Le foibe e il fascismo

Corriere della sera –
Domenica 27 Aprile 2008

 

Il caso – Lo
scrittore triestino-sloveno pone il problema delle responsabilità per la
pulizia etnica

Pahor  riapre la
polemica sulle foibe

 

“Silenzi sugli eccidi del Duce: potrei dire no a
un’onoreficenza della Repubblica”

Marisa Fumagalli

 

La reazione “politicamente scorretta” di un grande vecchio
della letteratura di confine , scoperto e acclamato in tempi troppo recenti,
resuscita i fantasmi del passato e crea un “caso imprevisto”. Mettendo perfino
in imbarazzo le istituzioni.

Succede, dunque che Boris Pahor, nato a trieste nel 1913,
sloveno ma di cittadinanza italiana (“me la imposero, durante la dittatura di
Mussolini”). Sulla cresta dell’onda perché il suo libro Necropoli, scritto quarant’anni fa nella lingua madre, è stato
tradotto, rilevandoci l’esperienza più drammatica della sua vita (la detenzione
nel lager nazista di Natweler-Struthof) oltre alle sue qualità di letterato,
abbia quasi  preventivamente rifiutato una
proposta di onorificenza. “Stenterei ad accettarla-ha detto- da un presidente
della repubblica che ricorda soltanto le barbarie commesse dagli sloveni alla
fine della Seconda Guerra mondiale, ma non cita le precedenti atrocità dell’Italia
fascista contro di noi”. L’amarezza di Pahor nasce dal fatto che il capo dello
Stato , nel Giorno del ricordo del 2007 ed anche nel febbraio scorso, non cita
“le fucilazioni degli ostaggi sloveni e i crimini dei campi di concentramento
italiani”. Sottacendo così una parte di storia.

“ Il suo mi sembra un giudizio eccessivo, uno sguardo troppo
stretto sulle parole di Napolitano”, commenta con un certo disagio, colui che
ha avuto l’idea di premiare Pahor. E’ il sottosegretario (uscente) agli
interni, Ettore Rosato (Pd), che, durante la cerimonia del 25 Aprile, alla
Risiera di San Saba, ha pensato di compiere un bel gesto annunciando l’iter per
il riconoscimento onorifico. Aggiunge:” O il Giorno del ricordo è dedicato alle
foibe, su quella tragedia mise l’accento il presidente. Di antifascismo si è
parlato tante volte”. E il sindaco di Trieste, Roberto Di piazza (Pdl), pur apprezzando
lo spirito libero di Pahor”intellettuale onesto” invita a superare il passato,
forte del processo di pacificazione tra sloveni e italiani.

Il grande vecchio è d’accordo, ma nel merito della polemica
non arretra di un millimetro. “ Qui nella Venezia Giulia, il clima, certo è
rasserenato – osserva -. Ciò mi sta bene. Ma la storia è storia. E non è
accettabile che il capo dello stato pronunci, come ha fatto, a proposito delle
foibe, parole che rievocano “i delinquenti sanguinari slavi” senza dar conto
dell’oppressione fascista, della barbarie etnica, che la precedettero. Inoltre,
-continua- Napoletano sa bene che i comunisti italiani, allora , erano
complici. Che furono loro a dare ai partigiani jugoslavi i nomi di coloro che
andavano eliminati”.

Espressioni forti, nette. “ Non posso distruggere metà della
mia gioventù” riflette Pahor. Poi torna sulle ombre del passato che, oggi, la
politica tenta di dissipare: “ Ricordo bene quando, tempo fa, vennero a Trieste
Luciano Violante e Gianfranco Fini. Si misero d’accordo, nel non attaccarsi a
vicenda—-Comunque sia , le condizioni per un’eventuale onorificenza sono
queste: dev’essere citato , non solo il mio libre Necropoli, ma anche le atre opere letterarie. Il rogo nel porto, per esempio. Dove si raccontano i crimini
fascisti. Chiedo-conclude- che l’espressione crimini fascisti venga scritta,
nero su bianco”.

Arriverà o no per Pahor il cavalierato della Repubblica?
Vederemo . Candidato al Nobel, lo scrittore triestino l’anno scorso fu
insignito della Legion d’onore di Francia, paese dove da tempo è una celebrità.
Ora è il suo momento italiano: per lui si prospetta un’altra onorificenza.
Elido Fazi, editore di necropoli, ha promosso una raccolta di firme, affinché
gli venga attribuita, nell’ambito dello Strega, la “ menzione d’onore”. Il
premio non potrebbe vincerlo. Il regolamento prevede che le opere in concorso
siano scritte in lingua italiana.

 

 

 

La storia- Alle
origini della tragedia

 

I fascisti inventarono le fosse poi le vittime furono
italiane

di Predrag Matvejevic

 

Ho scritto sulle vittime delle foibe anni fa in ex
Jugoslavia, quando se ne parlava poco in Italia. Ero criticato. Ho avuto modo
di sostenere gli esuli italiani dell’Istria e della Dalmazia ( detti con un
neologismo caratteristico “esodati”). L’ho fatto prima e dopo aver lasciato il
mio paese natio e scelto, a Roma, una via fra “asilo ed esilio”.
Condivido il cordoglio italiano, nazionale e umano , per le vittime innocenti,
espresso giustamente e senza ambiguità da presidente della repubblica Giorgio Napolitano.

Si , le foibe sono un crimine grave. Sì la stragrande
maggioranza di queste vittime furono proprio gli italiani. Ma per la dignità di
un dolore corale bisogna dire che questo delitto è stato preparato e anticipato
anche da altri, che non sono sempre meno colpevoli degli esecutori degli “infoibamenti”.

La tragica vicenda è infatti  cominciata prima, non lontano dai luoghi dove
sono stati poi  compiuti quei  crimini atroci. Il 20 settembre del 1920
Benito Mussolini tiene  un discorso a
Pola ( e non è stata certo casuale la scelta della località). E in quell’occasione
dichiara: “ per realizzare il sogno mediterraneo bisogna che l’Adriatico, che è
un nostro golfo, sia in mano nostre, di fronte ad una razza come la slava ,
inferiore e barbara”. Ecco  come entra in
scena il razzismo, accompagnato dalla “pulizia etnica”. Gli slavi perdono il
diritto che prima, al tempo dell’Austria avevano, di servirsi della propria
lingua nella scuola e nella stampa, il diritto della predica in chiesa e
persino quello della scritta sulla lapide nei cimiteri. Sì, cambiano
massicciamente i loro nomi, si cancellano le origini, li si costringe ad
emigrare…

Ed è appunto in un contesto del genere che si sente
pronunciare , forse per la prima volta, la minaccia della “foiba”. E’ il
ministro fascista dei Lavori pubblici Giuseppe Coboldi Gigli, che si era
affibbiato da solo il nome vittorioso di “Giulio italico”, a scrivere nel
1927:” La musa istriana ha chiamato Foiba degno posto di sepoltura per chi
nella provincia d’Istria minaccia le caratteristiche nazionali dell’Istria (da Gerarchia IX 1927). Affermazione alla
quale lo stesso ministro aggiungerà anche i versi di una canzonetta dialettale
già in giro:”Pola xe l’Arena, la Foiba xe
a Pisin
”.

Le foibe sono dunque un’invenzione fascista. E dalla teoria
si è passati alla pratica. L’ebreo Raffaello Camerini, che si trovava ai “lavori
coatti” in questa zona durante la seconda guerra mondiale testimonia nel giornale
triestino Il Piccolo (5 novembre 2001):” Sono stati i fascisti i primi che
hanno scoperto le foibe ove far sparire i loro avversari”. La vicenda “ con
esito letale per tutti” che racconta questo testimone, cittadino italiano, fa
venire i brividi.

Le camicie nere hanno eseguito numerose fucilazioni di massa
e di singoli individui. Tutta una gioventù ne rimase falciata in Dalmazia,
Slovenia, in Montenegro. A ciò bisogna aggiungere una catena di campi di
concentramento, di varia dimensione, dall’isoletta di Mamula all’estremo sud
dell’Adriatico, fino ad Arbe, di fronte a Fiume. Spesso si transitava in questi
luoghi per raggiungere la risiera di San Saba a Trieste e, in certi casi, si
finiva anche ad Auschwitz e soprattutto a Dachau. I partigiani non erano protetti
in nessun Paese dalla Convenzione di Ginevra e pertanto i prigionieri venivano
immediatamente sterminati come cani. E così  molti giunsero alla fine della guerra
accaniti:”infoibarono” gli innocenti, non solo di origine italiana. Singole
persone esacerbate, di quelle che avevano perduto la casa e la famiglia, i
fratelli e i compagni, eseguirono i crimini in prima persona e per proprio
conto. La Jugoslavia di Tito non voleva che sene parlasse. Abbiamo comunque
cercato di parlarne. Purtroppo, oggi parlano a loro modo soprattutto i nostri
ultranazionalisti, una specie di “neo-missini” slavi.

Ho sempre pensato che non bisognerebbe costruire i futuri
rapporti in questa zona sui cadaveri seminati dagli uni e dagli altri, bensì su
altre esperienze. Ad esempio culturali… Non mi sembra giusto proclamare solo un
“giorno del ricordo”, sarebbe meglio il giorno dei ricordi. Aggiungo infine che
capisco Boris Pahor. Lui, da lavo e sloveno, come anche Zoran Music, un caro
amico defunto, grandissimo pittore, ad un tempo sloveno e veneziano, ci sono
stati nei campi di sterminio fascisti………

(traduzione di Silvio
Ferrari)

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