Renato mio stupendo figlio, mi hanno chiesto di scrivere qualcosa di te di noi, ho pensato di cominciare con una lettera inviata a te.
Un nostro colloquio che riparte dalla memoria, iniziando dalla sera del 26 agosto quando al mio rientro a casa dopo essere stata una giornata al mare, vidi te e Laura che stavateuscendo per andare ad un concerto di musica reggae sulla spiaggia, in un luogo che ne io ne te conoscevamo.
Ricordo e ancora sento sulla pelle il tuo abbraccio e bacio, il tuo grande sorriso nel dichiararmi il grande amore che provavi per la tua ragazza, mi hai salutata dicendomi ci vediamo domani.
E’ stata l’ultima cosa che ti ho sentito dire, e’ stata l’ultima volta che ti ho visto vivo.
Ragazzo mio, quelle tue idee di uguaglianza, di giustizia sociale,di antifascismo, di antirazzismo, quel tuo essere compagno frequentatore di centri sociali, quel tuo modo di vestire con pantaloni cosi’ larghi che ti scendevano continuamente, quelle tue magliette con tutte quelle scritte – ne ricordo una in particolare con stampato un “odio il carcere” – t’identificavano indiscutibilmente in una zecca e le zecche, cuore mio, sono odiate, si devono abbattere: ma tu quella notte pensavi alla musica, alla tua musica, all’amore.
Invece no. Era appena l’alba, le 5 del mattino, quando tu ancora impastato di sonno con a fianco un amico, un compagno, stavi aspettando Laura che era andata a prendere la macchina per tornare a casa, quando all’improvviso sbucava una macchina, vi si accostava e due ragazzi urlavano «E’ finita la festa? Sì? Allora ritornatevene a Roma, merde! questo non e’ il posto vostro.
Scattarono da dentro l’abitacolo le lame,lame nere, impugnate da cuori neri, in questo momento sto provando ad immaginare il tuo stupore nel sentire il tuo corpo trafitto, mi hanno raccontato che urlasti hai le lame buttale giu’, ma le bestie non hanno mollato hanno seguitato ad infierire sul tuo giovane e stupendo corpo.
Otto coltellate tutte dirette al cuore e alle spalle. La tua ragazza sentendoti urlare corse, cercò mettendosi in mezzo di salvarti, non ci riusci’ e fu colpita con un pugno al viso, mentre anche Paolo veniva accoltellato, sei vissuto 5-6 ore nella perfetta lucidita’ e conoscenza all’ospedale Grassi di Ostia, ma di te anima mia hanno fatto sparire tutto, anche il verbale con le dichiarazioni che tu rilasciasti.
I giornali parlarono di rissa tra balordi, ma tu non eri un balordo, le tue mani sono sempre state bianche, le tue mani non hanno mai offeso nessuno, tu non sei mai uscito da casa con coltelli o oggetti che potessero ledere un essere umano, io lo so e tu lo sai.
Qui stiamo parlando di un agguato dalla metodologia squadristica,sul loro corpo e’ tatuata la celtica e il legionario romano con scritto “forza e onore”. Uno dei tanti perpetrati soprattutto a Roma, città dove la legittimazione, dapprima implicita, poi fin troppo esplicita, del fascismo è ormai radicata e in costante ascesa. Un dossier compilato dopo la tua morte raccoglie informazioni riguardanti ben 134 aggressioni a sfondo razzista, omofobo e fascista compiute a Roma e nel Lazio tra il 2004 e l’estate del 2006.
Quando ti vidi li’ inerte, violato, ucciso ma sempre bellissimo, pensai che il tuo sangue era mio, me lo ripresi e fu come se in quel momento fossi tu a ripartorirmi, le tue idee divennero le mie,la piazza ora apparteneva a me, la gola mi si squarcio’ in urli disumani che reclamavano LA VERITA’, non tanto la giustizia, perche’ tu non eri UN BALORDO, eri un diverso Renato, eri un compagno Renato, eri una zecca Renato e come tale le bestie nere ti hanno ucciso.
E come le madri di Plaza de Majo chiedevano Verita’ battendosi per i loro figli scomparsi, cosi’ cominciai a fare io con altre fantastiche donne, il mio dolore privato divenne pubblico e da quel momento con ritorno con vita noi donne cominciammo ad essere itineranti.
Abbiamo messo su un comitato e un’associazione Madri per Roma citta’ aperta. Hai capito Renato? Madri ANTIFASCISTE per figli ANTIFASCISTI, madri che portano avanti la tua memoria e quella di tutti gli altri compagni uccisi, donne che non indietreggiano nel battersi contro tutte le ingiustizie, madri che vanno avanti mettendoci l’anima e il corpo.
Nel nostro percorso abbiamo incontrato tante donne, Haidi la mamma di Carlo, Rosa la mamma di Dax, Iaia sorella di Iaio, Carla Verbano madre di Valerio, Danila madre di Fausto, ed anche a tutte le altre donne i cui figli o fratelli sono stati uccisi da uno Stato che invece che proteggerli li ha restituiti morti.
Ecco Renato, queste parole solo per dirti che noi siamo cuori rossi, certo donne un po’ strane, ma con tanto amore e voglia di riportare i vostri sogni e le vostre utopie ovunque……per quel mondo migliore che tanto sognavi, tanto sognavate
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