La mamma di Renato Biagetti incontra il sindaco.

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«Non voglio
seppellire un altro figlio»

La mamma di Renato Biagetti incontra il sindaco. Alemanno: «Fare piena luce»

 

E
PERÒ CHE FAI se nella notte un gruppo di teste rasate tira fuori il
coltello e aggredisce tuo figlio? È successo a Stefania due anni fa: e suo
figlio, Renato Biagetti, accoltellato da due ragazzi (magari senza testa rasata
ma di destra) all’uscita di una festa reggae, adesso non c’è più. Ammazzato a
coltellate: «per futili motivi», recita per ora la sentenza di primo grado. È
successo a Teresa, l’altra notte: solo che suo figlio lo hanno preso alla
coscia. «Tere’ coraggio, non l’hanno colpito per ammazzarlo, non come il mio», ha
cercato di consolarla Stefania.

E però basta:
«Mai più – scandisce la madre di Renato -, lo abbiamo detto ad Alemanno, noi la
nostra parte di madri l’abbiamo fatta, ora fa la tua parte di sindaco, questi
li devi fermare».

Un ultimatum,
quasi. Rivolto da madri di ragazzi che militano a sinistra al sindaco eletto
con i voti anche dell’estrema destra. Non è solo il fatto che lui è il sindaco.
«È

che quella è la
parte sua», ripete Stefania: «Noi abbiamo sfilato nei cortei per dimostrare che
non si risponde con la violenza, ora vogliamo garanzie che la violenza a destra
venga fermata».

Sotto ci sono le
altre ad aspettare, con lo striscione in mano e fogli che chiedono: «Mai più
lame» e «sindaco Alemanno dove era l’esercito quando hanno accoltellato

Fabio?». «Noi»,
sono diventate ormai un soggetto collettivo. «Madri per Roma città aperta», si sono
chiamate così. Donne di cinquant’anni e poco più, che hanno vissuto gli anni
‘70 e ora la sera si ritrovano a stare in ansia se i loro figli tardano a
rientrare: «Ma che ti pare che se c’hai un figlio con il piercing devi stare
con il fiato sospeso?». Dopo l’uccisione di Renato si sono guardate negli
occhi, proprio come le due donne disegnate faccia a faccia sui loro manifesti, e
hanno deciso di volgere la paura in protesta, in rivendicazione di sicurezza. Non
quella che se la prende con i rom: «Mandano l’esercito contro i rom e poi non fermano
quelli che vanno in giro

con il
coltello».

L’altra sera
erano tutte al parco Schuster per ricordare Renato. «Ho passato la sera con
Teresa, la madre di Fabio e mio figlio, la notte in cui Renato è stato ucciso,
doveva andare con lui alla festa reggae», racconta Fabiola, 58 anni: «Poteva
succedere a mio figlio». È quel pensiero che le tiene unite in questa forma di
militanza che fa i conti con l’età («Mettiamoci sedute all’ombra, che è
arrivato il

momento di
rivendicare pure la nostra età») e con la notte passata in bianco, appena la
prima di loro ha scoperto il video in cui le teste rasate dicono ai loro figli
che frequentano l’Acrobax e giocano nella squadra degli All Reds: «Stiamo arrivando».
«Ma ti rendi conto? Lo hanno messo su you tube poche ore prima che Fabio fosse
aggredito».

Anche di quello
hanno parlato al sindaco, che porta ancora nascosto sotto la camicia la croce
celtica in ricordo degli anni ‘70. E quelle madri – spiega lui – lo hanno colpito
con la loro «aspirazione alla tolleranza e alla pacificazione e non all’odio o alla
ritorsione», dice Alemanno, rispondendo alla loro richiesta di «stroncare
qualsiasi spirale di violenza politica». Sosterrà le iniziative che vorranno
prendere

per interrompere
«le violenze nella nostra città», recita la sua risposta.

E si impegnerà
perché sulla lunga serie di episodi da loro denunciati  «sia fatta luce».

In piazza, ad
attendere gli esisti dell’incontro ci sono anche l’assessore Massimiliano
Smeriglio e il consigliere provinciale Gianluca Peciola, di Sinistra
Arcobaleno, insieme a Paolo Masini, consigliere comunale del Pd. Sul video e
sull’aggressione

di venerdì notte
hanno preparato un’interrogazione che sarà presentata anche in parlamento da
Paola Concia del Pd.

«Dobbiamo isolare
i gruppi neofascisti», dice Smeriglio: «E invece c’è un esponente dell’estrema
destra come Castellino, di Casa d’Italia Prati, che entra nel Pdl». E c’è –

Ricorda Masini –
un consigliere come Storace che considera «normale» la parola «zecca». E se
«confortano» le parole di Alemanno, come mai – aggiunge Peciola – «non dice
nulla la ministra dei giovani Giorgia Meloni?».

 

Mariagrazia
Gerina

L’Unità 2
settembre 2008

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