Memorie di aprile

Museo storico della Liberazione

memorie di aprile

nonstop di letture:

lettere, documenti,

testimonianze

Resistenza (Roma, Italia, Europa), Antifascismo del Ventennio, Deportazione e internamento, Carceraria

domenica 17 aprile, ore 9,00-20,00

con la collaborazione di

I Municipio, ANPI Esquilino, Compagnia Le Ondine,

Giovani democratici di Roma, Madri per Roma Città aperta

domenica 17 aprile, ore 9,00-20,00

Museo storico della Liberazione  Via Tasso 145 – ROMA

Quest’anno il 25 aprile cade nel lunedì di Pasquetta. Il Museo sarà, comunque, aperto dalle ore 9,30 alle ore 12,30 e dalle ore 14,30 alle ore 19,30 e potrà essere regolarmente visitato.

Questa coincidenza temporale ci impone di anticipare di una settimana – domenica 17 aprile – le iniziative che vengono per solito realizzate per l’anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. In tal modo, si intreccianon con un’altra coincidenza temporale: infatti, nella notte tra il 17 e il 18 aprile 1944, i nazifascisti sottoposero a rastrellamento il Quadraro, quartiere popolare a sud della Capitale (considerato “nido di vespe”), deportando circa 800 degli oltre 1000 catturati.

Saranno attivi tre gruppi contemporaneamente. Collaboratori/trici del Museo, protagonisti/e degli eventi, artisti e intellettuali, gente comune, si alterneranno nella lettura di lettere, documenti, testimonianze relative alla Resistenza (Roma, Italia, Europa), Antifascismo del Ventennio, Deportazione e internamento, Carceraria.

Ciascuno/a può collaborare, candidandosi per una lettura oppure rendendosi disponibili per aiutare nell’organizzazione. In particolare servono due persone con videocamera per riprese, una o due per fotografie e quattro-cinque persone per assistenza a visitatori/trici.

Si prega di non telefonare, ma di scrivere a info@museoliberazione.it

L’iniziativa è totalmente autofinanziata

c/c 51520005 Intestato a: Museo storico della Liberazione, via Tasso 145 – 00185 Roma
Causale: CONTRIBUTO DI SOLIDARIETA’

Per bonifici:      IBAN: IT 39 T 07601 03200 000051520005
Per bonifici USA:  BIC/SWIFT:  BPP II T RR XXX

con la collaborazione di

I Municipio, ANPI Esquilino, Compagnia Le Ondine,

Giovani democratici di Roma, Madri per Roma Città aperta

Museo storico della Liberazione

00185  ROMA – Via Tasso 145, www.museoliberazione.it, info@museoliberazione.it

Via Tasso è raggiungibile con la Metro A, direzione Anagnina, stazione Manzoni-Museo della Liberazione, con il 3 (fermata Viale Manzoni) e con tutti i mezzi che transitano in Via Merulana, in Via Emanuele Filiberto, in Piazza San Giovanni in Laterano

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Genova 2001 – Genova 2011

Genova 2001 – Genova 2011
LORO LA CRISI. NOI LA SPERANZA

APPELLO GENOVA 2001 – GENOVA 2011
Dieci anni fa centinaia di migliaia di persone, giovani e adulti, donne ed uomini, di tutto il mondo si diedero appuntamento a Genova per denunciare i pericoli della globalizzazione neoliberista e per contestare i potenti del G8, intenti a convincere il mondo che trasformare tutto in merce avrebbe prodotto benessere per tutti.
Le persone che manifestavano a Genova erano parte di un grande movimento “per un mondo diverso possibile” diffuso in tutto il pianeta. Era nato a Seattle nel 1999 con una grande alleanza fra sindacati e movimenti sociali, e ancor prima nelle selve del Chiapas messicano. Nel gennaio 2001 si era incontrato nel grande Forum Sociale Mondiale a Porto Alegre in Brasile che aveva riunito la società civile, i movimenti, le organizzazioni democratiche di tutto il mondo.
Quel movimento diceva – e ancora oggi dice – che la religione del mercato senza regole avrebbe portato al mondo più ingiustizie, più sfruttamento, più guerre, più violenza. Che avrebbe distrutto la natura, messo a rischio la possibilità di convivenza e persino la vita nel pianeta. Che non ci sarebbe stata più ricchezza per tutti ma, piuttosto, nuovi muri, fisici e culturali, tra i nord ed i sud del mondo. Non la pacificazione, conseguenza della “fine della storia”, ma lo “scontro di civiltà”.
Avevamo ragione, e i fatti lo hanno ampiamente confermato. Ora lo sanno tutti. Ma dieci anni fa, per aver detto solo la verità, venimmo repressi in maniera brutale e spietata.
La città di Genova fu violentata fisicamente e moralmente. Le regole di una democrazia, che sempre prevede la possibilità del dissenso e della protesta, vennero sospese e calpestate. Un ragazzo fu ucciso. Migliaia vennero percossi, feriti, arrestati, torturati. Eravamo le vittime, ma per anni hanno tentato di farci passare per i colpevoli.
Oggi, le ragioni di allora sono ancora più evidenti. Una minoranza di avidi privilegiati pare aver dichiarato una guerra totale al resto dell’umanità e all’intera madre Terra. Dopo aver creato una crisi mondiale mai vista cercano ancora di approfittarne, rapinando a più non posso le ultime risorse naturali disponibili e distruggendo i diritti e le garanzie sociali messe a protezione del resto dell’umanità in due secoli di lotte.
E’ un progetto distruttivo: ha prodotto la guerra globale permanente, l’attacco totale ai diritti (al lavoro e del lavoro, alla salute, all’istruzione, alla libertà di movimento, alle differenze culturali e di genere nonché alle scelte sessuali), la rapina dei beni comuni, la distruzione dell’ambiente, il cambiamento climatico e il saccheggio dei territori.
Ormai è chiaro a tanti e tante, a molti più di quanti erano a Genova dieci anni fa, che solo cambiando radicalmente direzione si può dare all’umanità una speranza di futuro, impedendo la catastrofe che i poteri dominanti, sia pure in crisi, stanno continuando a preparare.
Proponiamo a tutte/i coloro che da quei giorni non hanno mai smesso di portare avanti le ragioni di allora e a tutte/i coloro che, pur non avendo avuto la possibilità di partecipare a quelle elaborazioni, ogni giorno costruiscono elementi di un mondo diverso con le loro lotte, le loro rivendicazioni, le loro pratiche, di costruire insieme da oggi le condizioni per incontrarsi a Genova nel luglio del 2011, per tessere reti più forti di resistenza, di solidarietà, di costruzione di alternativa alla barbarie e di speranza.
Viviamo in un mondo che continua a non piacerci, un mondo che continua ad avere tutte le caratteristiche che abbiamo fortemente denunciato 10 anni fa, se possibile ancora più accentuate, attraversato da profonde crisi etiche, morali, democratiche che aggravano e rendono più pericolosa la crisi economica e finanziaria. Ma, allo stesso tempo, viviamo anche in un mondo che, a partire dal nuovo protagonismo dei popoli dell’America Latina, esprime un forte sentimento di cambiamento.
Ripensare, recuperare, allargare ed aggiornare lo “spirito di Genova” che ha segnato una generazione può aiutare. Non a guardare indietro, a quella che ormai è storia, ma a guardare avanti, al futuro che abbiamo tutti e tutte la responsabilità di costruire.

LORO LA CRISI. NOI LA SPERANZA.

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Nessuna pace senza giustizia

NESSUNA PACE SENZA GIUSTIZIA

Esistono delle urgenze tematiche a seconda del periodo storico

che ci tocca attraversare;in questo difficilissimo periodo nel quale viviamo,l’isolamento e la repressione sono due degli argomenti,che abbiamo il dovere morale e politico di discutere e guardare da vicino,analizzarne le forme,conoscere per combattere.Così nasce l’idea di una due giorni(5 e 6 marzo)ANTIREPRESSIONE. Parteciperanno a questa due giorni le famiglie ed i comitati di: Federico Aldrovandi, Renato Biagetti, Aldo Bianzino, Carmelo Castro, Stefano Cucchi, Dax, Daniele Franceschi,Stefano Frapporti, Franco Mastrogiovanni, Benedetto Petrone, Giuseppe Uva e la testimonianza diretta di Isidro Diaz.

Ci saranno quattro workshop,all’interno dei quali ascolteremo le singole storie dei nostri fratelli vittime di violenza repressiva e cercheremo di studiarne gli aspetti per comprendere insieme quali possano essere le migliori forme di monitoraggio e di lotta contro la violenza di Stato operata quotidianamente dalle forze dell’ordine,che sempre più praticano squallidi abusi di potere.

Sabato 5 marzo cominceremo col parlare di carcere e morti di carcere,perché di carcere si muore e non per cause naturali! Anche questa è una “mattanza democratica” inaccettabile che dobbiamo imparare a combattere.

Il secondo workshop avrà come tema : svastiche e lame fasciste e la loro connivenza con lo Stato.

Tenere sempre alto il livello di guardia per non permettere loro mai, di alzare la testa.

Nell’ultimo workshop della giornata parleremo di stato etico e violenza proibizionista,analizzando le leggi in vigore e le “punizioni esemplari” attuate dallo Stato per reprimere.

La giornata di domenica si aprirà con il workshop sui C.I.E.( i lager esistono ancora in Italia), e nel pomeriggio continuerà con un’assemblea metropolitana nella quale si riassumeranno tutti gli argomenti e si tracceranno le linee di lotta da praticare. Entrambe le giornate ospiteranno mostre,perfomance teatrali,di danza e musica.Tra gli altri artisti ricordiamo il concerto dei Bisca e dei Playmobil from Chernobyl,sabato 5 marzo.

Saranno due giorni in cui potremo guardare insieme, ai fenomeni di repressione, sia politicamente,ma anche senza tralasciarne il lato umano ed affettivo che la violenza repressiva comporta: il dolore ,la solitudine , la rabbia, la pena, il senso di vuoto e di ingiustizia, il grido profondo dell’Io violato.

…“In te mi specchio,fratello,nel tuo riflesso,fatto di contorni e sfumature diverse…ma vivo e lotto per sentirti ancora e per sempre…VIBRARE!”

Vi aspettiamo per poter gridare insieme che non si può e non si deve permettere più che si muoia così.

Mercato Occupato.

Bari, 5 e 6 Marzo 2011

 

 

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Se ne andata Franca, la mamma di Antonio

I funerali di Franca Salerno

Il mio corpo non aveva mai sostenuto quello di un corpo morto.

Le mie spalle non avevano mai sorretto una bara prima di ieri pomeriggio… e ringrazio tutte di avermi coinvolto inaspettatamente.
Portare Franca sulla mia spalla è stata una grande emozione,
il suo peso sulle mie spalle è stato piacevole, il suo peso e quello della sua storia in questo modo sono entrate ancora di più nel mio corpo. Noi donne, a portare il tuo corpo.
Siamo donne Franca mia, e la rivoluzione -quando decidiamo di farla, che ci sia o no- passa sempre su di noi,  ci lacera la carne, ci entra dentro
Tu lo sai bene, sorella e compagna, madre e combattente: lo sai bene perchè la tua strada non ha avuto mai pace, mai una passeggiata che non fosse una faticosa salita.
Perchè il tuo corpo ha sempre pagato, perché hai messo al mondo una meraviglia che c’ha lasciato troppo troppo presto, perché da quando eri poco più di una bimbetta hanno cercato di spezzare il tuo volo e alla fine, comunque, non ci sono mai riusciti del tutto.

Portava i tuoi occhi quel dolce Antonio che tutti noi abbiamo amato, portava i tuoi occhi, occhi liberi!

Ed ora tu libera lo sei sul serio…ora non ci sarà cemento né sbarre a fermare il tuo cammino e il tuo sguardo. E’ finito il dolore, ora sei libera come quel sorriso che c’hai donato-
Ora sei evasa sul serio da quella galera, come già aveva fatto il tuo corpo combattente e troppo libero per sottostare alla follia e alla tortura del carcere, del carcere speciale, dell’isolamento.
Non so come trovare le parole per salutarti, voglio solo dirti che la tua storia è la mia storia.
Che per me sei TUTTA da ricordare: la Franca della sua adolescenza in fuga, della sua militanza, della scelta delle armi, del carcere, delle evasioni, dei pestaggi sul pancione, dei primi anni di tuo figlio in isolamento con te in un carcere speciale sardo, della sua morte poi dopo che finalmente eravate tornati insieme, e poi la tua malattia e il modo in cui l’hai combattuta.
Ciao Franca, grazie

Baruda _ciao Franca, cuore e sangue nostro_

E’ morta la nostra compagna Franca Salerno.
La mamma di Antonio, lei che lo tenne in pancia durante il suo arresto, che lo partorì in cella e che gli diede i primi tre anni di vita a Badu e Carros, il terribile carcere di Nuoro.

Antonio l’ha lasciata poco dopo la fine della sua vita da detenuta.
Il suo amato figlio è morto sul lavoro, ammazzato dalla strage quotidiana della precarietà…

e il corpo stanco di Franca non ha retto.

E’ morta stanotte, dopo una malattia lacerante.
Franca ha una lunga storia che è la storia di tutt@ noi

Ciao Franca, abbracciaci Antonio, almeno  quello!

PER CHI VOLESSE SALUTARLA, DOMANI (4 FEBBRAIO) DALLE 13 ALLE 16 CI SI VEDE AL LABORATORIO ACROBAX, EX-CINODROMO (PONTE MARCONI) – Roma

Antonio Salerno Piccinino
Antonio Salerno Piccinino

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Visita a Roma dei referenti del Frente Popular Darío Santillán

Nell’ambito della visita a Roma di due referenti del FPDS – Frente Popular Dario Santillan (un compagno impegnato nella lotta per il diritto alla casa e una compagna impegnata nello spazio di formazione di genere)

Vogliamo proporvi un incontro per domenica 30 gennaio dalle 16.00 alle 19.00 presso il Laboratorio Sociale Autogestito 100celle.

Durante questo incontro pubblico vorremmo avviare uno scambio di esperienze su alcuni temi in particolare: diritto all’aborto, salute, violenza contro le donne, autogestione e lavoro.

In Argentina l’aborto è legalmente ristretto e la rivendicazione per il diritto all’aborto legale, sicuro e gratuito è tra i primi punti all’agenda del movimento di donne argentine.

Le esperienze delle fabbriche recuperate dalle lavoaratrici e dai lavoratori (Bruckman, Zanon, etc), la creazione di cooperative di lavoro e imprendimenti produttivi con un alta percentuale di partecipazione delle donne all’interno dei movimenti popolari possono offrire importanti stimoli di riflessione e confronto sulla situazione attuale italiana

I compagni del FPDS, porteranno materiali informativi e di divulgazione delle attività del movimento di cui fanno parte con l’obiettivo di interscambiare esperienze e allacciare possibili contatti di collaborazione e solidarietà

Maggiori informazioni sul Frente Popular Darío Santillán si trovano sulla pagina web: http://frentedariosantillan.org

Maggiori informazioni sull’”Espacio de Mujeres” del Frente Popular Darío Santillán si trovano al seguente indirizzo: http://mujeresdelfrente.blogspot.com/

Per adesioni all’iniziativa del 30 gennaio 2011

di seguito il comunicato inviato da ProgettoSur Onlus Cooperazione Italia-Argentina

Visita a Roma dei referenti del Frente Popular Darío Santillán (FPDS)

L’associazione PROGETTO SUR comunica che dal venerdì 28 gennaio a mercoledì 2 febbraio 2011 saranno presenti a Roma due referenti del Frente Popular Darío Santillán (FPDS), il più interessante ed innovativo movimento popolare argentino nato nel 2004 dall’apertura del settore autonomo dei Movimenti di Lavoratori Disoccupati (i ‘piqueteros’) ad organizzazioni studentesche, sindacali e ambientaliste, a gruppi culturali, rurali, a spazi di giovani, di donne e di intellettuali. Il FPDS è composto da organizzazioni dal diverso profilo ideologico, ma che hanno in comune l’avversione all’imperialismo e al capitalismo e la convinzione che per costruire potere popolare si debba passare per un processo di unità basato sullo sviluppo di pratiche e riflessioni condivise. Riunisce attualmente circa 5000 donne e uomini che, in media, non superano i 40 anni di età, che provengono dalle lotte sociali senza esser passati per le classiche strutture partitiche, e che sono alla ricerca permanente di forme di organizzazione popolare che sappiano combinare democrazia ed efficacia.

Il Frente Popular Darío Santillán si definisce un movimento sociale e politico, multisettoriale e autonomo, a vocazione rivoluzionaria. Darío Santillán, assassinato durante una manifestazione, il 26 giugno 2002 all’età di 21 anni, per aver cercato di proteggere un altro manifestante dalle cariche della polizia, è il punto di riferimento delle giovani generazioni che uniscono l’impegno concreto nelle urgenti rivendicazioni quotidiane con la volontà di promuovere dei cambiamenti rivoluzionari.Il FPDS, ha promosso la costituzione del Coordinamento di Organizzazioni e Movimenti Popolari (COMPA) insieme a più di 50 organizzazioni che, nel panorama politico argentino, costituiscono la sinistra indipendente, nella convinzione che solo nell’unità di pratiche e riflessioni comuni, la lotta popolare può avere delle prospettive di incidenza politica a larga scala. Per la stessa ragione il FPDS fa parte dell’‘ALBA dei movimenti sociali’ insieme all’MST del Brasile e al FNCEZ del Venezuela.




Comitato Donne 100celle&Dintorni

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Incontro pubblico – E’ stato morto un ragazzo

Incontro pubblico – E’ stato morto un ragazzo

FEDERICO ALDROVANDI

SALA DEL CARROCCIO – CAMPIDOGLIO

venerdì 28 gennaio 2011 – ore 15.30

Incontro pubblico e proiezione del film

Introduce: Dean Buletti (giornalista di “chi l’ha visto?”)

Intervengono: Patrizia Moretti (Madre di Federico)
Checchino Antonini, Cinzia Gubbini,
Fabio Nobile, Mauro Corradini Aldrovandi,
Stefania Zuccari (Comitato Madri per Roma Città Aperta)

Coordina: Claudio Ortale

Conclude: Andrea Alzetta

Gruppo Consiliare Capitolino “ROMA IN ACTION”
Federazione della Sinistra Roma
Per informazioni e contatti: Eleonora Tedeschi 3385069168 – 06671072378

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La tortura in Italia non è reato

LA TORTURA IN ITALIA NON È REATO

Riflessioni attorno ad una legge che non c’è

Per i diritti dentro e fuori le carceri.

Che cos’è la tortura? È qualunque violenza o coercizione, fisica o psichica, esercitata su una persona per estorcerle una confessione o informazioni, per umiliarla, punirla o intimidirla. La tortura offende la dignità umana, produce sofferenza fisica e/o psicologica.

La definizione di tortura posta dall’articolo 5 della Convenzione delle Nazioni Unite del 1984 pone  l’accezione “estorsiva” di tortura al primo posto, ma le affianca giustamente l’accezione “punitiva”  nonché la finalità che possiamo definire “repressiva” .

Nel 1987 l’Italia ha ratificato la convenzione Onu che vieta la tortura. Ma da allora non è ancora stata tradotta in legge e i tribunali non possono perseguire adeguatamente chi commette questo reato.

Per i fatti di Bolzaneto legati al G8 di Genova del 2001 i pubblici ministeri sono stati costretti a contestare solo l’abuso di ufficio. Eppure i manifestanti fermati nella caserma di Bolzaneto subirono ogni sorta di vessazioni, costretti a stare in piedi per ore, picchiati, presi in giro, privati di cibo e acqua, furono trattati in modo inumano e degradante, di fatto furono torturati.

La proposta di legge che introduce il reato di tortura è stata approvata alla Camera nel dicembre 2006 e licenziata dalla commissione giustizia del Senato nel luglio 2007. Poi si è fermata.

Il Comitato Madri per Roma Città Aperta, nell’impegno di conservare e promuovere i valori dell’antifascismo, come base fondante e insostituibile della nostra democrazia, ha intrapreso un percorso volto alla riflessione sul significato attuale di resistenza e antifascismo. Un momento importante è stato l’incontro con i familiari di vittime di violenza da parte di rappresentanti delle forze dell’ordine, che ha portato il Comitato all’adesione alla campagna per il riconoscimento in Italia del reato di tortura, che diverse associazioni stanno portando avanti da oltre vent’anni.

Ancora quest’anno, nel corso della seduta del 9 giugno del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, l’Italia ha respinto la raccomandazione con la quale era stata invitata a introdurre il reato di tortura nel nostro codice penale.

Il Comitato Madri per Roma Città Aperta ritiene quindi importante affrontare in una confronto pubblico il tema dell’attualità e del valore antifascista e della Resistenza della campagna di introduzione del reato di tortura in Italia, invitando, nel luogo deputato alla memoria di infami atti di tortura perpetrati dal regime fascista, alcuni dei protagonisti di questo impegno

Sabato 11 Dicembre 2010 ore 10.00

Museo Storico della Liberazione  di via Tasso

Relazione introduttiva di Mauro PALMA Comitato Europeo per la prevenzione della tortura
Interverranno:

BE FREE Cooperativa sociale

Giulia CESETTI redattrice di Silenzio assordante – radio ondarossa
Eugenio IAFRATE educatore nelle carceri
Gastone MALAGUTI partigiano
Cristina MIHURA familiare di desaparecidos uruguaiani

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Resistenza e cittadinanza

Casa Internazionale delle Donne     Museo della Liberazione di Via Tasso       Società delle Storiche      Associazione nazionale ex deportati sezione di Roma

8 settembre 2010, ore 17

Donne nella Repubblica:  Resistenza e cittadinanza

Introduce e coordina:  Simona Lunadei

Interventi : Vera Michelin Salomon :  L’8 settembre…come gattini ciechi

Marisa Rodano : La giunta comunale negli anni ‘50

Anita Pasquali : La battaglia per il piano regolatore e gli asili nido

Madri per Roma città aperta: La Resistenza al fascismo oggi

Tetyana Kuzyk: Cittadinanza e rappresentanza delle/dei  migranti

Letture da

Carla Capponi,  Con cuore di donna. L’8 settembre, via Rasella, la guerra partigiana: i ricordi di una protagonista

Roberto Garavini   I miei anni 40 – Torino tra fascismo e Seconda guerra mondiale

Marisa Ombra, La bella politica. La Resistenza, “Noi Donne”, il femminismo

Lucia Ottobrini, intervista in Donne e Resistenza nella provincia di Roma. Testimonianze e documenti, a c. S.Lunadei, L.Motti

Maria Teresa Regard, Autobiografia 1924-2000, Testimonianze e ricordi

Interventi musicali a cura di BandaJorona

Bianca Giovannini (voce) e Ludovica Valori (fisarmonica)

dalle ore 21 in giardino spettacolo teatrale

“Il cestino delle mele”

con Federica Seddaiu, Claudia Crisafio, Maria Scorza, Cecilia d’Amico

regia Alessio Mosca

scene e costumi Francesca Sassu

( ingresso a sottoscrizione, 10 euro con consumazione)

Casa Internazionale delle donne , via della Lungara 19, 00165 Roma

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Nella tua città c’è un lager

A tutte le persone che vivono in questo paese
A tutti coloro che credono ai giornali e alla televisione

Qui dentro ci danno da mangiare il cibo scaduto, le celle dove dormiamo
hanno materassi vecchi e quindi scegliamo di dormire per terra, tanti tra
di noi hanno la scabbia e la doccia e i bagni non funzionano.
La carta igenica viene distribuita solo 2 giorni a settimana, chi fa le
pulizie non fa nulla e lascia sporchi i posti dove ci costrigono a vivere.

Il fiume vicino il parcheggio qui fuori è pieno di rane e zanzare  che
danno molto fastidio tutto il giorno, ci promettono di risolvere questo
problema ma continua ogni giorno.

Ci sono detenuti che vengono dai CIE e anche dal carcere che sono stati
abituati a prendere la loro terapia ma qui ci danno sonniferi e
tranquillanti per farci dormire tutto il giorno.

Quando chiediamo di andare in infermeria perchè stiamo male, l’Auxilium ci
costringe ad aspettare e se insistiamo una banda di 8-9 poliziotti ci
chiude in una stanza con le manette, s’infilano i guanti per non lasciare
traccia e ci picchiano forte.

Per fare la barba devi fare una domandina e devi aspettare, 1 giorno a
settimana la barba e 1 i capelli.
Non possiamo avere la lametta.

Ci chiamano ospiti ma siamo detenuti.

Quello che ci domandiamo è perchè dopo il carcere dobbiamo andare in
questi centri e dopo che abbiamo scontato una pena dobbiamo stare 6 mesi
in
questi posti senza capire il perchè.
Non ci hanno identificato in carcere? Perchè un’altra condanna di 6 mesi?

Tutti noi non siamo daccordo per questa legge, 6 mesi sono tanti e non
siamo mica animali per questo hanno fatto lo sciopero della fame tutti
quelli che stanno dentro il centro e allora, la sera del 3 giugno, è
cominciata così:

ci hanno detto: “se non mangi non prendi terapie” ma qui ci sono persone
con malattie gravi come il diabete e se non mangiano e si curano muoiono.

Uno di noi è andato a parlare con loro e l’hanno portato dentro una stanza
davanti l’infermeria dove non ci sono telecamere e l’hanno picchiato.
Così la gente ha iniziato ad urlare di lasciarlo stare.
In quel momento sono entrati quasi 50 poliziotti con il loro materiale e
con un oggetto elettrico che quando tocca la gente, la gente cade per
terra.
Le guardie si sono tutte spostate sopra il tetto vicino la caserma dei
carabinieri qui dentro, dove sta il campo da calcio.
Dalla parte sinistra sono entrati altri 50 poliziotti.

Quando abbiamo visto poliziotti, militari, carabinieri, polizia, finanza e
squadra mobile ufficio stranieri (che sono i più infami) sui tetti, uno di
noi ha cercato di capire perchè stavano picchiando il ragazzo nella
stanza.
«Vattene via sporco » un poliziotto ha risposto così.
In quel momento siamo saliti tutti sopra le sbarre e qualcuno ha bruciato
un materasso e quindi i poliziotti si sono spavenati e sono andati fuori
le
mura per prendere qualcuno che scappava.

Da quella notte non ci hanno fatto mangiare nè prendere medicine per due
giorni.

Abbiamo preso un rubinetto vecchio e abbiamo spaccato la porta per uscire
e quando la polizia ha visto che la porta era aperta hanno preso caschi e
manganelli e hanno picchiato il più giovane del centro, uno egiziano.
L’hanno fatto cadere per terra e ci hanno picchiati tutti anche con il
gas, hanno rotto la gamba di un algerino e hanno portato via un vecchio
che
la sua famiglia e i sui figli sono cresciuti qui a Roma, hanno lanciato
lacrimogeni e hanno detto che noi abbiamo fatto quel fumo per non  far
vedere niente alle telecamere. Così hanno scritto sui giornali.

Eravamo 25 persone e alcune uscivano dalla moschea lontano dal casino, ma
i giornali sabato hanno scritto che era stato organizzato tutto dentro la
moschea e ora vogliono chiuderla.
La moschea non si può chiudere perchè altrimenti succederebbe un altro
casino.

Veniamo da paesi poveri, paesi dove c’è la guerra e ad alcuni di noi hanno
ammazzato le famiglie davanti gli occhi.
Alcuni sono scappati per vedere il mondo e dimenticare tutto e hanno visto
solo sbarre e cancelli.

Vogliamo lavorare per aiutare le nostre famiglie solo che la legge è un
po’ dura e ci portano dentro questi centri.
Quando arriviamo per la prima volta non abbiamo neanche idea di come è
l’Europa.
Alcuni di noi dal mare sono stati portati direttamente qui e non hanno mai
visto l’Italia.

La peggiore cosa è uscire dal carcere e finire nei centri per altri 6
mesi.

Non siamo venuti per creare problemi, soltanto per lavorare e avere una
vita diversa, perchè non possiamo avere una vita come tutti?
Senza soldi non possiamo vivere e non abbiamo studiato perchè la povertà è
il primo grande problema.
Ci sono persone che hanno paura delle pene e dei problemi nel proprio
paese.
Per questi motivi veniamo in Europa.

La legge che hanno fatto non è giusta perchè sono queste cose che ti fanno
odiare veramente l’Italia.
Se uno non ha mai fatto la galera nel paese suo, ha fatto la galera qua in
Italia.
Vogliamo mettere apposto la nostra vita e aiutare le famiglie che ci
aspettano.

Speriamo che potete capire queste cose che sono veramente una vergogna.

Un gruppo di detenuti del CIE di Ponte Galeria (Roma)

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Appello alle antirazziste e agli antirazzisti

Firmate e diffondete!

QUESTO APPELLO È RIVOLTO ALLE ANTIRAZZISTE E AGLI ANTIRAZZISTI CHE NON INTENDONO TACERE
http://www.nocie.org

A coloro che intendono schierarsi apertamente, in maniera netta e senza
ambiguità, per la chiusura definitiva dei Centri di identificazione ed
espulsione, strutture che rappresentano concretamente il simbolo più
evidente della negazione dei diritti – primo fra tutti quello della libertà
personale – nonché momento estremo del controllo sociale.
Voluti dall’Unione Europea per affermare la propria definizione di
fortezza che garantisce i diritti solo ad alcuni e in certi casi, messi in
atto in Italia da un governo di centro sinistra, rafforzati e peggiorati
dai governi di destra, i Cie sono la dimostrazione della politica espressa
dal nostro Paese nei confronti degli “stranieri”, in un percorso che dal
rifiuto porta alla rimozione, alla negazione dell’altro. Buchi neri del
diritto nazionale e internazionale, spesso nascosti agli occhi dei
cittadini nelle periferie delle città, inaccessibili e non monitorabili, i
Cie sono nei fatti un’istituzione illegale, risultato di abusi giuridici e
di leggi razziali come quella che introducendo il “reato di clandestinità”,
nega il principio di eguaglianza.
Chi ci è entrato ha avuto modo di toccare con mano rabbia, dolore e
violenza. L’estensione a sei mesi del tempo massimo di detenzione ha acuito
ancora di più la disperazione, che spesso si traduce in tentativi di
suicidio, in vite che si frantumano nel silenzio e nell’indifferenza. Chi
ha ascoltato la voce di quelle e quelli che in maniera ipocrita vengono
chiamati “ospiti”, riuscendo a sfondare il muro impenetrabile di
invisibilità che nasconde i destini di persone costrette in gabbia, può
affermare con nettezza che i Cie, un tempo Cpt, sono irriformabili.
Perché è inaccettabile restare rinchiusi per il solo fatto di aver varcato
una frontiera per necessità, per il solo fatto di esistere e aspirare a un
futuro migliore. L’esistenza dei Cie si colloca nel disegno di chi vuole
uomini e donne migranti in perenne condizione di ricattabilità,
impossibilitati ad accedere a percorsi di regolarizzazione, scorie finali
di chi è espulso dal circuito produttivo dopo essere stato sfruttato e
costretto alla clandestinizzazione.
Gabbie e cemento, nascondono destini spezzati, tentativi di rivolta,
furore legittimo e repressione sistematica. Gli enti gestori, che da queste
strutture guadagnano milioni di euro macchiati di sangue, provvedono a far
trovare ambienti puliti alle delegazioni che riescono a entrare. Ma basta
guardare negli occhi gli uomini e le donne che stanno dietro quelle sbarre,
per ritrovarsi in faccia una realtà celata e rimossa.
Quella che chiediamo non è soltanto una firma di circostanza, ma un
impegno duraturo.
Chiediamo che chi opera nei mezzi di informazione, nelle associazioni
umanitarie, nelle istituzioni, nel mondo della cultura e dello spettacolo,
si assuma, sottoscrivendo, una responsabilità precisa.
Quella di forzare l’omertà che consente tale vergogna e di raccontare.
Raccontare con onestà, non fermandosi all’apparenza ma per comunicare
quanto sia importante chiudere tutti i Cie.
Scegliendo oggi di disobbedire al consenso di cui gode il razzismo
istituzionale.
Un giorno, speriamo non lontano, luoghi infami come i Cie diventeranno
simboli di una vergogna passata, da visitare per non dimenticare, per non
ripetere.

PER ADERIRE: http://www.nocie.org

PRIME ADESIONI

Adriano Bono, musicista, Roma
Alessandra Magrini, attrice e autrice di Madama Cie
Alessia Montuori, Associazione SenzaConfine, Roma
Alex Zanotelli
Alessandra Sciurba, Università di Palermo e Meltingpot Europa
Andre Segre, regista di Come un uomo sulla terra
Annamaria Rivera, antropologa, Università di Bari
Anpi, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia
Ascanio Celestini, attore, Roma
Carlo Marrapodi, attore cinematografico e teatrale, ex operaio
ThyssenKrupp
Caterina Romeo, Sapienza Università di Roma
Christiana de Caldas Brito, scrittrice, Roma
Clotilde Barbarulli, Giardino dei Ciliegi, Firenze
Compagnia teatrale indipendente Attrice Contro, Roma
Cristiano Castelfranchi, Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione
del CNR, Roma
Elio Germano, attore, Roma
Emilio Quadrelli, Università di Genova
Emilio Quinto, giornalista, Milano
Fabio Geda, scrittore
Federico Raponi, giornalista, Roma
Fulvio Vassallo Paleologo, Università di Palermo
Gabriele del Grande, giornalista e fondatore di Fortress Europe
Gianluigi Lopes, Medici Senza Frontiere, Roma
Igiaba Scego, scrittrice e giornalista, Roma
Julio Monteiro Martins, scrittore, Università di Pisa e Scuola Sagarana,
Lucca
Laura Guazzone, Sapienza Università di Roma
Le donne che si sono incontrate al presidio del 25 novembre in piazza
Cadorna, Milano
Lea Melandri, saggista e giornalista, Milano
Luca Queirolo Palmas, ricercatore, Università di Genova
Marco Santopadre, Radiocittaperta, Roma
Maria Cristina Mauceri, Università di Sydney, Australia
Maria Grazia Campari
Maria Immacolata Macioti, Sapienza Università di Roma
Militant A, Assalti Frontali, Roma
Missionari Comboniani di Castel Volturno, Caserta
Monica Pepe, giornalista, Roma
Natacha Deaunizau, attrice, Francia
Nicoletta Poidimani, ricercatrice indipendente, Bologna
Nora Morales De Cortiñas, Madres de Plaza de Mayo, línea fundadora, Buenos
Aires, Argentina
Paolo Agnoletto, avvocato, Milano
Paolo Molinari, giornalista, Roma
Riccardo Petrella, economista politico, Università di Lovanio
Stefano Liberti, giornalista, il Manifesto, Roma
Stefano Mencherini, giornalista indipendente
Valerio Bindi, fumettista e disegnatore, Italia
Vittorio Agnoletto
ZeroViolenzaDonne.org

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