«Pace e uguaglianza ecco i contenuti del nuovo antifascismo» di Vittorio Bonanni

«Pace e uguaglianza
ecco i contenuti

del nuovo antifascismo»
 
L´esultanza dei sostenitori di Alemanno (con
tanto di saluti romani) in Campidoglio
Reuters

Vittorio Bonanni
Braccia tese in piazza
del Campidoglio, croci celtiche e tutta l’iconografia più inquietante
della cultura fascista al governo della capitale. Forse non sarà proprio
così, o almeno ce lo auguriamo, ma certamente la vittoria
dell’"estremista" Alemanno, nuovo sindaco di Roma, sconcerta. E
sconcerta, almeno emotivamente, ancor più della vittoria della destra
alle elezioni politiche, evento al quale siamo ormai tristemente
abituati dal 1994. Su questo scenario desolante che si sta configurando
nelle piazze e nelle strade della principale città d’Italia, ma non solo
vista per esempio la vittoria storica della destra anche a Brescia,
abbiamo raccolto il parere di Alessandro Portelli, già consigliere
delegato del Sindaco di Roma per la tutela e la valorizzazione delle
memoria storiche della città e docente di letteratura americana alla
facoltà di Scienze umanistiche dell’Università La Sapienza. «Credo che
dobbiamo temere in primo luogo la tracotanza che già hanno manifestato
le frange più fasciste dell’elettorato di Alemanno – dice Portelli – le
quali hanno già mandato un segnale molto chiaro. A Roma si erano
verificate in varie occasioni delle aggressioni e questo è certamente un
dato molto preoccupante. E poi a me sembra che possa venir meno anche
uno degli elementi positivi delle precedenti giunte di sinistra, le
quali sono riuscite a dare a Roma un respiro da grande capitale
internazionale, trasformandola in una città presente sulla scena
internazionale. Ho l’impressione che questo cambio della guardia ci
risbatta con forza all’interno di una dimensione provinciale».

Come si muoverà nell’immediato il nuovo sindaco?
Non credo
che ci saranno subito episodi clamorosi. I ventimila espulsi sono una
cosa già promessa nel corso della campagna elettorale. Credo però che
già in tempi medi il tessuto della città subirà dei cambiamenti
radicali.

C’è tuttavia da chiedersi quale interesse possa avere
Alemanno a mantenere in vita le frange più estremiste e
nostalgiche…
E infatti per questo parlo di una gradualità della sua
azione politica. Non mi aspetto, come dicevo, cose spaventose. Credo
invece che ci sarà soprattutto uno scadimento del ceto politico. Quello
che temo insomma non è tanto l’ideologia politica di Alemanno ma la
pochezza delle gente che lo circonda. E quindi l’idea che queste figure
di bassa qualità nel governo della città faranno sicuramente dei danni
anche se non si abbandoneranno ad azioni punitive. Le quali comunque
prima o poi avverranno.

Come è noto Alemanno rappresenta quella
destra sociale, attenta appunto alle esigenze dei ceti meno abbienti.
Che ruolo può aver giocato nella sua vittoria questo
aspetto?
Certamente loro hanno realizzato una politica di vicinanza,
di radicamente sul territorio e anche di concreta attenzione alle
esigenze delle persone, molto più di quanto non abbia fatto la sinistra.
Un po’ come la Lega nel nord. Su questo non ci piove e su questo si è
perso.

Uno studio del Censis ha tentato di spiegare le ragioni
che hanno spostato l’Italia nettamente a destra. Il declino di valori e
ideali, la necessità di un leader in grado di creare consenso. In tutto
questo il valore dell’antifascismo, elemento fondativo della nostra
repubblica, sembra ormai definitivamente sotterrato. Giustamente qualche
giorno fa Giovanni De Luna scriveva che gli unici partiti che si
richiamavano ancora a quegli ideali sono stati spazzati via del
parlamento. Che cosa dobbiamo fare per riscattare una democrazia, come
quella italiana, in piena crisi, privata di tutti i contenuti ancora
presenti, non si sa ancora per quanto, nella nostra
Costituzione?
Penso innanzitutto che in questo momento l’antifascismo
non è più senso comune. E quindi se vogliamo mantenerne il significato
credo che dobbiamo ricostruire i suoi contenuti e i principi, più che
richiamarci ad una logica di schieramento. Per questo credo che il
lavoro sulla memoria serva soprattutto se noi riusciamo a ridare il
senso delle ragioni di quella storia. Certo, in questo momento mi sento
come facente parte di una sorta di riserva indiana. Nel Partito
democratico hanno veramente ritenuto che queste cose fossero ormai
vecchie, superate. E il risultato è stato che l’unica ideologia del 900
che è viva e vegeta è quella della destra e del fascismo. Noi non
abbiamo più socialisti e comunisti in parlamento, ma i fascisti sì.

A proposito di memoria sarà sempre più difficile trasmetterla ai
più giovani e far capire loro come è andata una storia che rischia di
essere riscritta completamente…
Faccio un esempio. Mi hanno
invitato a Roma, in un liceo, a parlare di Resistenza. Ma non ho la
minima idea di come parlarne e non so neanche più a chi parlerò. C’è
dunque molto su cui dobbiamo riflettere, perché appunto su queste cose,
sui principi fondamentali della convivenza civile stabiliti dalla
Costituzione antifascista, non possiamo cedere.

Ma come
resistere? A questo punto l’interrogativo è enorme, visto che anche in
casa nostra c’è chi ritiene che l’antifascismo sia un tema superato,
almeno nelle forme in cui è stato proposto finora…
E infatti non
dobbiamo riproporre l’antifascismo in termini ideologici. Perché dire
che Alemanno è fascista ormai non spaventa più nessuno. Dobbiamo
riprendere quei concetti in termini di contenuto. Interrogarci su cosa è
oggi o che cosa può essere oggi l’antifascismo. E’ i diritti, è
l’uguaglianza, è la partecipazione, è la pace. Insomma dobbiamo
insistere più sui contenuti dell’antifascismo piuttosto che sulle
etichette per poter ragionare con la massima chiarezza.

Sempre
tornando alle interviste realizzate dal Censis emerge con forza la
richiesta di un leader, di un capo. Insomma, lungi dal venir meno, la
personalizzazione della politica è ormai un dato acquisito, che può
portare a scenari presidenzialisti inquietanti visti gli attori in
campo. E il caso di Alemanno, finalmente un uomo forte pronto a
garantire la sicurezza dei cittadini, non sfugge a questo
ragionamento…
E la sinistra, o almeno quella che una volta si
chiamava sinistra, ancora una volta deve fare mea culpa perché si è
fatta a suo tempo attiva promotrice dell’ipotesi presidenzialista. Si
sono chiamati riformisti ma le uniche riforme che hanno realizzato
riguardano i meccanismi politici in cui sempre più viene tagliata la
dimensione democratica della rappresentanza. Io credo che su questo
sarebbe necessaria una forte autocritica ma ho l’impressione che invece
penseranno a raddoppiare la dose. In questo senso però c’è
un’autopreservazione del ceto politico che riguarda anche la Sinistra
l’Arcobaleno e che prende il sopravvento sulla necessaria riflessione
che tutti dobbiamo fare. E’ necessario a questo punto un rimescolamento
delle identità, delle appartenenze e degli schieramenti. Mi sembra un
fatto necessario per ricominciare puntando sulle persone che meno sono
state coinvolte in tutte queste
vicende.

30/04/2008

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