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Abitare
il mondo,sentirsi a casa
Le maternità negate
11 febbraio 2009 – ore 16.30 – 20.00
Sala Renato Biagetti,
Città dell’altra economia
Largo Dino Frisullo-Roma
Gli stranieri residenti in Italia sono oggi circa 4
milioni, dei quali la metà donne
Più di recente l’offerta di lavoro prettamente al
femminile maturata in Italia, in particolar modo per coprire alcune carenze del
welfare sociale, ha attirato donne sole alla ricerca di una svolta economica
celere che le riportasse più agiatamente alla vita nei loro Paesi d’origine. La
progressiva femminilizzazione dei flussi migratori risulta essere stimata in
Italia, intorno al 31 dicembre 1999, del 46,3% di donne sul totale della
popolazione immigrata, mentre negli anni sessanta sfiorava appena il 30%.
Questi dati segnano, all’interno del fenomeno
migratorio, una chiara dinamica di genere. L’esperienza migratoria per le donne
è stata, e continua ad essere, molto più difficile di quanto lo sia per gli
uomini. Uno dei fattori più importanti è proprio
la maternità: quella a distanza, che implica il
distacco affettivo con i figli lasciati nel paese d’origine.
Centinaia di donne in questi anni hanno attraversato
il mondo alla ricerca di un luogo che le accogliesse per cercare la possibilità
di una vita migliore. Per se stesse ma soprattutto per i figli.
Una rinuncia alla propria piena maternità, una
condanna a vivere in silenzio la difficile separazione dai figli e al non
vedere e poter contribuire alla loro crescita. Metterli al mondo ed essere
costrette a lasciarli proprio per permettere loro di vivere. Ma con quale
futuro, senza una madre, un genitore che li guidi?
Orfani sociali, termine coniato in Moldavia per
indicare i minori con madre emigrata. (“Badanti, ricchezza ma disagio sociale”
Avvenire 23.11.07). La faccia più triste dell’esodo dalla Romania sono le
vittime collaterali: i sessantamila bambini rimasti in patria senza genitori.
(“Fuga dalla Romania”. La Repubblica 11.11.07) Aumento di casi di bullismo tra
adolescenti, aumento di microcriminalità e di baby gang, abbandoni scolastici,
sono i segnali del grave disagio sociale provocato dall’assenza dei genitori e
dalla disponibilità di denaro facile.
I diritti
negati
“Prima le
donne e i bambini! ”,sembrerebbe il riconoscimento di una priorità e invece
così non è. Donne e bambini che garantiscono la continuità della specie, la
solidità e stabilità delle società sono nella realtà odierna l’elemento debole
del mondo.
L’infanzia del terzo millennio, ovunque sia e viva,
in America Latina, come in Africa, in Asia come nell’Est Europa, deve invece essere
al centro di una preoccupazione umanitaria internazionale proprio a partire
dalla Convenzione sui diritti del Fanciullo di New York del 20 dicembre ’89.
L’art. 9 di
questa Convenzione recita che “gli Stati
parti vigilano affinché il fanciullo non sia separato dai suoi genitori”.L ’art.
10:“ Un fanciullo i cui genitori
risiedono in Stati diversi ha diritto a intrattenere rapporti personali e
contatti diretti regolari con entrambi i suoi genitori”.
Prima ancora la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, adottata dall’Assemblea
Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948,all’art. 25 afferma che “ La
maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i
bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa
protezione sociale.”
L’art.29 della nostra Costituzione riconosce i
diritti della famiglia come società naturale, l’art.31 la protezione della
maternità e dell’infanzia, l’art.32 la tutela della salute come fondamentale
diritto dell’individuo, diritti validi per tutti senza distinzione di sesso,
razza,lingua, religione (art.3).
Tutti questi dettami sono calpestati,per arrivare
alle più recenti aberrazioni dell’obbligo di denuncia da parte dei medici che
dovrebbero segnalare alla polizia gli stranieri privi di permesso di soggiorno
o all’inasprimento delle norme per il ricongiungimento con i familiari.
In un Paese dove la retorica della maternità dilaga
queste norme si traducono in una beffa amarissima
Maternità
condivisa
Come
risarcire i diritti negati?
La risposta sta nel cercare la condivisione di tante
sofferenze da parte di altre madri, che riesca a rompere il silenzio che
circonda la condizione di tante donne che ci vivono accanto e faccia emergere
chiaramente un universo femminile finora solo intravisto, spesso ignorato per
opportunismo. “Io in quanto donna non ho patria. In quanto donna, la mia patria
è il mondo intero(Virginia Woolf)”
Sottolineiamo con determinazione i principi di uguaglianza di ogni donne,
italiana e migrante, e che i diritti delle une devono diventare i diritti delle
altre.
I diritti
negati vanno affermati attivando strategie di un nuovo welfare transnazionale
che immetta risorse e servizi socio/educativi nei paesi a cui si sottrae cura; facilitando i ricongiungimenti familiari, assicurando i
diritti fondamentali dell’Uomo.
Ancora:possibilità per le madri che lasciano i
bambini nei loro paesi di contattare facilmente i loro figli con incentivi sui
trasporti da e verso il paese di origine, con un ampio progetto di solidarietà
tra donne che impegni l’Italia e i paesi
di origine.
Vogliamo valorizzare il significato di madre, inteso
in una sua accezione più ampia di fertilità non solo fisica ma mentale. Perchè
proprio in tanti paesi del mondo , devastati dalle guerre e dalla
globalizzazione, il ruolo della maternità diventa “rivoluzionario”. Continuando
a generare figli, le donne garantiscono la continuità e l’esistenza ai popoli del mondo.