Le donne di maggio – Giorgiana Masi

Giorgiana da www.nuovaresistenza.org

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MORIRE DI STATO OGGI COME  IERI

Il 12 maggio del 1977 le squadre speciali dell’allora ministro dell’Interno Francesco Kossiga assassinavano Giorgiana Masi, compagna femminista scesa in piazza insieme a tante e tanti altri sfidando il divieto di manifestare, nell’anniversario della vittoria referendaria sul divorzio. Le forze di polizia risposero sparando candelotti lacrimogeni e colpi di arma da fuoco. Picchiati e maltrattati anche fotografi, giornalisti e passanti.

Pochi minuti prima delle 20, durante l’ennesima carica della polizia, due compagne furono raggiunte da proiettili sparati da Ponte Garibaldi, dove erano attestati poliziotti, carabinieri e agenti in borghese. Elena Ascione rimase ferita a una gamba. Giorgiana Masi, 19 anni, studente del liceo Pasteur, venne centrata alla schiena. Morirà durante il trasporto in ospedale.

Cossiga prima elogiò in Parlamento “il grande senso di prudenza e moderazione” delle forze dell’ordine, poi fu costretto a modificare la propria versione dei fatti, ammettendo la presenza delle squadre speciali ma continuò sempre a negare che la polizia avesse sparato, pur se smentito da testimoni, foto e filmati.

L’inchiesta per omicidio si concluse nel 1981 con sentenza di archiviazione “per essere rimasti ignoti i responsabili del reato”.

Cinque anni prima , il 7 maggio 1972, un ragazzo anarchico di 21 anni, Franco serantini, durante una manifestazione antifascista a Pisa,  muore  dopo un pestaggio della polizia nel carcere pisano. Don Bosco

Nonostante formalmente non si siano trovati gli esecutori materiali dell’omicidio di Franco Serantini, a causa dei tanti “non ricordo” da parte degli uomini appartenenti ai vari apparati dello Stato (polizia, carceri, infermieri), il procedimento ha dimostrato inequivocabilmente le responsabilità delle forze dell’ordine che si accanirono contro il giovane anarchico.

Ha scritto Corrado Stajano nel suo “Il sovversivo. Vita e morte dell’anarchico Franco Segantini”:

«Lo Stato, stupito dalle reazioni dell’opinione pubblica democratica in difesa di un uomo senza valore, un rifiutato sociale privo di ogni forza di scambio politico, si è obiettivamente confessato colpevole. Lo accusano i suoi comportamenti, i suoi continui e impudenti tentativi di mascherare e di insabbiare le responsabilità e di chiudere un caso che ha assunto un valore di simbolo del rapporto tra cittadino e stato di diritto, fra autoritarismo e libertà».

Ma lo Stato non si è fermato da allora nel reprimere la libertà e il diritto a  manifestare, non si è fermato nel calpestare gli elementari diritti umani dei suoi cittadini.

Anzi negli ultimo decennio, soprattutto dopo la grande manifestazione di Genova del 2001 contro il G8, dove si è consumato uno dei più grandi crimini dello Stato contro i propri cittadini con l’assalto alla scuola Diaz  e le torture della caserma di Bolzaneto, si è assistito a  forme crescenti di repressione e violenza dello Stato contro movimenti e individui, tutti uniti da forme di contrasto sociale, o di semplice resistenza alla violenza , quasi sempre impunita, dei tanti corpi repressivi dello Stato.

Carlo Giuliani, ucciso da un carabiniere a Genova nel 2001

Marcello Lonzi, morto nel carcere di Livorno nel 2003

Federico Aldovrandi, ucciso durante un fermo di polizia  da quattro poliziotti nel 2005

Ricardo Rasman  ucciso per asfissia  nel 2006 nella sua casa da  due pattuglie di polizia

Aldo Bianzino morto nel carcere di perugina nel 2007

Giuseppe Uva  morto a Varese in una Caserma dei  Carabinieri nel 2008

Manuel Eliantonio  morto nel carcere di Marassi a Genova nel 2008

Francesco Mastrogiovanni   lasciato morire in un letto di contenzione nell’ Ospedale psichiatrico di Vallo della Lucania nel 2009

Stefano Cucchi morto a Roma dopo un arresto per detenzione di droga nel  2009

Michele Ferulli morto a Milano nel 2011 dopo un pestaggio della polizia in strada.

Cristian De Cupis 2011 morto a Roma dopo un fermo della polizia ferroviaria per resistenza e oltraggio,

Accade nel nostro Paese che  lo Stato possa  sottrarre un figlio e  restituirlo morto: negando ogni possibilità di avvicinarlo, di esercitare il diritto di ogni madre di constatare la salute e le condizioni del proprio figlio, anche di chi  si trova in carcere.

Accade nel nostro Paese che lo Stato “sequestri” le persone , attraverso  i fermi, sospendendo ogni diritto umano e costituzionale di comunicazione con i legali e le famiglie.

Accade nel nostro Paese che nelle carceri italiane siano morti più di 1.500 detenuti:150 morti l’anno in 10 anni, un morto ogni due giorni di cui più di un 1/3 per suicidio. Di questi, un numero elevato di persone muoiano prima di essere giudicate.

Accade nel nostro Paese che nelle carceri i giovani tra i 18 e i 24 anni si suicidino: 50 volte di più che tra i non reclusi.

Accade nel nostro Paese che le detenzioni e le misure alternative siano cresciute in modo esponenziale: negli ultimi 20  anni  i reclusi sono quasi 70.000 e 35.000 le misure alternative.

Accade nel nostro Paese  si creino leggi che riempiono le carceri di colpevoli di reati minori. che la recidività per questi reati minori accresca in modo esponenziale la pena.

Accade che i centri di prima accoglienza si trasformino in Centri di Identificazione ed Espulsione e con una permanenza fino a 18 mesi, luoghi non luoghi fuori da ogni normativa e controllo.

Accade nel nostro paese che l’immigrazione, le mobilitazioni sociali , la diversità e i comportamenti non conformi a regole, non condivise, stiano riempiendo le carceri a causa della continua emanazione di leggi liberticide.

l numero delle persone arrestate, rinchiuse e trattate, perché socialmente non disciplinate, in lotta per i beni comuni sale di giorno in giorno. E le condanne che subiscono sono gravissime

Noi donne e madri in tutto questo denunciamo una pericolosa sottrazione delle libertà e dei diritti umani e  lanciamo un appello che vuole dar voce ad ogni madre che voglia rivendicare la dignità e i diritti violati dei propri figli, insieme alle madri che in ogni parte del mondo hanno chiesto e continuano a chiedere giustizia e verità per i loro figli.

Vogliamo continuare chiedere giustizia e verità per le morti e i suicidi in carcere. Denunciare l’abuso dei fermi e degli arresti e delle misure cautelari in occasione di  mobilitazioni sociali e di dissenso e di disagio sociale, l’abuso di utilizzo dei reati di resistenza e oltraggio. Abrogare le  leggi liberticide sulla droga e sull’immigrazione che aumentano a dismisura il numero delle persone nelle carceri: (Fini Giovanardi, Cirielli, Napoletano Turco, Fini Bossi sull’uso delle droghe sull’immigrazione, sull’ordine pubblico).

Perché i sogni di Giorgiana e di Franco tornino a vivere in queste strade e in questa città.

Madri per Roma Città Aperta

 

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