potrei allegare tante dichiarazioni dei suoi insegnanti e
in special modo da chi lo ha visto come allievo nell’ultimo periodo della sua
generosa vita. E cosi’ e’ stato anche quella notte. Perche’ Renato Laura e
Paolo sono stati aggrediti – mentre stavano tornando a casa dopo una tranquilla
serata reagge sul litorale di Focene – da due individui, scesi dalla loro auto
già armati di coltelli. Perche’ quei due armati di coltelli gli sono saltati
addosso con violenza inaudita urlando loro di tornarsene a casa perche’ non
erano del luogo. Signor Giudice, Signor PM chi scende dalla propria auto con
coltelli alla mano per aggredire chiunque possa considerare estraneo e diverso,
non sta cercando una lite. E’ un aggressore, e’ un potenziale assassino (come i
fatti hanno dimostrato). Le mani di mio figlio erano bianche, non ha mai
impugnato nulla che potesse offendere l’altro, anche nel momento dell’estremo
saluto accanto ad un medico del Policlinico Gemelli, notavamo come fossero
perfette, senza segni, ne’ escoriazioni. Non e’ possibile ridurre la violenza
di questo atto alla degenerazione tragica di un banale diverbio, perche’
sarebbe come uccidere mio figlio un’altra volta. Renato ha ricevuto 8
coltellate violentissime e non soltanto Laura e Paolo – che erano direttamente
coinvolti – ma anche altri testimoni hanno visto che tutti e due avevano in
mano un coltello e che entrambi hanno colpito Renato. Nel giudicare l’imputato
di questo processo si deve tener conto delle testimonianze di chi era presente
quella notte, di chi era al suo fianco, di chi insieme a Renato è stato
aggredito e ha avuto lesioni, per ricostruire l’accaduto in modo corretto senza
omettere le responsabilita’ di entrambi gli assassini. Vi chiedo, nel processo,
di raccontare l’aggressione con oggettiva verità e trarre le conseguenti
conclusioni. Lei, giudice, ha in mano uno strumento di comunicazione e di
educazione verso i giovani. Gli atti devono raccontare la verità, una verità
semplice: che due ragazzi per odio verso l’estraneo, verso il diverso da sé e
dal proprio contesto, hanno aggredito e ucciso Renato e ferito Paolo e Laura.
La sentenza sulla morte di mio figlio può avere una valenza per altri
giovani se viene raccontata negli atti la verità sull’aggressione violenta e
devastante che ha subito mio figlio, oso dire scannato come un agnello
sacrificale.
Per dare un senso alla morte di Renato si deve chiarire quanto siano orribili
la sopraffazione e l’uso delle armi, quanto sia terribile non riconoscere
nell’altro un proprio simile, ma solo un nemico da  abbattere. In tal
modo la sua sentenza deve servire a convincere un ragazzo a fermarsi, a
riconoscere la supremazia della vita, deve fermarlo prima che una vita ancora
sia strappata. Se lei scriverà una sentenza che possa fermare un’altra
aggressione, avrà restituito a mio figlio la vera essenza della vita che è
l’amore universale o anche semplicemente e non secondariamente la giustizia.
Certa di essere compresa la ringrazio e le porgo i piu’ distinti saluti.
 
Stefania Zuccari

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Ricordando Carlo Giuliani

Di più
o di meno dello scorso anno? La memoria distorce i ricordi: nessuno sa dirlo
con precisione tra le centinaia di persone che domenica scendevano per via
Venti verso Piazza Alimonda

di
Checchino Antonini

Di più
o di meno dello scorso anno? La memoria distorce i ricordi: nessuno sa dirlo
con precisione tra le centinaia di persone che domenica scendevano per via
Venti verso Piazza Alimonda. Era il 20 luglio di sette anni fa che la pistola
di un carabiniere ammazzava un ventitreenne che s’era trovato incastrato nelle
cariche illegittime contro un corteo regolarmente autorizzato che voleva solo
contestare il G8.

S’è
marciato seguendo la banda senza nome di musicisti rom, gli stessi che suonano
nei vicoli del centro. Un lenzuolo bianco colorato da mani intinte nella
vernice e, più tardi, la decorazione con impronte digitali della piazza
denunciano il razzismo dei governanti contro i bambini rom. Gli slogan e gli
applausi rimbombano sotto il Ponte monumentale dedicato ai partigiani:
"Carlo è vivo!".

Gracchia
la radio di uno della digos che a manifestare sono in 500 e altrettanti saranno
già in piazza. Giuliano Giuliani, che ha fortemente voluto questo corteo, conta
almeno 800 partecipanti. Avanti a tutti marcia, tenendosi a braccetto con
Haidi, un gruppo di madri, sorelle, figlie. Stefania, la mamma di Renato
Biagetti che lotta perché l’omicidio di suo figlio non sia rubricato alla voce
"rissa tra balordi", proprio come fa Rosa, la mamma di Dax. Ci sono la
sorella di Iaio, ucciso trent’anni fa dai fascisti col suo compagno Fausto, e
c’è Natascia, la figlia di Giuseppe Casu, ucciso dalla malapsichiatria che l’ha
legato a un lettino di contenzione per sette giorni. Anche di Carlo si dice che
aggredì con l’estintore anziché che provò a difendersi.

In
Alimonda Andrea Rivera ha dedicato uno dei suoi blues a Carlo, Federico
Aldrovandi, Aldo Bianzino, raccontando di un’Italia di ecomafie, lavoro nero,
diritti negati, cocaina nell’aria, nuvole di Fucksas per cantarci sotto "Piove
governo ladro". Non l’avessero ucciso, Carlo avrebbe avuto trent’anni,
l’età in cui aveva promesso a Enrico, per tutti Gogo, che avrebbero aperto un
bar insieme: «Sette anni fa ha pagato il prezzo più alto – ha letto Enrico dal
palco – e il giorno dopo i violenti eravamo noi». La memoria è dolore: Carlo
aveva 17 anni quando lesse, per un servizio tv, le lettere dei condannati a
morte della Resistenza. Domenica la sua voce registrata è risuonata a ridosso
delle 17,27, l’ora dell’omicidio per il quale non c’è mai stato processo.

Lettere
di ragazzi come lui che chiedevano scusa alle famiglie ma non avevano nulla da
rimproverarsi. Sulla cancellata della chiesa tornano gli striscioni, le poesie
scritte sui fogli di quaderno, i quadri. In piazza, tra gli altri, don Gallo,
alcuni dei portavoce di quel luglio – Raffaella Bolini, Vittorio Agnoletto,
Alfio Nicotra, Luciano Muhlbauer, che il giorno prima avevano partecipato alla
discussione sul prossimo G8 alla Maddalena – e tanta gente di sinistra e di
Rifondazione genovese e nazionale, Paolo Ferrero, Claudio Grassi, Giovanni
Russo Spena, Tiziana Valpiana. «Un dovere politico esserci – spiegano – specie
dopo la scandalosa sentenza che ha finto di non vedere la tortura a Bolzaneto».

A un
angolo della piazza, quello che sembra il più alto in grado dei digossini
ordina: «Bisogna capire che vuol dire quel 25!». Gli dev’essere sfuggito il tg
regionale che ha mostrato alcune delle vittime di Diaz e Bolzaneto respinte
poco prima del corteo all’ingresso di Tursi, il municipio, perché avevano
indosso una maglietta con quel numero stampigliato. 25 come i manifestanti
condannati per devastazione e saccheggio, scelti a casaccio tra i 300mila per
obbedire a un teorema e contro cui il predecessore di Vincenzi aveva provato a
costituirsi parte civile.

Volevano
solo dire alla nuova sindaca (che punta a ospitare l’agenzia Ue per i diritti
umani e che domenica ha ricevuto alcune delle vittime della Diaz) che «Genova
non può essere una città dei diritti finché i responsabili delle violenze e
delle torture continueranno a occupare posizione di comando e a essere
promossi». cena?

 

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Oscar Luigi Scalfaro e la democrazia

Appello
di Scalfaro: "Ripartiamo dai valori"

Sandra
Bonsanti, 18-07-2008
torna indietro

“No, un momento così buio,
nella storia della nostra Repubblica, non lo abbiamo passato mai…”:
è con questa premessa che
Oscar Luigi Scalfaro si rivolge all’opposizione al governo Berlusconi con un
appello accorato e pensoso, incalzante ma partecipe. Un appello ad avere
“coraggio e unità” e a “riaffermare i valori e i diritti fondamentali”.
A lui, che presto varcherà la soglia dei novant’anni, e che era stato il
garante delle liste veltroniane al tempo delle primarie, si è rivolto il Pd
affinché scrivesse e firmasse la petizione per la raccolta dei cinque milioni
di firme. Ha rifiutato. Perché?
“Ho ringraziato, ma ho pensato che non fosse giusto che si rivolgessero a me,
che ho quasi novant’anni. E’ come se di fronte a una malattia gravissima,
invece di un medico specialista si chiamasse un infermiere, magari una persona
perbene… ma davanti a questa sistematica demolizione di tutto, c’è un partito
nuovo, c’è un segretario, c’è una direzione che pure mi dicono era unanime nel
chiedere il mio intervento. Io rimango comunque schierato con loro, non sono
certo di quelli che si schierano con se stessi. Ma ho come la sensazione che
rimangano oggi ancora delle cose vecchie, che io ritengo intollerabili: ad
esempio la sensazione che tutto sia già stato deciso, che la partecipazione sia
ridotta. Ecco, questa a mio avviso è una strada non praticabile”.
Consigli?
“Prima di tutto quello di non continuare con quella difficoltà di comunicazione
che purtroppo ha caratterizzato il governo precedente: non mettersi in un angolo,
non votare comunque contro se si presentano proposte accettabili. Adesso i
magistrati riceveranno un colpo durissimo, ahimè anche non senza una qualche
loro responsabilità. E allora io dico che se si riuscisse a fare una riforma
della giustizia che potesse anche parzialmente essere accolta, allora questa
riforma sarebbe importante e durerebbe nel tempo. Altrimenti… ogni governo farà
la sua e avremo uno scontro perpetuo.”
Però tutto questo è difficile, perché nell’opposizione “manca coraggio e
manca una schiena forte. C’è stata una batosta elettorale, che è piovuta
addosso come un terremoto, come un’ondata di venti metri. Il Pd non era forse
colpevole, era appena nato, ma è rimasto schiacciato e ha bisogno di una
ripresa, riprendersi con coraggio. Cessato lo stordimento, venuta giù la casa,
bisogna chiedersi se siamo d’accordo: questa casa la buttiamo giù del tutto?
Questa casa la ricostruiamo? Comunque, di fronte a una disgrazia la prima cosa
da fare è restare uniti, l’unione è essenziale. E invece… invece temo che
questa volontà non ci sia
, e la non volontà di unione è anche mal
mascherata o non mascherata affatto. Semplicemente, non c’è”.
E poi…
“Poi, ma è un prima di tutto: bisogna riaffermare i diritti fondamentali.
Nei momenti difficili, ognuno deve chiedere a se stesso se crede a qualcosa, se
no tanto vale mettersi seduti e aspettare di morire. Allora: crediamo nella
democrazia? Crediamo nella libertà? Vogliamo combattere il trionfo del
qualunquismo? Crediamo nel primo articolo della Costituzione che dice “L’Italia
è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro?” Crediamo che “La sovranità
appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della
Costituzione”? Bisogna riaffermare i nostri valori fondamentali, bisogna esser
convinti davvero che la democrazia è la nostra spina dorsale e quindi avere il
coraggio di dire dei no e di dire dei sì. So bene che tutto questo è più facile
da dirsi che da farsi, ma tutto comincia dall’essere uniti. La politica deve
riacquistare la sua forza e la sua credibilità: ripeto oggi, come ho già detto
altre volte nella mia vita, che non può essere la magistratura a risolvere i
problemi della politica”.
Presidente, nel 2006 Lei è stato l’anima del Referendum contro la riforma
della Costituzione. Oggi si sente parlare ancora di referendum… Lei ne
affronterebbe un altro, si batterebbe di nuovo?
“Ricomincerei una campagna referendaria, tenuto conto che oggi è ancora più
difficile, se passasse una legge di tipo presidenziale, col Premier eletto
dalla base. Io credo nella democrazia come governo di popolo e non governo
della piazza. E il popolo elegge i suoi rappresentanti. Sì, contro un inganno
del genere, io ci sarei”.

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In risposta al piano di sicurezza del Sindaco Alemanno

Al
Sindaco di Roma

 
Abbiamo
appreso dalla stampa il suo piano di sicurezza per far vivere i cittadini di
Roma più tranquilli e sereni. Abbiamo letto di 4000 pistole ai vigili urbani e
di circa 300 militari distribuiti nelle periferie romane. E ancora sgomberi ai
centri sociali.

Il
piano sembra indirizzato a controllare 
una parte della città che lei sente sua nemica. E che il suo
metodo sia preferibilmente quello della repressione.

Anche
il nostro Comitato di Madri per Roma Città Aperta si è costituito sul tema
della sicurezza. Un giovane ingegnere romano di 26 anni, Renato Biagetti è
stato accoltellato dopo un concerto di musica reggae a Focene da due giovani
del posto di 17 e 18 anni.

Noi
madri, che non disponiamo di apparati di sicurezza come vigili urbani armati e
soldati per proteggere i nostri e i figli degli altri, giovani che ascoltano
musica e lavorano, abbiamo scelto di lavorare in un altro modo. Lavoriamo con
il dialogo democratico, mettendo al primo posto il rispetto della vita e delle
diversità. Ci farebbe piacere se lei volesse prendere in considerazione la
nostra esperienza di madri e tentasse di risolvere il problema della sicurezza prioritariamente  attraverso  il confronto con  le tante realtà che compongono il corpo
sociale della nostra città..

Provi
a considerare le occupazioni di spazi 
pubblici degradati, e abbandonati come proposte sociali, economiche e
culturali.

Provi
a considerare, come ha fatto in occasione delle impronte ai bambini rom, di
vedere un bambino prima di vedere  un delinquente.

Provi
a considerare i cittadini come una società da cui farsi rispettare e non temere.

Noi
pensiamo che, con tali  fattivi
accorgimenti, la percezione di sicurezza di cui tanto si parla forse sarebbe
rafforzata.

La
violenza non è solo quella diretta, del pugno, dello stupro, della coltellata,
ma è anche quella strutturale di un intero sistema a danno delle categorie
economiche e sociali più fragili (come nel caso dei rom e degli immigrati) e
quella culturale, la più subdola e devastante. Su quest’ultima si basano i
regimi dittatoriali ed è questa che porta a volere l’eliminazione del diverso.

In
questo momento a Roma la violenza è di tutti e tre i tipi ma l’opinione
pubblica vede solo la prima. L’autorità pubblica e di governo alimenta, a nostro
parere, questa lettura e ritiene che si possa agire solo in forma autoritaria,
non considerando un aspetto:  i gruppi che vengono considerati una
minaccia per la sicurezza ( rom e non solo), provocano la minaccia o subiscono
il degrado? Non si cerca di distinguere fra buoni e cattivi,  si sceglie di usare la forza per tutti e per
ogni occasione.

A
nostro parere bisogna invece partire dai bisogni e avviare subito procedure per
risolverli.

Le
chiediamo quindi di farci  sentire sicuri
in una “città aperta”, in serenità e
non  perché fuori nella strada ci sia un
vigile urbano armato e un militare volontario nelle cui regole di ingaggio
Bagdad o Roma sono considerati alla pari. Ricorrere alle armi serve solo ad
acuire i problemi, non certo a cercare soluzioni.

 

Madri per
Roma Città Aperta

 

madrixromacittaperta.noblogs.org

madrixromacittaperta@libero.it

 

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Lettera e incontro con il prefetto di Roma Mosca – 10 luglio 2008



Ill.mo sig. Prefetto di Roma,

Siamo un gruppo di
donne del “Comitato Madri per Roma Città Aperta”, che si è formato intorno a
Stefania Zuccari, madre di Renato Biagetti, giovane di 26 anni accoltellato nel
2006 a Focene alla fine di un concerto di musica reggae. Pochi lo ricordano,
ma uno dei due giovani aggressori, appena diciannovenne, recava sulle braccia
tatuaggi con simboli (croce celtica e legionario romano) che rivelavano una
chiara appartenenza ad una sottocultura di violenza e di intolleranza.

L’assassinio di
Renato è stato il culmine tragico di una lunga serie di aggressioni
verificatesi nella nostra città e inutilmente denunciate dalla rete
antifascista romana. Dopo la morte di Renato, le aggressioni sono purtroppo
continuate, sia in occasione di concerti in parchi pubblici, che contro le
stesse istituzioni, studenti e cittadini impegnati in attività politiche, sedi
della comunità omosessuale romana, cittadini lavoratori stranieri e comunità
rom.

Noi riteniamo che
questo tipo di violenza nei confronti di tutte le diversità, in qualunque modo
siano e si manifestino, di carattere sessuale, etnico, culturale, politico,
religioso, deve considerarsi una forma nuova di fascismo e non un semplice
fenomeno delinquenziale, riconducibile a banali episodi di “bullismo”, di
“risse tra balordi”, e ancor più di semplici scontri fra esponenti di ” opposti
estremismi”.

Non dobbiamo
dimenticare che il fascismo fece suoi, già al suo nascere, gli stessi metodi:
aggressioni, intolleranza, razzismo e intimidazione.

Oggi noi, madri non
solo dei nostri figli, alcuni dei quali hanno perso la vita innocenti a causa
di questa violenza, siamo preoccupate per la colpevole superficialità che le
istituzioni prestano alla natura politica di questo fenomeno.

Su questo le
chiediamo un incontro, perché la natura del suo mandato la conduce ad
affrontare problemi di carattere sociale, come quelli dell’ordine e della
sicurezza pubblica, mediando tra le istituzioni governative e le realtà locali.

L’antifascismo
durante il regime, la resistenza e, dopo la guerra, la nostra Costituzione hanno
messo al bando definitivamente dalla nostra società non solo il fascismo ma
anche ogni manifestazione che allo stesso in qualche modo ci possa ricondurre o
ispirarsi.

Il nostro Comitato
si prefigge di individuare e denunciare ogni tentativo di riportare indietro la
nostra democrazia, nella convinzione che ogni atto di intolleranza nei
confronti del diverso riduce gli spazi di libertà di ognuno di noi e frena il
progresso democratico.

Questo raccontiamo nelle
scuole dove ci invitano a parlare, su questo organizziamo dibattiti con uomini
di cultura, delle istituzioni e dell’informazione.

Ci conceda un
incontro nel quale avremo modo di esporle il nostro impegno di denunciare e
contrastare ogni forma di violenza e apologia fascista, di intolleranza e di
razzismo presenti nella nostra città. L’incontro sarà utile per costruire, in
un clima di partecipazione, una convivenza fondata non sulla repressione ma
sulla salvaguardia dei valori costituzionali.

Il suo piano di
lavoro è un ripristino di civiltà, di cui la sicurezza fa parte, il nostro è la
difesa delle forme democratiche antifasciste, di cui la sicurezza fa parte.

Madri per Roma Città Aperta

madrixperromacittaperta@libero.it 

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Il valore dell’informazione nella difesa dell’antifascismo – Città dell’Altraeconnomia – 23 Aprile 2008

il valore dell’informazione

nella difesa dell’antifascismo

ne
parliamo con

Carlo
Bonini
,
giornalista de “la Repubblica

e con

Eduardo
Di Blasi
, giornalista de “L’Unità”

23 Aprile, alle  ore 17.00, 
presso la sala Renato Biagetti -Città dell’Altraeconomia

.

 

 

Aggressioni, risse, danneggiamenti a luoghi
storici della città hanno creato a Roma un brutto clima
”. Perfino un
giornale come l’Osservatore romano alcuni mesi fa ha sentito la necessità di
rilevare come l’ennesimo atto aggressivo (contro la lapide a Porta San Paolo)
diventa inevitabile "quando si mette
sullo stesso piano chi ha combattuto per la libertà e chi era dall’altra parte
".

Da troppo tempo,
e solo in Italia, si tenta di mediare tra la cultura antifascista e quella
fascista, tentando di riscrivere la storia della guerra di liberazione e della
Resistenza.

Revisionismo
storico a cui giornali, editoria, televisione e radio hanno offerto
amplificazione, con uno scopo preciso: sdoganare i fascisti al crepuscolo,
quelli di Salò, che sono andati a riempire le fila del partito dei moderati.

Nell’ultimo
decennio abbiamo così assistito al rinascere e proliferare di gruppi
neofascisti e neonazisti che, grazie ad un atteggiamento di “tolleranza” delle
istituzioni, hanno assunto sempre più, un forte connotato aggressivo, razzista
e intollerante, facendo presa su alcune fasce giovanili.
I media, più diffusi e ascoltati, affrontando questi fenomeni, sembrano aver
fatto propria la rimozione storica  dei
valori della resistenza, interpretando aggressioni e i riferimenti  al fascismo e al nazismo come forme di
esuberanza giovanile, ‘fenomeno di costume’, con  personaggi nuovi e stimolanti con cui, in
qualche caso, civettare.

Per proporre e
chiedere un’informazione documentata e approfondita, per discutere del valore
che l’informazione rappresenta nella difesa deiprincipi antifascisti della
Costituzione, ci incontriamo con Carlo Bonini di Repubblica e Eduardo Di Blasi
dell’Unità

Comitato Madri per Roma città Aperta,

 

 

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